Pubblicità | ARCHIVIO | FRASI IMPORTANTI | PICCOLO VOCABOLARIO
 













MARKETPRESS
  Notiziario
  Archivio
  Archivio Storico
  Visite a Marketpress
  Frasi importanti
  Piccolo vocabolario
  Programmi sul web








  LOGIN


Username
 
Password
 
     
   


 
Notiziario Marketpress di Giovedì 23 Aprile 2009
 
   
  BASILICATA: APPROVATO DALLA GIUNTA IL PIANO ENERGETICO REGIONALE

 
   
  Potenza, 23 aprile 2009 - Nel corso di una conferenza stampa, il Presidente Vito De Filippo e la Giunta Regionale hanno illustrato il Piano di Indirizzo Energetico Ambientale, approvato ieri dall’Esecutivo. Il Piano contiene la strategia energetica della Regione Basilicata da attuarsi fino al 2020. L’intera programmazione ruota intorno a quattro macro-obiettivi: riduzione dei consumi e della bolletta energetica; incremento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili; incremento dell’energia termica da fonti rinnovabili; creazione di un distretto energetico in Val d’Agri. L’intera programmazione relativa al comparto energetico, delineata dal Piear ruota intorno a quattro macro-obiettivi: 1. Riduzione dei consumi energetici e della bolletta energetica; 2. Incremento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili; 3. Incremento della produzione di energia termica da fonti rinnovabili; 4. Creazione di un distretto energetico in Val d’Agri. La Riduzione dei consumi energetici e della bolletta energetica. La Regione intende conseguire, dati gli obiettivi fissati dall’Ue e dal Governo italiano, un aumento dell’efficienza energetica che permetta, nell’anno 2020, una riduzione della domanda di energia per usi finali della Basilicata pari al 20% di quella prevista per tale periodo. Le azioni previste dal Piano riguardano prevalentemente l’efficientamento del patrimonio edilizio pubblico e privato ed alcuni interventi nel settore dei trasporti. Particolare attenzione sarà rivolta alla riduzione dei consumi di energia elettrica, incentivando l’impiego di lampade e sistemi di alimentazione efficienti, ed intervenendo sugli azionamenti elettrici, sull’efficienza dei motori elettrici e, più in generale, sugli usi elettrici in industria ed agricoltura. Sono anche contemplate la generazione e la cogenerazione distribuita, che, pur non contribuendo propriamente alla riduzione della domanda di energia per usi finali, permettono apprezzabili riduzioni dei consumi di energia primaria e dei costi energetici. L’incremento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. L’incremento della produzione di energia, finalizzato al soddisfacimento del fabbisogno interno, assume un ruolo essenziale nella programmazione energetica ed ambientale, anche in considerazione delle crescenti problematiche legate all’approvvigionamento energetico. Peraltro, in considerazione delle necessità di sviluppo sostenibile e salvaguardia ambientale, è auspicabile un ricorso sempre maggiore alle fonti rinnovabili. Sulla base di queste considerazioni, anche in relazione alle potenzialità offerte dal proprio territorio, la Regione Basilicata intende puntare al soddisfacimento dei fabbisogni interni di energia elettrica esclusivamente attraverso il ricorso ad impianti alimentati da fonti rinnovabili. Più nel dettaglio, con il presente Piear, la Regione Basilicata si propone di colmare il deficit tra produzione e fabbisogno di energia elettrica stimato al 2020, indirizzando significativamente verso le rinnovabili il mix di fonti utilizzato. In altre parole l’obiettivo da raggiungere consiste nell’assicurare una produzione che, seppur naturalmente caratterizzata da una certa discontinuità, consenta localmente un approvvigionamento energetico in linea con le necessità di sviluppo ed i consumi locali. Per il conseguimento di questo obiettivo, inoltre, è previsto il supporto di azioni finalizzate all’eliminazione delle criticità presenti sulla rete elettrica, nonché alla semplificazione delle norme e delle procedure autorizzative. Attualmente il sistema elettrico regionale sconta una condizione di deficit di produzione rispetto ai fabbisogni interni pari al 51% (Terna, 2007). Nei prossimi anni il fabbisogno di energia elettrica è destinato a crescere fino ad un valore di circa 3. 800 Gwh/anno (329 ktep/anno). Ipotizzando che dal 2008 al 2020 non si registri alcun incremento della produzione interna di elettricità, è possibile stimare un deficit di produzione, per l’anno 2020, pari a 2. 300 Gwh/anno (197 ktep/anno), che costituisce proprio l’obiettivo di incremento della produzione di energia elettrica. L’incremento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili sarà perseguito, in accordo con le strategie di sviluppo regionale, puntando su tutte le tipologie di risorse disponibili sul territorio, secondo la ripartizione riportata in tabella. Fonte energetica Ripartiz. (%) Energia Prodotta (Gwh/anno) Rendimento Elettrico (%) Ore equivalenti di funzionamento (h) Potenza Installabile (Mwe); Eolico 60 1374 70 2000 981; Solare fotovoltaico 20 458 85 1500 359; Biomasse 15 343 85 8000 50; Idroelettrico 5 114 80 3000 48; Totale 100 2289 1438. Per quanto riguarda la produzione di energia da biomassa, si intende promuovere la realizzazione di impianti per la produzione combinata di energia elettrica e termica, privilegiando gli impianti di piccola taglia. Entro il 2015 si prevede di raggiungere una produzione pari al 40% del valore complessivo riportato in Errore. L´origine riferimento non è stata trovata. , corrispondente a 916 Gwh/anno (ovvero 79 ktep/anno), per una potenza installata di poco più di 575 Mw. La restante parte, 1. 374 Gwh/anno (118 ktep/anno), sarà progressivamente coperta nel corso del periodo 2016-2020. Nel computo dell’incremento di produzione è esclusa l’energia derivante da impianti per autoproduzione, da iniziative della Sel e del Distretto Energetico, corrispondente ad una potenza complessiva stimabile in circa 250 Mw. Gli impianti saranno realizzati in modo da assicurare uno sviluppo sostenibile e garantire prioritariamente il soddisfacimento dei seguenti criteri: Rispondenza ai fabbisogni energetici e di sviluppo locali; Massima efficienza degli impianti ed uso delle migliori tecnologie disponibili; Minimo impegno di territorio; Salvaguardia ambientale. Si prevede, a tal fine, l’introduzione di standard qualitativi per la progettazione, la realizzazione, la gestione e la dismissione degli impianti di produzione . Potenziamento e razionalizzazione delle linee di trasporto e distribuzione dell’energia. A fronte degli innumerevoli vantaggi dal punto di vista economico, sociale ed ambientale, l’auspicato aumento della produzione di energia elettrica aggraverà ulteriormente le criticità già attualmente presenti sulla rete di trasmissione e distribuzione. Per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento elettrico regionale e migliorare la qualità del servizio per cittadini ed imprese, sarà pertanto necessario operare sul potenziamento, efficientamento e razionalizzazione della rete elettrica primaria e secondaria lucana. Questo obiettivo si pone in linea con il Libro Verde della Commissione Europea del 13/11/2008 (“Verso una rete energetica sicura, sostenibile e competitiva”), che conferisce allo sviluppo delle reti un ruolo importante della politica energetica, già contemplata nel Reg. Ce n. 680 del 20 giugno 2007 del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’Unione Europea. In particolare, per garantire il collegamento degli impianti di potenza superiore a 10Mw, saranno richiesti interventi sulla rete di trasporto ad alta tensione, di competenza Terna. A tal fine la Regione ha già promosso Protocolli d’Intesa con Terna e le Regioni meridionali, finalizzati rispettivamente alla sperimentazione della V. A. S. Di piani e programmi di sviluppo della rete sul territorio regionale, ed alla valutazione condivisa dei Piani di Sviluppo della rete Terna. Per quanto riguarda gli impianti di potenza inferiore, invece, sarà necessario intervenire sulle reti di distribuzione a media e bassa tensione, principalmente gestite da Enel Distribuzione. In questo caso, saranno intraprese iniziative analoghe a quelle già formalizzate con Terna. In definitiva, tutti gli interventi avranno come scopo principale quello di sviluppare delle reti in grado di trasportare e distribuire l’elettricità in modo efficiente e razionale, di gestire i flussi di energia prodotta dai singoli impianti di produzione da fonti rinnovabili, ma anche di favorire lo sviluppo della generazione distribuita. Il conseguimento di questo obiettivo imporrà il ricorso a tecnologie innovative ed a sistemi di controllo informatici sulle reti di trasmissione e distribuzione (secondo un modello simile a quello della rete internet), al fine di migliorare la gestione dei flussi energetici. In questo senso è auspicabile un’interazione con la piattaforma di ricerca europea dedicata alle reti intelligenti (“smart grids”), di recente istituzione, finalizzata anche all’implementazione di progetti pilota sul territorio regionale. Semplificazione amministrativa ed adeguamento legislativo e normativo. Le innovazioni introdotte dalle recenti modifiche della legislazione nazionale hanno determinato un progressivo decentramento delle funzioni amministrative, tali per cui alle Regioni è demandato il compito di pianificare le strategie energetiche da attuare nei propri territori, in linea con la normativa europea e con gli altri strumenti di programmazione territoriale. Fra le funzioni assegnate assume un ruolo centrale l’emanazione di normative che consentono la semplificazione del procedimento autorizzatorio per la realizzazione e l’esercizio di impianti per la produzione di energia derivante da fonti rinnovabili. In particolare, in attuazione delle disposizioni concernenti il procedimento di “autorizzazione unica” (D. Lgs. N. 387/03), la Regione Basilicata procederà all’armonizzazione delle normative nazionali e regionali con propria legge regionale. La stessa dovrà considerare anche le disposizioni contemplate dalla legislazione ambientale (D. Lgs. N. 152/06 e. S. M. I. ), paesaggistica (D. Lgs. N. 42/04) e, più in generale, dalla normativa sul procedimento amministrativo (L. N. 241/90). Siffatta normativa prevederà, inoltre, procedure differenziate a seconda della potenza dell’impianto: particolare attenzione sarà rivolta agli impianti di produzione energetica di piccola taglia (anche fino ad 1 Mw di potenza) alimentati da fonti rinnovabili, per i quali sarà messa a punto una procedura semplificata. La diretta conseguenza di questo processo sarà quella di agevolare gli investitori pubblici e privati nel conseguimento degli obiettivi contenuti all’interno del presente documento. Produzione di energia termica da biomasse e biocombustibili. Parallelamente all’incremento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, si ritiene importante realizzare interventi al fine di potenziare l’utilizzo di biomasse legnose e biocombustibili per la produzione di energia termica. Si intende promuovere l’utilizzo di sistemi energetici e generatori di calore alimentati con biomasse lignocellulosiche provenienti dalla gestione del patrimonio boschivo e dai comparti agricolo, zootecnico e industriale locali, secondo le disponibilità e le modalità indicate nella parte I del presente Piano. Realizzazione di un Distretto energetico in Val d’Agri. Nella convinzione che finanza, ricerca e sistema industriale siano fattori che debbano interagire per dare impulso allo sviluppo di nuove ed avanzate tecnologie, in particolare nel settore energetico, in coerenza con le indicazioni contenute nella Deliberazione Cipe n. 166 del 21 dicembre 2007 “Attuazione del Quadro Strategico Nazionale (Qsn) 2007-2013: Programmazione del Fondo per le Aree Sottoutilizzate”, la Regione persegue l’obiettivo di promuovere la realizzazione di un Distretto energetico in Val d’Agri, avente i seguenti fini: lo sviluppo di attività di ricerca, innovazione tecnologica in campo energetico, coinvolgendo a tal fine le eccellenze regionali, a partire dall’Università degli Studi della Basilicata Cnr, Enea, Agrobios, Fondazione Mattei etc. ; creazione di un centro permanente di formazione ed alta formazione mediterranea sui temi dell’energia, in stretta collaborazione con Enea, Fondazione Mattei ed i centri di ricerca presenti sul teritorio regionale. La formazione sarà rivolta agli installatori e manutentori di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, l’alta formazione ai progettisti ed ai ricercatori del settore; l’insediamento nell’area di imprese innovative specializzate nella produzione di materiali innovativi, impiantistica e componentistica per il miglioramento dell’efficienza energetica degli usi finali, sia in campo civile, sia nel settore produttivo; l’attivazione di filiere produttive incentrate sull’adozione di tecnologie innovative per la produzione di energia, con particolare riferimento alle fonti rinnovabili e alla cogenerazione; realizzazione di impianti innovativi e sperimentali per la produzione di energia da fonti rinnovabili, per la tri-quadrigenerazione, con il diretto coinvolgimento di Enti di ricerca (Università, Enea, Agrobios, Cnr, ecc. ), Enti locali e, ove necessario, di grandi operatori del settore, anche attraverso gli strumenti della programmazione negoziata; svolgimento di attività di ricerca e di sperimentazione sulla produzione di biocarburanti a partire da matrice lignocellulosica, e sulla definizione di idonei sistemi per il contenimento delle emissioni di particolato solido e delle altre sostanze dannose prodotte dalla combustione di biomassa; attività di formazione nel settore energetico e trasferimento tecnologico alle Pmi locali; realizzazione di un parco energetico (denominato Valle dell’energia) finalizzato ad evidenziare le più avanzate tecnologie nel settore delle fonti energetiche rinnovabili e dell’efficienza energetica (anche con la realizzazione di un edificio dimostrativo ad emissioni zero ed energeticamente autosufficiente). Il distretto sarà inoltre inserito nella costituenda rete dei distretti energetici nazionali per sviluppare progetti ed iniziative in rapporto sinergico con le altre regioni partner. Promozione di attività di formazione e di trasferimento tecnologico. In accordo con le linee indicate a livello europeo e nazionale, si intende promuovere attività di formazione a vari livelli e favorire il trasferimento tecnologico verso le imprese regionali. Per quanto riguarda le attività di formazione, esse saranno rivolte sia a bambini e ragazzi in età scolare, sia ad adulti e famiglie, al fine di educare al rispetto dell’ambiente e ad un uso sostenibile ed efficiente delle risorse naturali e dell’energia. Sono previsti inoltre percorsi di alta formazione e specializzazione su tematiche specifiche in ambito energetico, rivolti a tecnici e laureati operanti nel settore. Particolare importanza rivestono le ricadute in ambito industriale, in quanto si prevede di poter dare impulso alla nascita ed allo sviluppo di attività imprenditoriali e produttive legate allo sviluppo di competenze nella gestione delle filiere energetiche e degli impianti di produzione, alla produzione di componenti e sistemi ed alla progettazione di tecnologie e prodotti ad alto contenuto tecnologico. Si intende quindi favorire attività di trasferimento tecnologico dagli enti di ricerca e di sviluppo coinvolti nelle azioni definite dal presente Piano alle aziende locali. In generale, le finalità del Piear sono quelle di garantire un adeguato supporto alle esigenze di sviluppo economico e sociale attraverso una razionalizzazione dell’intero comparto energetico ed una gestione sostenibile delle risorse territoriali. Le priorità di intervento afferiscono al risparmio energetico, al settore delle fonti energetiche rinnovabili – favorendo principalmente la “generazione distribuita” dell’energia elettrica nell’ambito dell’autoproduzione e l’utilizzo delle biomasse per la produzione di energia termica – ed infine al sostegno della ricerca e dell’innovazione tecnologica, con particolare riferimento alla produzione di componentistica innovativa nel campo dell’efficienza energetica. In considerazione delle caratteristiche del territorio regionale, della vocazione economica e dello sviluppo delle risorse energetiche da esse ricavabili, l’ipotesi di produrre o impiegare l’energia nucleare non è compresa nelle ipotesi di sviluppo del sistema energetico della Regione Basilicata, non è altresì ritenuta possibile l’ipotesi che alcuna parte del territorio regionale possa ospitare un deposito di scorie nucleari anche superficiale, che accolga rifiuti nucleari provenienti da alcuna altra parte di Italia o del mondo. Tale scelta è supportata da una notevole esperienza delle problematiche sia tecniche che sociali connesse al nucleare, maturata nel territorio della Basilicata, sia in relazione alle pluriennali problematiche connesse alla gestione di Itrec in Trisaia a Rotondella (Mt), che in relazione alla scelta operata dal Governo con il Decreto del 14 novembre 2003 n. 314 di realizzare un deposito di scorie nucleari di Iii categoria a Terzo Cavone in Scanzano J. Co. La scelta assunta è conseguente alla sussistenza di problemi intrinseci legati allo sviluppo della tecnologia nucleare, in particolar modo per la presenza di difficoltà legate: alla garanzia per la sicurezza della salute dei cittadini; alla creazione di uno sviluppo che concili con le peculiarità e le ipotesi di valorizzazione delle risorse del nostro territorio; all’assenza di un quadro normativo nazionale che disciplini le procedure autorizzative, sospeso in seguito al referendum del 1987; alla remota ipotesi che il rilancio globale dell’energia nucleare ridurrebbe i costi energetici le emissioni di Co2 e i problemi della dipendenza energetica. In seguito alla conversione del Decreto “Scanzano” con la legge n. 368 del 2003, il legislatore non ha adottato una decisione politica per la messa in sicurezza dei rifiuti nucleari. Successivamente il Governo ha cercato di intraprendere un percorso concertato di individuazione del sito unico, attraverso il Dm del 25 Febbraio 2008 del Ministro dello Sviluppo Economico con l’istituzione di un gruppo di lavoro per l’individuazione della tipologia, delle procedure e della metodologia di selezione dirette alla realizzazione, su un sito del territorio nazionale, di un centro di servizi tecnologici e di ricerca ad alto livello nel settore dei rifiuti radioattivi. Anche in questa occasione la Regione Basilicata, attraverso la nota nel verbale di chiusura del componente tecnico di nomina regionale, ha ribadito che in nessun caso si potrà pervenire alla scelta del sito di ubicazione del sito unico nazionale di stoccaggio delle scorie radioattive, prescindendo dall’autocandidatura di un territorio, che fosse formulata dal Governo regionale di quel territorio stesso. Attualmente (marzo 2009) la decisione di riaprire le centrali nucleari e la ricerca di una procedura per l’individuazione di un deposito per la messa in sicurezza dei rifiuti, nonostante la forte volontà del Governo è ferma nella X Commissione Industria del Senato dove è in discussione il ddl As n. 1195 sulle “disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazioni delle imprese, nonché in materia di energia”. La presenza nel centro della Trisaia in Rotondella di attività nucleari legate al riprocessamento del ciclo uranio-torio, richiede un’attenzione costante da parte del Governo della Regione Basilicata affinché vengano garantiti gli obiettivi della massima sicurezza per la salute dell’ambiente e raggiunta la condizione di prato verde. Attraverso alcuni interventi tra i quali il Tavolo della Trasparenza e le diverse azioni di monitoraggio, la Regione è impegnata al raggiungimento degli obiettivi. Il rapporto congiunto Iaea – Nea (2008) stima che le risorse di uranio “ragionevolmente sicure” ammontano a 3,3 milioni di tonnellate. Se aggiungiamo a queste le “risorse stimate” si arriva a 5,5 milioni di tonnellate. Considerando che il consumo attuale di uranio per far funzionare le 439 centrali nucleari è di circa 70 mila tonnellate anno, possiamo stimare un utilizzo per almeno 50 – 80 anni ancora. In questa situazione di scarsità della risorsa uranio nel mondo, una nazione legata all’utilizzo dell’uranio avrebbe seri problemi di dipendenza energetica. La produzione di energia nucleare, oltre a non risolvere alcune importanti questioni aperte in particolare sulla sicurezza, genererebbe uno “sviluppo distorto” del territorio regionale. Pertanto, considerando la volontà della Regione di voler sviluppare e valorizzare le risorse del territorio per profondere lo sviluppo sostenibile della regione Basilicata, l’ipotesi nucleare non è considerata tra le scelte di generazione energetica possibili. In queste aree non è consentita la realizzazione di impianti eolici di macrogenerazione. Sono aree che per effetto dell’eccezionale valore ambientale, paesaggistico, archeologico e storico, o per effetto della pericolosità idrogeologica, si ritiene necessario preservare. Ricadono in questa categoria: 1. Le Riserve Naturali regionali e statali; 2. Le aree Sic; 3. Le aree Zps; 4. Le Oasi Wwf; 5. I siti archeologici e storico-monumentali con fascia di rispetto di 300 m; 6. Le aree indicate con rischio idrogeologico elevato o molto elevato nei “Piani per la difesa del rischio idrogeologico” (Pai) redatti dalle competenti Autorità di bacino (aree R3 ed R4 dei Pai), nonché le aree classificate come aree a rischio geologico eccezionale o elevato nei Piani Paesistici di Area Vasta; 7. Le aree comprese nei Piani Paesistici di Area vasta soggette a vincolo di conservazione A1 e A2; 8. I boschi governati a fustaia e di castagno; 9. Le fasce costiere per una profondità di almeno 1. 000 m; 10. Le aree fluviali, umide, lacuali e le dighe artificiali con fascia di rispetto di 300 m dalle sponde; 11. I centri urbani. A tal fine è necessario considerare la zona all’interno del limite dell’ambito urbano previsto dai regolamenti urbanistici redatti ai sensi della L. R. N. 23/99. 12. Aree dei Parchi Nazionali e Regionali; 13. Aree comprese nei Piani Paesistici di Area Vasta soggette a verifica di ammissibilità; 14. Aree sopra i 1. 200 m di altitudine dal livello del mare; 15. Aree di crinale individuati dai Piani Paesistici di Area Vasta come elementi lineari di valore elevato. I progetti per la realizzazione di impianti eolici di grande generazione, per essere esaminati ai fini dell’autorizzazione unica di cui all’art. 12 del D. Lgs 387/2003, è necessario che, indipendentemente dalla zona in cui ricadono, soddisfino i seguenti vincoli tecnici minimi: a) Velocità media annua del vento a 25 m dal suolo non inferiore a 5 m/s; b) Ore equivalenti di funzionamento dell’aerogeneratore non inferiori a 2. 000 ore; c) Densità volumetrica di energia annua unitaria non inferiore a 0,3 kWh/(anno·mc), come riportato nella formula seguente: Ev = Dove: E = energia prodotta dalla turbina (espressa in kWh/anno); D = diametro del rotore (espresso in metri); H = altezza totale dell’aerogeneratore (espressa in metri), somma del raggio del rotore e dell’altezza da terra del mozzo; d) Taglia minima dell’aerogeneratore: 2 Mw (2. 000 kW); e) Numero massimo di aerogeneratori: 15 (10 nelle aree di valore naturalistico, paesaggistico e ambientale). Il numero massimo degli aerogeneratori potrà essere aumentato fino a 30 qualora i progetti comprendano interventi di sviluppo locale ed in grado di concorrere al complesso degli obiettivi del Piear, concordati con le Amministrazioni locali interessate dal parco eolico. La Giunta regionale, al riguardo, provvederà a definire le tipologie, le condizioni, la congruità e le modalità di valutazione e attuazione degli interventi di sviluppo locale. Ai fini della valutazione delle ore equivalenti, di cui al punto b, e della densità volumetrica, di cui al punto c, valgono le seguenti definizioni: 1. Ore equivalenti di funzionamento di un aerogeneratore: rapporto fra la produzione annua di energia elettrica dell’aerogeneratore espressa in megawattora (Mwh) (basata sui dati forniti dalla campagna di misure anemometriche) e la potenza nominale dell’aerogeneratore espressa in megawatt (Mw). 2. Densità volumetrica di energia annua unitaria (Ev): rapporto fra la stima della produzione annua di energia elettrica dell’aerogeneratore espressa in chilowattora anno, e il volume del campo visivo occupato dall’aerogeneratore espresso in metri cubi e pari al volume del parallelepipedo di lati 3D, 6D e H, dove D è il diametro del rotore e H è l’altezza complessiva della macchina (altezza del mozzo + lunghezza della pala); cfr. La densità volumetrica di energia annua unitaria è un parametro di prestazione dell’impianto che permette di avere una misura dell’impatto visivo di due diversi aerogeneratori a parità di energia prodotta. Infatti, avere elevati valori di Ev significa produrre maggiore energia a parità di impatto visivo dell’impianto. I progetti, per poter avviare l’iter autorizzativo, devono rispettare i seguenti requisiti di sicurezza inderogabili: a) Distanza minima di ogni aerogeneratore dal limite dell’ambito urbano previsto dai regolamenti urbanistici redatti ai sensi della L. R. N. 23/99 pari a 1. 000 m, previa verifica di compatibilità acustica e mancanza di effetti di Shadow-flickering in prossimità delle abitazioni; b) Distanza minima da edifici a carattere abitativo, commerciale, per servizi e turistico-ricreativo, fuori dal limite dell’ambito urbano previsto dai regolamenti urbanistici redatti ai sensi della L. R. N. 23/99, pari a 500 m, previa verifica di compatibilità acustica e mancanza di effetti di Shadow-flickering in prossimità degli edifici; c) Distanza minima da edifici non residenziali e/o utilizzati per attività produttive, fuori dal limite dell’ambito urbano previsto dai regolamenti urbanistici redatti ai sensi della L. R. N. 23/99, pari a 200 m, previa verifica di compatibilità acustica. Distanze inferiori sono ammesse per edifici adibiti a stoccaggio materiali ove non vi sia presenza di persone e/o animali; d) Per i punti di cui alle lett. B) e c) le distanze possono essere ridotte nel caso i titolari o aventi la disponibilità degli edifici siano favorevoli. Restano fermi i vincoli di compatibilità acustica imposti dalla normativa vigente e la verifica dell’assenza di effetti di Shadow-flikering in prossimità degli edifici; e) Distanza minima da autostrade e strade statali di 400 m; f) Distanza minima di 100 m dalle strade provinciali e comunque non inferiore alla distanza di sicurezza calcolata per singolo aerogeneratore; g) E’ inoltre necessario nella progettazione, con riferimento al rischio sismico, osservare quanto previsto dall’Ordinanza n. 3247/03 e sue successive modifiche e, con riferimento al rischio idrogeologico, osservare le prescrizioni previste dai Piani di Assetto Idrogeologico (Pai) delle competenti Autorità di Bacino. Ai fini della sicurezza deve essere elaborato un apposito studio sulla gittata massima degli elementi rotanti nel caso di rottura accidentale. Il progetto definitivo dell’impianto deve contenere uno Studio Anemologico, effettuato da società certificata e/o accreditate, correlato alle dimensioni del parco e della durata di almeno un anno. Le rilevazioni anemologiche devono rispettare i seguenti requisiti minimi: a) Presenza di almeno una torre anemometrica nel sito con documentazione comprovante l’installazione. B) La torre anemometrica deve essere installata seguendo le norme Iec 61400 sul posizionamento dei sensori e sulle dimensioni caratteristiche delle diverse parti che compongono la torre medesima. C) I sensori di rilevazione della velocità del vento devono essere corredati da certificato di calibrazione non antecedente a 3 anni dalla data di fine del periodo di acquisizione. D) Deve essere fornito un certificato di installazione della torre rilasciato dal soggetto incaricato dell’installazione, completa dei sensori e del sistema di acquisizione, memorizzazione e trasmissione dati. Devono inoltre essere forniti i rapporti di manutenzione della torre. E) Periodo di rilevazione di almeno 1 anno di dati validi e consecutivi (è ammessa una perdita di dati pari al 10% del totale); qualora vi sia stata una perdita di dati superiore al 10% ma inferiore al 20% del totale è facoltà del richiedente adottare una delle due strategie seguenti: considerare il periodo mancante alla stregua di un periodo di calma ed includere tale periodo nel calcolo dell’energia prodotta; estendere il periodo di acquisizione fino al raggiungimento di misurazioni che per un periodo consecutivo di un anno presentino una perdita di dati non superiore al 10% del totale. Qualora i dati mancanti fossero in numero maggiore al 20% del totale, il periodo di monitoraggio dovrà estendersi ad un totale di almeno 2 anni o, in alternativa, i dati mancanti potranno essere acquisiti da stazioni di rilevamento prossime alle aree d’intervento e con le ca. F) I dati sperimentali acquisiti dovranno essere forniti alla presentazione del progetto nella loro forma digitale, originaria ed in forma aggregata con periodicità giornaliera, in un formato alfanumerico tradizionale (ascii o xls). La Pubblica Amministrazione si impegna ad utilizzare i dati anemologici forniti dal proponente per i soli fini istituzionali. G) Devono essere fornite le incertezze totali di misura delle velocità rilevate dai sensori anemometrici utilizzati per la stima della produzione energetica. H) Nella documentazione tecnica dovrà essere riportato un calendario dettagliato delle acquisizioni fatte da ciascun sensore nei 12 mesi minimi di rilevazione, insieme all’elenco delle misure ritenute non attendibili. Gli impianti fotovoltaici sono classificati di “microgenerazione” se soddisfano una delle seguenti condizioni: a) potenza nominale massima non superiore a 1. 000 Kwp (art. 2 del D. Lgs. 387/03); b) se destinati a soddisfare il proprio fabbisogno energetico (classificati per autoproduzione ai sensi dell’art. 2 del D. Lgs. 79/99); Per tali tipi di impianti si applica la disciplina della denuncia di inizio attività (D. I. A. ) di cui agli articoli 22 e 23 del Testo Unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e sue successive modificazioni. La D. I. A. Deve essere presentata al Comune territorialmente competente nonché all’Ufficio competente della Regione Basilicata allegando, in aggiunta a quanto previsto dal richiamato T. U. , la seguente documentazione (L. R. N. 31/2008): a) titolo di proprietà o disponibilità dell’area; b) copia della Stmg (soluzione tecnica minima generale) rilasciata dalla società della rete utente, che prevede la connessione dell’impianto; c) progetto definitivo dell’impianto, delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili; d) progetto di gestione e manutenzione dell’impianto; e) progetto di dismissione dell’impianto; f) nel caso di impianti di potenza nominale superiore a 200 Kw: i. Quadro economico finanziario asseverato da un istituto bancario o da un intermediario finanziario inscritto nell’elenco speciale di cui all’articolo 107 del testo unico delle leggi in materia bancaria o creditizia emanato con decreto legislativo 1 settembre 1993, 385 come da ultimo modificato dalla lettera m) del comma 1 dell’articolo 1 del decreto legge 27 dicembre 2006, n. 297, come modificata dalla legge di conversione, che ne attesti la congruità: ii. Dichiarazione resa da un istituto bancario che attesti che il soggetto proponente l’impianto disponga di risorse finanziarie ovvero di linee di credito proporzionate all’investimento per la realizzazione dell’impianto; iii. Eventuali assensi dovuti a specifiche norme di legge che interessano il sito oggetto di intervento: Tali impianti, ad eccezione dei sistemi integrati (parzialmente o totalmente ai sensi del D. M. 19/02/07) non possono essere realizzati: i. Nei siti della Rete Natura 2000 (siti di importanza comunitaria – Sic – e zone di protezione speciale – Zps) ai sensi delle direttive comunitarie 92/43/Cee del Consiglio del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche e 79/409/Cee del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici; ii. Nei parchi nazionali e regionali ove non espressamente consentiti dai rispettivi regolamenti; iii. Nelle aree vincolate ai sensi dei Piani Stralcio di Bacino redatti ai sensi del D. Lgs. N. 152/2006 e classificate a rischio R2, R3 ed R4; iv. Su terreni agricoli classificati catastalmente irrigui, ovvero destinati a colture intensive quali uliveti, agrumeti o altri alberi da frutto nonché a boschi e foreste; v. Su terreni agricoli la cui estensione non superi 6 volte la superficie del generatore fotovoltaico ( superficie captante dei pannelli); per soddisfare detta condizione è consentito l’asservimento solo di particelle contigue che pertanto non potranno essere asservite ad altri impianti; vi. Su terreni agricoli derivanti da azioni di frazionamento successive alla data dell’1/12/2008 ovvero su particelle di terreni agricoli confinanti. La titolarità della realizzazione e della gestione dell’impianto ottenuta con la procedura semplificata può essere ceduta a terzi, mediante autorizzazione alla volturazione rilasciata dal Comune interessato, che provvede a darne comunicazione alla Regione Basilicata. I proprietari degli impianti fotovoltaici di microgenerazione sono tenuti a comunicare al Comune in cui l’impianto è ubicato ed all’Ufficio regionale competente la data di entrata in funzione ed in esercizio dell’impianto medesimo, nonché la data di cessazione definitiva dell’attività produttiva dell’impianto. Alla fine della vita utile dell’impianto fotovoltaico di microgenerazione, il proprietario è tenuto a dismettere, a propria cura e spese, le opere e le componenti dell’impianto stesso provvedendo al ripristino dello stato dei luoghi. Procedure per la realizzazione e l’esercizio degli impianti fotovoltaici di grande generazione. Si definiscono impianti di grande generazione gli impianti di potenza nominale superiore a 1. 000 Kwp. Gli impianti di grande generazione devono possedere requisiti minimi di carattere ambientale, territoriale, tecnico e di sicurezza, propedeutici all’avvio dell’iter autorizzativo. A tal fine sul territorio regionale sono stati individuati aree e siti non idonei alla installazione di tali impianti. Aree e siti non idonei. Sono aree che per effetto dell’eccezionale valore ambientale, paesaggistico, archeologico e storico o per effetto della pericolosità idrogeologica si ritiene necessario preservare. Ricadono in questa categoria: 1. Le Riserve Naturali regionali e statali; 2. Le aree Sic; 3. Le aree Zps; 4. Le Oasi Wwf; 5. I siti archeologici e storico-monumentali con fascia di rispetto di 300 m; 6. Le aree indicate con rischio idrogeologico elevato o molto elevato nei “Piani per la difesa del rischio idrogeologico” (Pai) redatti dalle competenti Autorità di bacino (aree R2, R3 ed R4 dei Pai), nonché le aree classificate come aree a rischio geologico eccezionale o elevato nei Piani Paesistici di Area Vasta; 7. Le aree comprese nei Piani Paesistici di Area vasta soggette a vincolo di conservazione A1 e A2; 8. I boschi governati a fustaia e di castagno 9. Le fasce costiere per una profondità di 1. 000m; 10. Le aree fluviali, umide, lacuali e dighe artificiali con fascia di rispetto di 300 m dalle sponde; 11. I centri urbani. A tal fine è necessario considerare la zona all’interno del limite dell’ambito urbano previsto dai regolamenti urbanistici redatti ai sensi della L. R. N. 23/99. 12. Aree dei Parchi Nazionali e Regionali esistenti; 13. Aree comprese nei Piani Paesistici di Area Vasta soggette a verifica di ammissibilità; 14. Aree sopra i 1200 metri di altitudine dal livello del mare; 15. Aree di crinale individuati dai Piani Paesistici di Area Vasta come elementi lineari di valore elevato; 16. Su terreni agricoli classificati catastalmente irrigui, ovvero destinati a colture intensive quali uliveti, agrumeti o altri alberi da frutto nonché a boschi e foreste; Aree e siti idonei. In queste aree un progetto di impianto fotovoltaico deve soddisfare i seguenti requisiti tecnici, propedeutici all’avvio dell’iter autorizzativo. Requisiti tecnici minimi. Il progetto per la realizzazione di un impianto fotovoltaico di grande generazione deve soddisfare i seguenti requisiti: 1. Potenza massima dell’impianto non superiore a 10Mw (la potenza massima dell’impianto potrà essere raddoppiata qualora i progetti comprendano interventi di sviluppo locale ed in grado di concorrere al complesso degli obiettivi del Piear, concordati con le Amministrazioni locali interessate dal parco fotovoltaico. La Giunta regionale, al riguardo, provvederà a definire le tipologie, le condizioni, la congruità e le modalità di valutazione e attuazione degli interventi di sviluppo locale); 2. Distanza tra due o più impianti di almeno 2. 000 m dai perimetri dei medesimi; 3. Nelle aree dei Piani Paesistici soggette a trasformabilità condizionata o ordinaria, la superficie occupata dall’impianto (area delimitata dal perimetro esterno dell’impianto) non potrà superare il 10% delle particelle catastali interessate. 4. Garanzia almeno ventennale del produttore dei moduli fotovoltaici; 5. Decadimento prestazionale dei moduli fotovoltaici non superiore al 10% nell’arco dei 10 anni e non superiore al 20 % nei venti anni di vita; 6. Utilizzo di moduli fotovoltaici realizzati in data non anteriore a due anni rispetto alla data di installazione; 7. Irradiazione giornaliera media annua valutata in Kwh/mq*giorno di sole sul piano dei moduli non inferiore a 4. La progettazione. Il progetto deve evidenziare gli elementi che possono determinare un impatto apprezzabile sull’ambiente, elencando ed analizzando le singole opere ed operazioni, distinguendo le varie fasi (fase di cantiere, fase di esercizio e di manutenzione, fase di dismissione). Inoltre dovrà contenere la descrizione dell’ambiente, l’analisi degli impatti, l’analisi delle alternative, le misure di mitigazione correlate alla componente naturalistica (fauna, flora ed ecosistema). Particolare attenzione dovrà essere dedicata a: a) Impatto visivo e paesaggistico. Tra i vari impatti che la realizzazione di un impianto fotovoltaico determina, l’impatto visivo e paesaggistico è quello ritenuto, almeno da letteratura, il più rilevante e ciò per effetto di una serie di ragioni strettamente connesse alla localizzazione degli impianti e alle loro caratteristiche costruttive. Dovendo, infatti, gli impianti fotovoltaici per sfruttare l’energia solare per produrre elettricità essi debbono essere posti in zone esposte al sole e quindi per lo più su aree libere, pianeggianti, prive di ombreggiamento esposte a sud. L’inserimento di una centrale fotovoltaica all’interno di un territorio non è però da vedersi una intrusione visiva se inserita in un contesto ambientale marginale e poco visibile dagli insediamenti antropici. In tal senso si deve prestare molta attenzione alla progettazione della ubicazione dell’impianto e del posizionamento dei suoi singoli elementi realizzando uno studio di impatto sul paesaggio dal quale emerga come viene a modificarsi lo stesso a causa dell’inserimento dell’impianto fotovoltaico. B) Impatto elettromagnetico. La presenza di un impianto fotovoltaico determina anche un impatto elettromagnetico sul territorio circostante. L’impatto elettromagnetico causato dagli impianti fotovoltaici è molto ridotto nei casi in cui il trasporto dell’energia prodotta avviene tramite l’utilizzo di linee di trasmissione esistenti. Diverso è il caso in cui le linee elettriche siano appositamente progettate e costruite. In ogni caso, a completamento dello Studio di Impatto Ambientale, dovrà essere allegata una tavola riassuntiva del tracciato e delle caratteristiche fisiche dell’elettrodotto ed una relazione tecnica specialistica di calcolo del campo elettrico e del campo di induzione magnetica (corredata dai rispettivi diagrammi) che metta in luce il rispetto dei limiti della Legge n. 36/2001 e dei relativi Decreti attuativi. Tale verifica di compatibilità elettromagnetica deve essere eseguita anche per le stazioni di disconnessione e le sottostazioni elettriche. Nella redazione del progetto bisognerà in ogni caso osservare le prescrizioni di seguito elencate: a) Per garantire il passaggio della fauna, la recinzione dell’impianto deve essere rialzata di almeno 20 cm dal piano di campagna; b) la distanza minima longitudinale tra le file di pannelli deve essere tale da evitare ombreggiamenti e consentire il transito di mezzi e persone per la gestione e manutenzione dell’impianto; c) Al fine di ridurre l’impatto visivo e paesaggistico è necessario che fra più impianti che presentano intervisibilità sia rispettata una distanza minima di almeno 2 km fra le recinzioni degli stessi Può essere accettata una distanza inferiore ai 2 km solo nel caso in cui ci sia una condivisione tra i due impianti della sottostazione elettrica di trasformazione da media ad alta tensione per la connessione alla rete di distribuzione o di trasmissione nazionale e delle opere civili connesse alla realizzazione delle infrastrutture principali, ad eccezione delle strade, qualora preesistenti. In ogni caso si richiede la progettazione dovrà affrontare lo studio dell’impatto cumulativo generato dai due impianti, al fine di valutare la sostenibilità dell’opera da un punto di vista paesaggistico ed ambientale. Indipendentemente dal soggetto richiedente, la deroga alla interdistanza di 2 km non è estendibile a più di 2 impianti. D) l’ubicazione dell’impianto deve essere il più vicino possibile al punto di connessione alla rete di conferimento dell’energia in modo tale da ridurre l’impatto degli elettrodotti di collegamento. Le linee interrate devono essere collocate ad una profondità minima di 1,2 metri, protette e accessibili nei punti di giunzione, opportunamente segnalate e adiacenti il più possibile ai tracciati stradali. Ove non fosse tecnicamente possibile la realizzazione di elettrodotti interrati, la linea aerea in Mt deve essere dotata di conduttori riuniti all’interno di un unico rivestimento isolante. In tal caso il tracciato delle linee aeree deve il più possibile affiancarsi alle infrastrutture lineari esistenti e deve essere preso in esame l’impatto che la presenza di linee aeree può avere sull’avifauna, sia in riferimento al fenomeno delle collisioni che dell’elettrocuzione, e sul paesaggio, nonché le relative misure di mitigazione. E) l’installazione degli impianti non è consentita su aree classificate a rischio R2, R3 ed R4 dal vigente Pai; f) la stabilità delle aree impegnate dall’impianto dovrà essere dimostrata dagli esiti di apposita indagine geologica; g) l’ubicazione degli impianti e delle opere connesse (cavidotti interrati, strade di servizio, sottostazione, ecc. ) deve essere evitata in prossimità di compluvi e torrenti montani indipendentemente dal loro bacino idraulico, regime e portate; h) gli sbancamenti ed i riporti di terreno devono essere contenuti il più possibile ed è necessario prevedere per le opere di contenimento e ripristino l’utilizzo di tecniche di ingegneria naturalistica; i) dovranno essere indicate le aree di cantiere ed i percorsi utilizzati per il trasporto delle componenti dell’impianto fino al sito prescelto privilegiando le strade esistenti per evitare la realizzazione di modifiche ai tracciati; andranno valutati accessi alternativi con esame dei relativi costi ambientali; j) nel caso sia indispensabile realizzare nuovi tratti stradali per garantire l’accesso al sito, dovranno preferirsi soluzioni che consentano il ripristino dei luoghi una volta realizzato l’impianto; in particolare: piste in terra o a bassa densità di impermeabilizzazione aderenti all’andamento del terreno; k) Deve essere evitato il rischio di erosione causato dall’impermeabilizzazione delle strade di servizio e dalla costruzione dell’impianto. Fase di realizzazione. A) Il soggetto autorizzato dovrà assicurare che la presenza del cantiere non precluda l’esercizio delle attività agricole dei fondi confinanti e la continuità della viabilità esistente; b) Durante la fase di realizzazione, dovranno essere impiegati tutti gli accorgimenti tecnici possibili per ridurre la dispersione di polveri sia nel sito che nelle aree circostanti; c) Dovrà essere predisposto un sistema di smaltimento delle acque meteoriche cadute sull’area di cantiere, e prevedere idonei accorgimenti tecnici che impediscano il dilavamento della superficie dell’aerea di cantiere; d) Deve essere ripristinata la vegetazione eliminata durante la fase di cantiere e deve essere garantita la restituzione alle condizioni ante operam delle aree interessate dalle opere non più necessarie durante la fase di esercizio (piste di lavoro, aree di cantiere e di stoccaggio dei materiali ecc. ); e) Al termine dei lavori il proponente deve procedere al ripristino morfologico, alla stabilizzazione ed inerbimento di tutte le aree soggette a movimenti di terra e al ripristino della viabilità pubblica e privata, utilizzata ed eventualmente danneggiata in seguito alle lavorazioni. Fase di esercizio. A) Il soggetto autorizzato dovrà assicurare che la centrale fotovoltaica non precluda, in nessun caso, l’esercizio delle attività agricole dei fondi confinanti né ogni altro tipo di attività preesistente; b) Dovrà essere assicurata la protezione della centrale fotovoltaica in caso d’incendio; Fase di dismissione. Alla fine del ciclo produttivo dell’impianto, il soggetto autorizzato è tenuto a dismettere la centrale fotovoltaica secondo il progetto approvato o, in alternativa, l’adeguamento produttivo dello stesso. Nel caso di dismissione il soggetto autorizzato dovrà, nel rispetto del progetto approvato e della normativa vigente: a) Rimuovere il generatore fotovoltaico in tutte le sue componenti conferendo il materiale di risulta agli impianti all’uopo deputati dalla normativa di settore per lo smaltimento ovvero per il recupero; b) Rimuovere completamente le linee elettriche e gli apparati elettrici e meccanici della sottostazione conferendo il materiale di risulta agli impianti all’uopo deputati dalla normativa di settore; c) Ripristinare lo stato preesistente dei luoghi mediante la rimozione delle opere interrate, il rimodellamento del terreno allo stato originario ed il ripristino della vegetazione, avendo cura di: i. Ripristinare la coltre vegetale assicurando il ricarico con almeno 50 cm di terreno vegetale; ii. Rimuovere i tratti stradali della viabilità di servizio rimuovendo la fondazione stradale e tutte le relative opere d’arte; iii. Utilizzare per il ripristino della vegetazione essenze erbacee, arbustive ed arboree autoctone; iv. Utilizzare tecniche di ingegneria naturalistica per i ripristini geomorfologici; d) Convertire ad altra destinazione d’uso, compatibile con le norme urbanistiche vigenti per l’area e conservando gli elementi architettonici tipici del territorio di riferimento, gli edifici dei punti di raccolta delle reti elettriche e della sottostazione; in alternativa gli stessi dovranno essere demoliti. E) Comunicare agli Uffici regionali competenti la conclusione delle operazioni di dismissione dell’impianto. Documentazione a corredo della domanda di autorizzazione. Nella domanda di autorizzazione unica ai sensi del D. Lgs. 387/2003 deve essere inclusa: a) copia della Stmg (soluzione tecnica minima generale) rilasciata dalla società della rete utente ovvero dalla società titolare delle reti di trasmissione, che prevede la connessione dell’impianto; b) progetto definitivo dell’impianto, delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili; c) relazione tecnica sull’individuazione del sito dell’impianto e del tracciato dell’elettrodotto di collegamento, che dimostri la bontà della scelta in relazione alla distanza dal punto di consegna; d) progetto di gestione e manutenzione dell’impianto; e) progetto di dismissione dell’impianto (è indispensabile riportare nel progetto un piano di dismissione dell’impianto che preveda, alla cessazione dell’attività produttiva, le modalità di rimozione della infrastruttura e di tutte le opere principali connesse, lo smaltimento del materiale dismesso ed il ripristino dello stato dei luoghi; il piano dovrà contenere le modalità la quantificazione delle operazioni di dismissione, di smaltimento e di ripristino dello stato dei luoghi); f) quadro economico finanziario asseverato da un istituto bancario o da un intermediario finanziario iscritto nell’elenco speciale di cui all’articolo 107 del testo unico delle leggi in materia bancaria o creditizia emanato con decreto legislativo 1 settembre 1993, 385 come da ultimo modificato dalla lettera m) del comma 1 dell’articolo 1 del decreto legge 27 dicembre 2006, n. 297, come modificata dalla legge di conversione, che ne attesti la congruità: g) dichiarazione resa da un istituto bancario che attesti che il soggetto proponente l’impianto disponga di risorse finanziarie ovvero di linee di credito proporzionate all’investimento per la realizzazione dell’impianto; h) piano particellare di esproprio con l’indicazione delle ditte catastali, delle superfici interessate dall’impianto e loro classificazione; i) certificazione urbanistica rilasciata dal/dai comuni interessati con indicazione dei vincoli cui è soggetta l’area di ubicazione dell’impianto, delle opere connesse e delle infrastrutture necessaria; j) Garanzia almeno ventennale del produttore dei moduli fotovoltaici; k) Certificazione comprovante il decadimento prestazionale dei moduli fotovoltaici non superiore al 10% nell’arco dei 10 anni e non superiore al 20 % nei venti anni di vita; l) Certificazione comprovante la costruzione dei moduli fotovoltaici di data non anteriore a due anni rispetto alla data di installazione. M) i dati e le planimetrie descrittivi del sito con localizzazione georeferenziata dell’impianto in coordinate Utm Wgs84 .  
   
 

<<BACK