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LUNEDI
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Notiziario Marketpress di
Lunedì 23 Marzo 2009 |
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GARANTE PRIVACY: PUBBLICITA’ AL TELEFONO: LE AZIENDE RISPETTINO LE REGOLE SI RISCHIANO SANZIONI DA 30 MILA A 300 MILA EURO |
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Roma, 23 marzo 2009 - Le aziende e i call center che, avvalendosi della deroga prevista fino al 31 dicembre 2009 dal cosiddetto decreto “Milleproroghe”, contatteranno gli utenti per fare promozione e offerte commerciali, dovranno utilizzare solo banche dati costituite sulla base degli elenchi telefonici precedenti al 1 agosto 2005. Non potranno servirsi del periodo di deroga per chiedere il consenso degli interessati per futuri contatti né potranno cedere i dati che utilizzano a terzi. Con un provvedimento che verrà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, il Garante per la privacy ha precisato le regole che dovranno seguire le società che svolgono attività di marketing nell’usare i dati degli abbonati. Il decreto “Milleproroghe”, di recente convertito in legge, stabilisce che i numeri di telefono e gli indirizzi presenti nelle banche dati costituite sulla base dei vecchi elenchi telefonici sono utilizzabili per fini promozionali fino al 31 dicembre 2009 da coloro che hanno creato tali banche dati precedentemente al 1 agosto 2005. Il provvedimento del Garante intende chiarire rigorosamente i limiti entro i quali società che effettuano attività promozionale anche tramite call center possono avvalersi della deroga. Il mancato rispetto del provvedimento comporta una sanzione amministrativa che va da 30 mila a 180 mila euro e che, nei casi più gravi, può raggiungere anche i 300 mila euro. Le società dovranno innanzitutto documentare in modo adeguato che la banca dati, costituita con i numeri telefonici e gli indirizzi degli abbonati, sia stata effettivamente creata prima del 1 agosto 2005. Le società dovranno usare questi dati direttamente e non potranno cederli a nessun titolo ad altre aziende. Gli operatori che telefoneranno agli abbonati dovranno ad ogni contatto specificare per quale società chiamano e ricordare agli interessati i loro diritti. Ma soprattutto dovranno registrare immediatamente l’eventuale contrarietà dell’abbonato ad essere nuovamente contattato. L’utente che non intende essere più disturbato avrà il diritto di conoscere l’identificativo dell’operatore al quale ha comunicato la sua volontà. I dati presenti nelle banche dati dovranno essere utilizzati solo a fini promozionali e non potranno in alcun modo essere usati per acquisire nuove informazioni o il consenso degli abbonati ad effettuare chiamate dopo la data del 31 dicembre 2009. Questo significherebbe di fatto costituire nuove banche dati, andando al di là delle finalità stabilite dalla legge e prorogando oltre il termine previsto gli effetti della deroga temporanea. Le società che svolgono attività di marketing dovranno comunicare al Garante, entro 15 giorni dalla pubblicazione in G. U. , di essere in possesso di banche dati costituite anteriormente al 1 agosto 2005 e di volerle utilizzare per attività promozionali. Dovranno chiarire se il trattamento di dati venga effettuato anche per conto terzi. . |
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20 MARZO 1994 - 20 MARZO 2009: 15 ANNI SENZA VERITÀ E GIUSTIZIA. PER NON DIMENTICARE ILARIA E MIRAN. RICCIONE CELEBRA L´ANNIVERSARIO. IN MUNICIPIO E NEL PALAZZO DEL TURISMO AFFISSI DUE ENORMI TELI PER RICORDARE ILARIA E MIRAN. |
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Bologna , 23 Marzo 2009 - 15 anni fa a Mogadiscio, in Somalia, venivano barbaramente assassinati Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Due persone, due giornalisti italiani inviati della Rai in Somalia per svolgere il proprio mestiere con passione e professionalità. Per raccontare quello che stava succedendo in quel martoriato paese. Quest´anno ricorre il 15° anniversario dalla loro morte. Verità e giustizia sono ancora lontane. Per commemorare l´evento l´Associazione Ilaria Alpi e il Comune di Riccione, con il patrocinio della Regione Emilia-romagna e della Provincia di Rimini, davanti alla sede del municipio riccionese e al Palazzo del Turismo, il 20 marzo hanno esposto due pannelli in memoria di Ilaria e Miran. “Da quindici anni – spiega il sindaco di Riccione Daniele Imola - siamo impegnati a fianco di Giorgio e Luciana Alpi, cittadini onorari della nostra città, nella lunga battaglia per la verità. I pannelli esposti davanti alle due sedi istituzionali più importanti del Comune vogliono essere un chiaro segnale. Uno stimolo affinché la vicenda non venga dimenticata e sia fatta finalmente giustizia per Ilaria e Miran”. Sui quotidiani "Repubblica" e "L´unità" è stato pubblicato un necrologio che recita così: "20 marzo 1994 - 20 marzo 2009: 15 anni senza verità e giustizia. Ilaria e Miran non vi dimenticheremo mai. La nostra lotta è diventata una ragione di vita, nel tentativo di portare a termine il vostro lavoro e impegno. Noi non ci fermiamo, cerchiamo verità e vogliamo giustizia". Giorgio e Luciana Alpi Associazione Ilaria Alpi Come ogni anno, il sito Ilaria Alpi, in occasione dell´anniversario invita tutti i propri lettori ad inviare pensieri, commenti e riflessioni, che verranno pubblicati nella sezione Per Non Dimenticare. Chi lo desidera può lasciare commenti e riflessioni inviando una mail all´indirizzo di posta elettronica info@ilariaalpi. It oppure scrivendo messaggi sulla bacheca del social network Facebook. Sul sito saranno pubblicate anche le iniziative e i programmi tv che si occuperanno della loro vicenda. Fra queste il documentario "Donne coraggiose" trasmesso da Rai Storia (canale 805 della piattaforma Sky). . |
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SIAE, ASSUMMA: UN GRIDO D’ALLARME PER LO SPETTACOLO |
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Roma, 23 marzo 2009 - “Per lo spettacolo si sta prospettando un grave periodo di crisi” A lanciare un grido d’allarme è il Presidente della Società Italiana Autori, Giorgio Assumma: “I dati elaborati in questi giorni dall’Osservatorio dello Spettacolo della Siae- assolutamente provvisori- non sono positivi. Questa volta non è valsa la legge psicologica, secondo la quale i cittadini nei periodi di crisi tentano di fuggire dalle preoccupazioni, rifugiandosi nei passatempi ludici, per evadere dai problemi quotidiani ed anche per lo spettacolo la crisi si sta facendo sentire. I dati prendono in considerazione l’intero 2008 e sono messi a confronto con lo stesso periodo dell’anno precedente. Nel 2008 la spesa degli italiani per lo spettacolo dal vivo e il cinema è diminuita del 4,67%. Il cinema, pur restando dopo il ballo il divertimento più amato dagli italiani, segna un meno 5,24%. Male le attività teatrali (-11,97%) e, in particolare, male il teatro di prosa (-11,09%) e la lirica (-11,51%); un po’ meno male la rivista e la commedia musicale (-6,47%). Da questi dati tutti negativi ne emerge solo uno positivo, quello delle attività concertistiche (+6,74%) in cui la positività si rileva solo nei concerti di musica leggera (+9,67%) a fronte di un leggero decremento di quelli di musica classica (-4,16%) e di quelli jazz (-1,06%)”. . |
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LA SCALA DELLA VERITA’ DI RAFFAELLA FATO |
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Milano, 23 marzo 2009 - La scala della verità è una raccolta il cui tono conversativo, sommesso e talvolta allusivo, delinea lo stile di una poesia fatta di memorie e di stupori, una poesia che evidenzia un approccio leopardiano alla natura e che affronta il sentimento dell’Amore nelle sue più svariate sfaccettature. Il lavoro poetico è caratterizzato da un moto pendolare tra l’impatto con le cose e il momento in cui la poetessa si dirige verso il loro significato più segreto. Una poesia dunque che denota una sensibilità e un’attenzione capillare per le varie dimensioni del reale e che privilegia i valori dell’esistere. Biografia - Raffaella Fato è nata nel 1978 a Bari. Diplomata in Assistente per Comunità Infantile ha da sempre la passione per la poesia e l’Arte nel senso più ampio del termine. Ha conseguito molti riconoscimenti partecipando a diversi concorsi letterari: nel 1997 ha ottenuto il primo premio al concorso “Oscar Romeo” con la poesia Seduta su una sedia a dondolo. Esprime la sua vena creativa anche nell’ambito della pittura. La scala della verità, dichiara l’autrice, rappresenta la verità dell’anima, della mia vita e io non cesserò mai di inseguire l’amore nel cuore altrui. Editrice Nuovi Autori 20123 Milano (Mi) pagine 78 Prezzo Copertina € 9. 00 . |
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TRENTO: BANDO PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE CON GLI ECOMUSEI APPROVATO DALLA GIUNTA PROVINCIALE CON UNO STANZIAMENTO DI 1.800.000 EURO |
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Trento, 23 marzo 2009 – La Giunta provinciale ha approvato il 20 marzo un bando per interventi finalizzati allo sviluppo del turismo sostenibile nell’ambito degli Ecomusei riconosciuti. Lo stanziamento complessivo è di 1. 800. 000 euro con un contributo massimo da assegnare a ciascun progetto pari a 600. 000 euro. L’iniziativa è nell’ambito del Programma operativo del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale - Fesr 2007-2013 - Obiettivo Competitività Regionale e Occupazione della Provincia autonoma di Trento, Asse 4 “Sviluppo locale sostenibile” il cui obiettivo operativo di riferimento è quello di “valorizzare il patrimonio ambientale e culturale per promuovere lo sviluppo turistico sostenibile e la capacità competitiva degli operatori”. L’asse 4, in particolare, è indirizzato a sostenere la progettualità delle comunità locali finalizzata allo sviluppo economico, favorendo programmi e progetti di sviluppo locale che interessino aree di dimensione sovracomunale e che possano potenziare l’offerta legata al turismo ecocompatibile mediante la valorizzazione delle risorse naturali, del patrimonio storico-culturale e delle relative infrastrutture. Si vuole con ciò stimolare l’iniziativa economica nelle aree interessate, migliorando le opportunità per la popolazione e quindi l’attrattività del territorio. Il bando approvato oggi dalla Giunta provinciale è rivolto agli enti pubblici locali che gestiscono ecomusei riconosciuti dalla Provincia autonoma di Trento ai sensi della legge provinciale n. 13/2000 e prevede uno stanziamento complessivo di 1. 800. 000. Le iniziative a finanziamento Fesr, tra le quali si inserisce il bando 1 /2009, poiché prevedono contributi allo scopo di favorire lo sviluppo economico, con conseguente miglioramento delle opportunità per la popolazione, contribuiscono anch’essi a fronteggiare la crisi internazionale. . |
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RESIDENZE TEATRALI: NASCE IN TOSCANA UNA RETE NAZIONALE GIORNATA DI STUDIO SULLE ESPERIENZE PUGLIESI, LOMBARDE, PIEMONTESI, TOSCANE |
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Firenze, 23 marzo 2009 - Parte da Santa Croce sull´Arno (Pisa) il coordinamento nazionale fra le residenze teatrali. L´idea è nata in una giornata di studio, promossa dalla Regione Toscana, sul ruolo ricoperto da questa formula organizzativa nel sistema teatrale regionale e nazionale: in Toscana, dove la Regione sta per approvare il nuovo Testo Unico sulla Cultura, si tratta anche di capire come questa esperienza di nuova gestione (teatro, musica, danza) possa essere regolata. Per “residenza” si intende la permanenza di una compagnia professionale in un territorio omogeneo: enti pubblici, in genere Comuni, mettono a disposizione un teatro, o altri spazi idonei, che vengono gestiti e “abitati” dalla compagnia stessa sulla base di un progetto di varia durata temporale. Con le residenze, ad esempio, si lavora sull´educazione del pubblico, si tengono aperti anche in orari non “canonici” piccoli teatri altrimenti aperti solo poche ore al mese, si utilizzano a fini teatrali e musicali spazi non tradizionali (piazze, aree archeologiche, fabbriche, edifici sacri), si ricercano nuovi linguaggi, si punta alla coesione sociale. Molti e diversi i modelli di “residenza”, come ha mostrato il confronto fra le esperienze pugliesi, piemontesi, lombarde e toscane (con punte di particolare interesse nelle province di Pisa, Arezzo e nel Circondario di Empoli). “Dal sistema delle residenze – ha affermato l´assessore toscano alla Cultura Paolo Cocchi – possiamo attenderci una esperienza più duttile per una contemporaneità artistica, organizzativa e progettuale capace di determinare un rapporto nuovo con il pubblico”. L´esperienza piemontese, iniziata nel 2001, è stata illustrata da Gimmi Basilotta che presiede l´associazione regionale fra le 21 residenze teatrali in quella regione (“Il nostro è il teatro che va alla gente mentre, in genere, capita il contrario”). 11 le località pugliesi, piccoli centri periferici, dov´è attiva l´esperienza dei “teatri abitati” illustrata da Giancarlo Piccirillo (“Ottenendo fondi sullo Sviluppo Economico, a quel ministero abbiamo dimostrato che lo spettacolo è anche una filiera produttiva che produce un reddito misurabile anche con parametri economici”). Il modello lombardo (15 residenze in 7 province con 17 compagnie associate) è stato spiegato da Mimma Gallina della Fondazione Cariplo e da Alessandra Pasi, vicepresidente dell´associazione che riunisce queste esperienze selezionate su un bando triennale della Fondazione Cariplo (nei primi due anni di attività - 2007 e 2008 - ha distribuito due milioni e 150 mila euro alle compagnie per insediarsi sui rispettivi territori). La situazione toscana è stata raccontata da Renzo Boldrini, responsabile del progetto “Piccoli Teatri” della provincia di Pisa (“Anche da noi le residenze sono un patrimonio concreto e chiedono di essere lette e regolamentate come funzione specifica e innovativa, parte integrante del sistema teatrale a funzione pubblica”). La giornata è servita all´assessore toscano Cocchi per anticipare alcune linee del nuovo Testo Unico sulla cultura anche nel rapporto fra politica e compagnie (“Espresse le scelte di fondo, la politica deve fermarsi sugli aspetti gestionali rispettando le competenze: l´apicellismo, compreso quello nobile, non è il modello giusto nei rapporti fra politica, spettacolo e cultura”). In una Toscana dove gli spazi teatrali sono molti (“Da noi ci sono più teatri che Comuni”, ha detto Ugo Caffaz, direttore generale della Cultura) e dove sono state spese risorse importanti per ristrutturare spazi che spesso sono piccoli gioielli architettonici (“ma di sicuro oggi 49 sono chiusi”, ha aggiunto Caffaz), i progetti di residenza teatrale – ha aggiunto Cocchi - “possono rappresentare un notevole contributo al recupero del concetto di impresa, anche economica, nella cultura”. Alla giornata di studio, ospitata nel teatro “Verdi” (inaugurato nel 1902, tre ordini di palchi, ricche decorazioni di stucco e affreschi, recuperato dal Comune all´inizio degli anni Ottanta e affidato alla compagnia di residenza “Giallo Mare Minimal Teatro”) sono intervenuti anche il sindaco Osvaldo Ciaponi, l´assessore alla Cultura della Provincia di Pisa Nicola Landucci e la presidente del Circondario Empoli Valdelsa Luciana Cappelli. . |
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TO BE OR NOT TO BE INTERPRETATO DA GIUSEPPE PAMBIERI DANIELA MAZZUCATO PER LA REGIA DI ANTONIO CALENDA AL TEATRO MANZONI DI MILANO |
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Milano, 23 marzo 2009 - To be or not to be di Maria Letizia Compatangelo, una produzione del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, spettacolo firmato da Antonio Calenda, è per i palcoscenici italiani una novità assoluta: la commedia è interpretata da una compagnia numerosa, capeggiata da due protagonisti della raffinatezza di Giuseppe Pambieri e Daniela Mazzucato e impreziosita dalle canzoni che Nicola Piovani ha composto per l’occasione, Il cielo su Varsavia e Il teatro della vita. To be or not to be ha una genesi interessante: è infatti una commedia che Maria Letizia Compatangelo ha elaborato sulla base del soggetto originale dell’autore ungherese Melchior Lengyel, divenuto nel 1942 un film di successo del grande Ernst Lubitsch, genio delle commedie sofisticate hollywoodiane (Vogliamo Vivere, il titolo della versione italiana del film). Se sul piano cinematografico il soggetto è stato ripreso nuovamente negli anni Ottanta, in un’edizione diretta da Alan Johnson in cui appariva fra i protagonisti Mel Brooks, il teatro ha invece a lungo tralasciato l’idea di portarlo sulle scene. E curiosamente, dopo tanta assenza, lo spettacolo arriva oggi sul palcoscenico in due esecuzioni diverse e completamente autonome: una in Italia – la produzione dello Stabile regionale diretta da Calenda ¬– e l’altra a Broadway, per la regia di Casey Nicholaw. Antonio Calenda perseguiva in realtà da tempo l’idea di costruire su To be or not to be un progetto teatrale, che ora vede la luce, in una produzione che coniuga la ricchezza all’essenzialità e all’efficacia, e che è stata presentata in anteprima a Trieste nell’ottobre 2008. To be or not to be è una commedia deliziosa e divertente, ma è contemporaneamente un testo molto interessante, che da un lato permette d’innescare il gioco tutto teatrale delle infinite rifrazioni fra realtà e finzione, recita e verità, “essere” e “non essere” come suggerisce il titolo. Dall’altro lato è capace di accettare la sfida di ritrarre il nazismo attraverso il linguaggio e i modi della comicità, una sfida vinta costruendo una satira validissima dell’apparato e della logica hitleriani. Inoltre – al contrario di quanto avevano paventato ottusamente alcuni critici davanti al film di Lubitsch – senza offendere il ricordo di quel periodo tanto doloroso e buio, To be or not to be lo racconta riconoscendo al teatro il ruolo di un’“arma segreta”, di una luce che indica la via della salvezza. «Ho amato To be or not to be – commenta Antonio Calenda – proprio perché ritengo che offra una bella e struggente elegia del mondo dello spettacolo, un leggero e dolce apologo su quanto nella vita sia necessaria la poesia. E in tempi sempre più cupi per la cultura, come sembrano diventare irrimediabilmente i nostri, ricordare in qualche modo questa “necessità” dell’arte, della poesia, del teatro, non appare affatto scontato». «È il mio primo lavoro che abbia un precedente cinematografico – prosegue il regista – e se mi rendeva felice l’idea di affrontarlo, allo stesso tempo questa vicinanza con il film mi preoccupava un po’. Ma nel testo drammaturgico avviene un piccolo miracolo: pur mantenendo una corretta fedeltà al soggetto e dunque al lavoro di Lengyel e Lubitsch, esso se ne allontana anche, assumendo una propria limpida legittimità teatrale. Merito dell’elaborazione di Maria Letizia Compatangelo che ha composto una commedia piacevole ed efficace, che pone in luce non solo i lati esilaranti ma anche quelli delicatamente malinconici e surreali della storia. Per il nostro Teatro, che da sempre dà loro spazio, è una nuova occasione di porre in primo piano il lavoro di drammaturghi viventi di qualità». «In questo delicato apologo del teatro, che abbiamo impreziosito anche con il contributo di due arie che il Maestro Nicola Piovani ha composto per noi ¬– conclude – il teatro stesso è il grande protagonista. In scena infatti si ricorre agli esponenziali giochi di specchi e ribaltamenti che solo il teatro permette, con le sue convenzioni, con il coinvolgimento e la complicità del pubblico. E con il talento di una compagnia d’interpreti di cui sono molto soddisfatto e che è chiamata al notevole compito di restituire il profilo della vita nella sua bellezza, lasciando però intuire anche l’imperscrutabile che essa cela». La compagnia è di ottimo livello, e vi figurano i nomi di Giuseppe Pambieri – che interpreta in modo brillante l’esuberanza e le fragilità artistiche di Ian Tura – e Daniela Mazzucato che presta duttilità e talento al personaggio di Maria Tura e la sua splendida voce sopranile alle canzoni dello spettacolo, di Fulvio Falzarano che veste i panni del temibile Colonnello Ehrhard della Gestapo, di Umberto Bortolani che offre freddezza e opportunismo alla figura della spia Druginsky. Accanto a loro una rappresentanza generosa (in tutto si contano 18 interpreti) del nucleo di attori che Calenda ha costantemente coinvolto in questi anni nei lavori dello Stabile del Friuli Venezia Giulia. Facendo propria la precisione dei ritmi vorticosi, delle battute graffianti e dei trasformismi che connotano una commedia il cui congegno non ha sbavature, gli interpreti impersonano nelle prime scene la Compagnia del Teatro Centrale di Varsavia, alle prese con le prove di un nuovo spettacolo intitolato Gestapo. Il testo, antinazista, solleva però l’attenzione della censura e ne viene impedita la messinscena: dopo l’iniziale sgomento gli attori ripiegano su un altro titolo del repertorio. La scelta cade su Amleto e non è casuale: Ian Tura, primo attore della compagnia, ha infatti il pallino del Principe di Danimarca, che continua a interpretare, sebbene – come gli fa notare la moglie in una gustosa scena di backstage – sia ormai da tempo fuori ruolo… Ciononostante Ian è un Amleto molto convinto, soprattutto in quel monologo che è il cavallo di battaglia di ogni interprete shakespeariano che si rispetti, “To be or not to be”: peccato che queste celeberrime parole debbano diventare il suo incubo. La moglie Maria, infatti, proprio durante la scena si fa raggiungere in camerino da uno spasimante – un pilota dell’aviazione polacca – che lasciando il suo posto, crea lo scompiglio in sala. Esilarante lo sconforto di Ian davanti a tale dimostrazione di spregio verso la sua arte: il problema artistico però è presto travolto – come tutta la dimensione evanescente e un po’ ingenua dei teatranti – dal precipitare degli eventi storici. È il 1939 e Varsavia è asservita a Hitler: le misure antisemite, colpiscono, fra gli altri, Greenberg, uno degli attori. Il momento in cui trova il coraggio di recitare un’ultima volta il monologo di Shylock da Il mercante di Venezia, è uno dei più commoventi dello spettacolo. “Non ha occhi un ebreo? Non ha mani, organi, statura, sensi, affetti, passioni? Non si nutre anche lui di cibo?” se da un lato queste battute denunciano il tormento della discriminazione subita dai giudei fin dal ‘500, dall’altro rappresentano per Greenberg l’unico legame con la sua trascorsa dignità di uomo. Anche per il resto della compagnia il periodo è cupo: il teatro è chiuso, e ospita segrete riunioni della resistenza polacca, molti piloti – compreso Sabinsky, lo spasimante di Maria – si sono affiancati ai britannici nei combattimenti. Quando l’operato di una spia della Gestapo, rischia di infliggere un colpo ferale alla resistenza, Sabinsky si fa paracadutare a Varsavia. Cerca l’aiuto di Maria e ovviamente trova quello di Ian e dell’intera compagnia di teatranti: sarà il contributo della loro fantasia, della loro arte interpretativa, dei loro travestimenti a giocare una serie di brutti tiri agli oppressori. Tiri che raggiungono il parossismo quando –eliminati la spia e un pericoloso ufficiale – il gruppo riesce addirittura a farsi portare in salvo a Londra con l’aereo di Hitler. Un Führer che qui appare con un suo “doppio” (il divertente caratterista Bronski), proprio come ne Il dittatore di Chaplin. Commedia piena d’ironia e garbo, di battute irresistibili e intuizioni intelligenti, di soluzioni d’effetto ma sempre eleganti To be or not to be ci dimostra come lo spirito critico, l’aerea versatilità e creatività del teatro non sia mai disarmata, neanche davanti alla brutalità più assurda e violenta della storia. Coerentemente a queste riflessioni, regista e scenografo hanno lavorato fin dall’inizio anche a livello di allestimento con il “gioco del teatro”: quasi una trentina di cambi rigorosamente a vista, animano una scenografia – firmata da Pier Paolo Bisleri – che intreccia realismo e simbolismo, elementi veri a soluzioni che si materializzano grazie a una magia di luci, a un sapiente movimento, alla complicità del pubblico. Un pubblico che in To be or not to be diviene parte integrante della messinscena e che viene spesso coinvolto negli avvenimenti dello spettacolo. Gli eleganti costumi sono creazioni di Stefano Nicolao, mentre Nino Napoletano firma le luci e Pasquale Filastò cura le musiche di scena. . |
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CORRADO TEDESCHI IN L’UOMO DAL FIORE IN BOCCA DI LUIGI PIRANDELLO AL TEATRO FRANCO PARENTI |
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Milano, 23 marzo 2009 - Due corde contrastanti, comica e tragica, convivono in un allestimento che viene riproposto dopo sei stagioni di ´esauriti´ con un inedito Corrado Tedeschi. Una lezione-semiseria sull’essere e l´apparire costruita sul capolavoro pirandelliano fa da prologo alla messinscena. L´attore Corrado Tedeschi deve superare un esame: deve dimostrare a due personaggi, pirandellianamente fuggiti dalle rispettive opere per investigare sul suo operato, di poter essere anch´egli ´personaggio´. E con questo pretesto coinvolge il pubblico (a tratti anche direttamente) sui temi dell´essere e dell´apparire, su come le maschere contengano il seme della follia. E gli spettatori si lasciano trasportare, disponendosi così ad assistere con animo assolutamente sgombro al notissimo atto unico. Esterno di caffè (di una stazione) di notte. Un ‘pacifico avventore’ sorseggia una bibita aspettando il primo treno del mattino, dopo aver perso l’ultimo serale. Un altro cliente comincia a parlare con lui, con un’insistenza crescente, ironica e disperata al tempo stesso, dimostrando una straordinaria capacità di cogliere fino in fondo i più piccoli aspetti della vita quotidiana, di “aderire con l’immaginazione alla vita degli altri”, per sentirla “sciocca e vana” per autoconvincersi… fino alla tragica rivelazione del suo male senza scampo: quel “dolcissimo” epitelioma (il fiore in bocca del titolo) che la morte gli ha lasciato in dono. La relazione fra i due uomini altro non è che un doloroso guardarsi allo specchio, già protagonista in una delle primissime opere teatrali di Pirandello e delle più fortunate. La storia di un uomo che fugge dal destino della sua malattia mortale e dalla moglie che vuol esprimergli affetto e che si racconta a uno sconosciuto in una stazione ferroviaria notturna e deserta è tratta da una novella adattata appena a un dialogo sommario intorno al grande monologo del malato. Ma vi è una luce livida, la percezione della società e della vita come luoghi inospitali e pericolosi, vi è l’idea che la sola comunicazione sia uno scambio tra sconosciuti. Con la complicità del regista Marco Rampoldi, l’attore introduce al lavoro con un prologo in forma di dissertazione disinvolta sull’autore. Ci si trova dinanzi ad un Corrado Tedeschi che discetta con la platea con toni a metà fra il salotto e l’aula di scuola, improvvisando e invitando a seguirlo qualche interprete pescato fra il pubblico. Gli spettatori sono così coinvolti direttamente tra l’interloquire con il protagonista e il coinvolgimento diretto. . |
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L’AMANTE DI HAROLD PINTER AL TEATRO LITTA DI MILANO |
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Milano, 23 marzo 2009 - ´Work in Progress´ è un master per la regia teatrale ideato dal Teatro Litta e dedicato allo svolgimento della professione di un giovane regista. Il master si sviluppa in tre anni di lavoro tutorato dal regista Antonio Syxty, definito ‘primo spettatore’ dell’intero percorso formativo. Il regista Claudio Autelli è alla sua terza prova registica del Master. Le precedenti edizioni hanno avuto come protagonisti: Valeria Talenti ( Leonce e Lena, I Malavoglia, Una serata con Pinter) Carmelo Rifici (Il giro di vite, La tardi ravveduta, La signorina Julie). “Certo ci fu qualche tempesta / anni d’amore alla follia. / Mille volte tu dicesti basta / mille volte io me ne andai via. / Ed ogni mobile ricorda in questa stanza senza culla / i lampi dei vecchi contrasti / non c’era più una cosa giusta / avevi perso il tuo calore / ed io la febbre di conquista. / Mio amore mio dolce meraviglioso amore / dall’alba chiara finché il giorno muore / ti amo ancora sai ti amo. ” Franco Battiato – La canzone dei vecchi amanti Nel 2008 Otello per la regia di Claudio Autelli, realizzato all’interno del Progetto Work in Progress del Teatro Litta, vince il premio Nuove Creatività dell’Eti e ottiene numerosi riconoscimenti sia da parte della critica che del pubblico. Nel 2009 Autelli conclude il suo triennio del Master che per l’ultimo anno prevede la realizzazione di una produzione a partire da un testo commissionato dalla direzione artistica del teatro. Atto unico del 1962 L’amante fa parte di una trilogia sulle menzogne dell’amore, insieme a Vecchi tempi e Tradimenti ed è rappresentato per la prima volta l’anno successivo con la regia dello stesso Pinter. L’intera commedia è ambientata in un’impeccabile villetta della campagna londinese. Protagonista è una coppia borghese, Sarah e Richard, che, stanca della routine matrimoniale, mette in scena spiazzanti diversivi erotici: Sarah racconta al marito di un amante che riceve in casa tutti i pomeriggi e Richard racconta alla moglie le sue scappatelle con una prostituta. Ma con un colpo di scena Pinter svela la vera identità dei due amanti. Si assiste a una doppia vita: amanti incastrati in siparietti proibiti e coniugi avviluppati tra resoconti della giornata lavorativa dell’uno e i pomeriggi dedicati alla cure della malvarosa dell’altra. Questi meccanismi si ripetono sempre uguali in un continuo gioco di ruolo in cui i due protagonisti si alternano nell’interpretare i loro rispettivi amanti; si assiste a una feroce denuncia dell’impossibilità più assoluta di comunicazione, se non filtrata dalla finzione del gioco amoroso. In scena non rimangono che un uomo e una donna chiusi in una stanza. Isolati dal mondo, come se la realtà esterna, le sue relazioni, le abitudini sociali, il lavoro, tutto ciò che si potesse frapporre tra loro fosse stato messo da parte da loro stessi. Un uomo e una donna dimentichi del mondo nel disperato tentativo di ritrovarsi, di ritrovare un codice perduto, una lingua segreta che non conoscono più e senza la quale, soli, sono persi. Attorno a questa stanza c’è il nulla; del salotto borghese non rimangono che una poltrona e una pianta, feticci della loro quotidianità. La scena è scarna come i corpi dei personaggi che in essa si aggirano. Corpi fragili e soli nella loro nudità, scarnificati e spogliati di tutti gli orpelli borghesi indossano e smettono altre maschere per mettere in atto un grottesco gioco d’amore, consci che in fondo il loro non può essere altro che un gioco di ruolo, nient’altro che una recita. Un ultimo tentativo che nasconde il non deposto desiderio dell’altro e la perduta semplicità dell’incontro. Una storia sul perdersi e sul cercarsi. A qualsiasi costo. . |
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AL TEATRO FILODRAMMATICI “LAMPEDUSA È UNO SPIFFERO” DI FABIO MONTI E NORMA ANGELINI |
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Milano, 23 marzo 2009 - Lo spettacolo è vincitore del Festival Presenze_1 che il Teatro Filodrammatici ha organizzato, dal 9 maggio al 14 giugno 2008, per dare voce a 6 giovani compagnie selezionate su territorio nazionale. La motivazione del premio assegnato da una giuria composta da un giornalista, la nuova Direzione Artistica e un rappresentante dell’Accademia dei Filodrammatici è stata: “Lo spettacolo si assume la responsabilità di raccontare tematiche complesse, al limite del grottesco, con leggerezza di esposizione e piglio documentaristico senza inficiare il ritmo narrativo e l’aspetto più d’intrattenimento; la sua oscillazione sapiente tra il comico e il tragico, dovuta alla generosa interpretazione di Fabio Monti e al continuo lavoro di adattamento di Norma Angelini, fa guadagnare il premio ex aequo come miglior spettacolo della prima edizione di Presenze. 1 a Lampedusa e’ uno spiffero della compagnia Emmea’ Teatro”. Ridere delle assurdità del mondo. Cercare le contraddizioni. Estremizzarle. E ridere. Ridere. Cercare il senso delle cose e provare a salvarla la pietà umana, da facce viste, da contraddizioni reali, da voci sentite, da ragioni comprese, prima, molto prima dei giudizi facili, delle ragioni facili. Questo il presupposto che ci ha portato a Lampedusa. Ma lo sai che uno dei pizzi di terra più a sud di tutta l’Europa si chiama Lampedusa? Sai, è un’isola. Piccola. Molto più vicina all’Africa che al resto d’Europa. In media, quasi uno sbarco ogni 3 giorni. E ogni 3 giorni, Lampedusa buca lo schermo, e si guadagna il suo spazio sugli italici telegiornali. E poi c’è la storia di Lampedusa. Che è una storia di marginalità, di isolamento, di abbandono. Per dire, i lampedusani sono stati tra gli ultimi, in Italia, ad avere il telegrafo, tra gli ultimi, in Italia, ad avere la corrente elettrica, tra gli ultimi, in Italia, ad avere il telefono, insomma, tra gli ultimi, sempre tra gli ultimi, da sempre. E questo è il punto: per la sua storia passata, per la sua storia più recente, per la sua posizione geografica, per tutto questo e per molto altro ancora Lampedusa incarna con assoluta evidenza contraddizioni che ci paiono tipiche di tutto l’Occidente. Siamo convinti che interrogando oggi, da artisti, Lampedusa, si possa trovare qualcosa di profondamente rappresentativo, emblematico, dell’Occidente intero. . |
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“IL DIVO” LUNEDI’ 23 MARZO 2009 A MILANO PER L’UNICA DATA ITALIANA DEL TOUR MONDIALE |
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Milano, 23 marzo 2009 - Nel 2004, quattro bellissime voci hanno dato vita ad un progetto unico, portando il suono della lirica nel mondo della musica pop. Ora uno dei gruppi di maggior successo internazionale, con oltre 22 milioni di album venduti, Il Divo è in tour in supporto al loro ultimo album, ‘The Promise’, pubblicato in tutto il mondo dal 10 novembre; l’album ha debuttato al numero 1 nel Regno Unito e in Olanda, al numero 2 a Dublino e al numero 6 in Australia. Anche le vendite dei biglietti per il tour del 2009 stanno riflettendo il successo dell’album, con sold-out e raddoppi già annunciati per Dublino e Rotterdam. Dal debutto nel 2004 David Miller, Carlos Marín, Urs Buhler e Sébastien Izambard – Il Divo – hanno fatto due tour mondiali, registrando il tutto esaurito ovunque, e si sono esibiti per oltre un milione e mezzo di fan in trenta paesi. Il tour 2009, An Evening with Il Divo, è partito il 21 febbraio da Manchester e farà tappa, oltre all’Inghilterra con otto concerti, in Irlanda, Olanda, Germania, Austria, Spagna, Francia, Svizzera, Serbia, Slovenia, e naturalmente in Italia, per un’unica data al Teatro degli Arcimboldi di Milano, il 23 marzo. Il tour proseguirà poi in Nord America e attraverserà sei continenti prima di concludere l’anno in Australia, Giappone e Asia sud-orientale. Il nuovo spettacolo è stato messo in scena e coreografato da William Baker (Kylie, Jamiroquai) su una scenografia all’avanguardia. La scaletta comprende canzoni dei loro quattro album, oltre che alcuni brani nuovi. Lo spettacolo prevede 90 minuti di esibizione con un intervallo di 20 minuti (non ci saranno gruppi di supporto). Www. Ildivo. Com . |
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NEL PALAZZO DELLA PROVINCIA DI BERGAMO - SPAZIO VITERBI “L’ORO DELL’ANIMA” 50 ICONE RUSSE ECCEZIONALMENTE CONCESSE DAL MUSEO TRETYAKOV DI MOSCA
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Bergamo, 23 marzo 2009 - “L’esposizione dal titolo L’oro Dell’anima offrirà al visitatore un imperdibile viaggio attraverso cinque secoli, dal Xiv al Xix, di cultura, storia e spiritualità. Lo Spazio Viterbi, nel Palazzo della Provincia di Bergamo ospita fino al 14 giugno 2009, la mostra L’oro Dell’anima. Icone russe dal Xiv al Xix secolo del Museo Tretyakov di Mosca, curata da un comitato scientifico composto da Valentin Rodionov, direttore generale del Museo Tretyakov di Mosca, Nadezhda Bekeneva, Valentina Ukhanova, Elena Burenkova, Evgenija Gra, Tatiana Gubanova, Fernando Noris. L’iniziativa, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana, promossa col patrocinio della Provincia di Bergamo, in collaborazione con il Museo Tretyakov di Mosca, organizzata da Turismo Bergamo, col patrocinio della Curia Vescovile della Diocesi di Bergamo, della Regione Lombardia, della Camera di Commercio e la collaborazione dell’Università di Bergamo, della Fondazione Russia Cristiana e del Provveditorato agli Studi di Bergamo, presenterà 50 capolavori provenienti dal museo che, con oltre 6. 000 pezzi, rappresenta la collezione più importante al mondo di arte sacra russa. “Ancora una volta la Provincia di Bergamo - afferma Valerio Bettoni, Presidente della Provincia di Bergamo - si rende promotrice di un’iniziativa di ampio respiro culturale e di alta qualità scientifica. Senza dimenticare le nostre radici, questa mostra si rivolge a un paese geograficamente lontano come la Federazione Russa con il quale la Provincia di Bergamo, da diversi anni, ha intrattenuto dei costanti e costruttivi rapporti, articolati nei vari settori. In un tempo di crisi com’è quello che stiamo vivendo, sentiamo forte l’esigenza di aprirci verso l’esterno, usando come veicolo principale i valori universali che la cultura racchiude in sé ed è capace di trasmettere. Così come l’economia bergamasca riesce a tessere relazioni internazionali, facendo del ‘made in Bergamo’ un marchio e un modello universalmente riconosciuto, anche la cultura ha saputo instaurare dei solidi legami con i paesi di tutto il mondo. È un onore per la Provincia di Bergamo di essere stata scelta per proporre, per la prima volta in Italia, un nucleo d’icone provenienti dalla Galleria Tretyakov - uno dei maggiori musei russi - così vasto e straordinario, che testimonia una volta di più la solidità del vincolo che ormai tiene unite queste due terre”. Il percorso espositivo cronologico prende avvio dalla fine del Xiv - inizio del Xv secolo, con la "Natività della Madre di Dio con santi", un tipico esempio delle icone di Novgorod, caratterizzate dai colori intensi e dalle forme precise. Nell’impianto compositivo, la Madonna si staglia su uno sfondo rosso che sembra spingere l´immagine in avanti, ed è attorniata da alcuni santi, considerati dagli abitanti di Novgorod loro protettori nella vita quotidiana e in grado di difenderli dalla furia degli elementi della natura. Un´altra icona della scuola di Novgorod è la Natività di Cristo con Santi della seconda metà del Xv secolo. Esposta per la prima volta nel 1913, attirò immediatamente l´attenzione degli amanti della pittura antica russa e degli studiosi, grazie alla sua ricercata gamma coloristica, nella quale sono presenti non solo le combinazioni di rosso e verde tipiche dell´arte di Novgorod, ma anche sottili gradazioni e sfumature lilla, più dense sugli abiti e più chiare sulle montagne, simbolo del mondo Celeste. La mostra di Bergamo prenderà in esame uno dei fenomeni più originali dell’arte russa, quello cioè delle icone di Pskov. Nonostante fosse anticamente situata nella provincia di Novgorod e appartenente alla sua diocesi, Pskov si orientava verso l´area balcanica, ricca di monasteri ortodossi abitati da pensatori cristiani, con una spiccata propensione ai "sofismi" teologici. E laddove la pittura di icone di Novgorod risultava più vivace, quella di Pskov si caratterizzava per essere più concreta nella sua interpretazione dell´immagine divina. L´espressione festosa degli abitanti di Novgorod si contrapponeva al misticismo di Pskov, al "mistero", alla particolare profondità teologica dell’immagine, esemplificata in mostra da figure come il Cristo Pantocratore, la Madre di Dio e il Giovanni Battista. Tra le iconografie più frequentate dalla pittura sacra russa, vi è quella della Madre di Dio. A Bergamo se ne potranno ammirare vari tipi, dipinti in epoche diverse. Le icone più venerate erano ripetute numerose volte, ma le copie rielaborate dai vari artisti indagavano nuovi limiti sviluppando l’immagine della Madonna verso nuove forme di espressione stilistica. Ad esempio, l’icona della Madre di Dio di Jaroslavl, risalente alla seconda metà del Xv secolo, appartiene al tipo tradizionale della Tenerezza. Le figure della Madre e del Bambino sono tratteggiate da una linea di rara bellezza per la sua perfezione grafica. Il disegno impeccabile e la linea precisa e sottile rendono questa icona un eccellente prodotto dell´arte moscovita, nella quale gli studiosi vedono echi della tecnica di Andrej Rublev (1360-1430), il maggiore pittore russo di icone. Oltre ad Andrej Rublev, anche l’iconografo russo Dionisij, vissuto tra la fine del Xv e l’inizio del Xvi secolo, influenzò notevolmente l’evoluzione dello stile pittorico. A tal proposito, si può notare come nelle icone Trasfigurazione e Nicola di Zarajsk con la vita le proporzioni delle figure siano dipinte “alla maniera di Dionisij”, leggermente allungate, eccezionalmente snelle e leggere; è soprattutto nella gamma coloristica che l´autore della Trasfigurazione cerca di avvicinarsi ai colori della tavolozza del grande maestro. Echi della tradizione di Dionisij si ritrovano inoltre in opere più tarde, della seconda metà del Xvi secolo, come i Menologi di settembre e novembre, e Battesimo. Il Xvii secolo è un epoca di radicali cambiamenti nella storia russa. La Russia non conobbe il Rinascimento europeo, ma la seconda metà del ‘600 ne svolse le stesse funzioni storiche. Nel campo dell´arte, una nuova concezione aveva portato alla ricerca di nuovi ideali artistici, di nuove immagini e nuovi mezzi espressivi. L´arte del Xvii secolo si distingue per la varietà di stili e tendenze, esistenti non solo nella pittura di icone della capitale, ma anche in quella provinciale. In mostra si presenta anche un´icona dal soggetto raro La deposizione della veste di Cristo nella Cattedrale della Dormizione del Cremlino di Mosca. Si può affermare che questa è una opera originale di genere storico, poiché rappresenta un fatto reale della storia russa, come la consegna della reliquia cristiana nel 1625 al patriarca Filarete e allo zar Michail Fedorovic che, per lo stato russo rivestì un’enorme importanza sia spirituale che politica. L´artista più famoso nel Xvii secolo in Russia fu Simon Usakov che era a capo dell´Armeria (di fatto la prima Accademia russa delle arti). È uno dei primi artisti di cui conosciamo in modo abbastanza dettagliato la biografia che è stata ricostruita in base ai documenti conservati all´Armeria. L´iconografia del Salvatore Acheropito di Usakov, il modo di dipingere i dettagli dei volti, aveva all´epoca molti estimatori. Egli usò una nuova tecnica a chiaro scuro per dipingere l’incarnato utilizzando, in questo caso, un colore chiaro. Questa maniera preparò gli artisti russi al passaggio alle finiture (Lasierung, pennellate sempre più trasparenti che fanno vedere i toni sottostanti) nella ritrattistica del Xviii secolo. In questo periodo, quando in Russia sta nascendo un’ arte laica che diventa dominante, ufficiale, le nuove tendenze pittoriche si fanno strada anche nella pittura di icone. La mostra permetterà quindi di farsi un´idea della profondità spirituale e dell´importanza estetica della cultura antico russa in prospettiva storica. Www. Provincia. Bergamo. It . |
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AL TEATRO OSCAR LA PRIMA ASSOLUTA DELLO SPETTACOLO DI TANGO, TANGO BAR |
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Milano, 23 marzo 2009 - Giovedì 26 marzo debutta in prima assoluta Tango Bar, spettacolo di tango con una compagnia d’eccezione che vede protagonisti Los Hermanos Macana, una celebre coppia internazionale di fratelli ballerini di tango che, in questo spettacolo si uniranno alla ballerina Jorgelina Guzzi. La musica dal vivo vede come interpreti la cantante argentina di tango Paola Hernandez Dell’erba e il Tangoseis Trio. La regia è affidata a Ida Kuniaki. Los Hermanos Macana rappresentano nello scenario internazionale del tango un fenomeno di particolare rilevanza per l’originalità del loro stile di tango che unisce il virtuosismo acrobatico a una straordinaria leggerezza. Questo ha portato i fratelli di Buenos Aires ad avere molti fan nel mondo, tanto che Francis Ford Coppola e Robert Duval li hanno scelti come icona “tanguera” nel film Assassination Tango. Per la prima volta accettano la sfida di uno spettacolo teatrale-musicale in cui vengono affiancati dalla straordinaria presenza dell’argentina Jorgelina Guzzi, ballerina delle più importanti compagnie di tango (Tangox2, Tango Fire. ), con un soggetto di Franco Finocchiaro e la direzione affidata a Ida Kuniaki. La parte musicale dello spettacolo è curata da Tangoseis, celebre gruppo internazionale di tango che, in questo spettacolo, si presenta in formazione di trio per ricostruire il sapore e le atmosfere di una milonga di Buenos Aires. Il trio è formato da: Vicky Schaetzinger, che recentemente ha riscosso un grande successo alla Carnegie Hall di New York in un concerto su Astor Piazzolla, Piercarlo Sacco, uno dei massimi talenti tra i violinisti della sua generazione, Franco Finocchiaro contrabbassista e primo e unico italiano membro dell’“Academia Nacional del Tango de Buenos Aires”. Il repertorio musicale spazierà dai tanghi tradizionali a quelli contemporanei, passando naturalmente dalla musica di Astor Piazzolla, con la presenza di alcuni tanghi cantati dalla voce suadente dell’argentina Paola Fernandez Dell’erba. “Che succede al Tango Bar? Tra personaggi milongueri e passioni travolgenti, pianti e sorrisi, si incrociano piccoli e grandi destini: storie di vita, storie di tango. ” www. Tieffeteatro. It . |
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SPETTACOLO SCUOLA DI BALLO: ACCADEMIA TEATRO ALLA SCALA
A MILANO, TEATRO STREHLER 7 – 8 - 9 APRILE 2009
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Milano, 23 marzo 2009 - Dal 7 al 9 aprile il Teatro Strehler di Milano ospita lo spettacolo istituzionale della Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala, in cui, come ogni anno, tutti gli allievi, alla chiusura del percorso didattico, si mettono alla prova sul palcoscenico. Si apre con una Presentazione ideata da Frédéric Olivieri, Direttore della Scuola e del Dipartimento Danza dell’Accademia, che consente di avere un quadro completo di tutti i livelli accademici. Viene quindi proposta per la prima volta, eccezionalmente concessa in questa occasione alla Scuola di Ballo, una delle più note coreografie del M° Jiri Kylián, indiscusso protagonista della danza contemporanea, anima del Nederlands Dans Theater sin dal 1973: la Symphony in D, su musica di Franz Joseph Haydn. Ripresa da Arlette Van Boven, la creazione di Kylián, fonde in un mirabile connubio grazia e ironia, energia e divertimento. Tratta dalla Sinfonia n° 101 (L’orologio) e la Sinfonia n° 73 (La caccia) di Haydn, di cui quest’anno ricorre il bicentenario della morte, la coreografia dell’artista praghese è una curiosa parodia dei passi del balletto classico. Infine un intramontabile titolo della danza classico-accademica, Raymonda, di Marius Petipa, su musica di Alexander Glazunov, ripresa da Leonid Nikonov e Tatiana Nikonova. Rappresentato a San Pietroburgo per la prima volta nel 1898, la creazione costituisce un passaggio obbligato per qualsiasi ballerino, soprattutto per il Grand Pas Classique del Iii atto, noto con il titolo di Grand Pas Classique Hongrois o Raymonda Pas de Dix. Fra le infinite interpretazioni di questo “classico”, indimenticabili quelle di George Balanchine (1955), Rudolf Nureyev (1964) e Mikhail Baryshnikov (1980). Il Dipartimento Danza costituisce uno dei quattro dipartimenti in cui si articola l’ampia offerta formativa dell’Accademia Teatro alla Scala: Musica, Palcoscenico-laboratori, Management. Il dipartimento, diretto da Frédéric Olivieri, si identifica nella storica Scuola di Ballo nata nel 1813, unica realtà in Italia in grado di garantire un livello di eccellenza riconosciuto in tutto il mondo, oltre ad essere “vivaio” storico per il Corpo di Ballo scaligero. Al percorso offerto dalla Scuola, si affiancano un Corso biennale per insegnanti di danza e uno annuale di Propedeutica alla danza, riservato a bambini dai 6 ai 10 anni. . |
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IN MOSTRA ALL’IMPRUNETA 7 SECOLI DI COTTO L’AFFASCINANTE ESPOSIZIONE DI SCULTURE DEL RINASCIMENTO, ARCHITETTURA E ARREDI DA GIARDINO ANTICHI E MODERNI, INAUGURA LE CELEBRAZIONI CHE COINVOLGONO TUTTO IL CHIANTI FIORENTINO |
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Firenze, 23 marzo 2009 - Lunedì 23 marzo il cotto dell’Impruneta compie 700 anni. Sette secoli di vita documentati all’Archivio di Stato da un atto notarile datato appunto 23 marzo 1309, primo statuto della corporazione dei fornaciai imprunetini, produttori per Firenze di brocche, conche e orci pregiati per la conservazione degli alimenti, nonché di embrici, coppi e mattoni per l’industria delle costruzioni, oltre a bellissimi vasi da fiori e sculture di ogni tipo. Per celebrare l’evento, il 22 marzo 2009 si inaugura all’Impruneta una grande mostra di sculture rinascimentali e manufatti in cotto di ieri e oggi. E’ l’epicentro di un vasto calendario di iniziative (esposizioni, pubblicazioni, convegni, restauri) destinate a coinvolgere tutto il Chianti fiorentino nelle celebrazioni di questo straordinario materiale che, a cominciare dalla cupola brunelleschiana del Duomo di Firenze, rappresenta uno degli elementi artistici e architettonici più identitari e riconoscibili di questo territorio, oltre a restare un’attività economica assai importante. Il cotto dell’Impruneta. Maestri del Rinascimento e le fornaci di oggi (catalogo Edifir, pag. 264, € 22) sarà aperta al pubblico dal 26 marzo al 26 luglio (da giovedì a domenica, ore 10–13 e 15–19, www. Imprunetacotto. It) nei secolari locali di piazza Buondelmonti (salone e chiostro della Basilica di S. Maria e Loggiati del Pellegrino). Quattro le sezioni, cinque i curatori, oltre cinquanta le opere, capolavori della scultura, orci e vasi antichi e moderni, reperti etruschi, romani e medievali. La sezione più spettacolare, curata da due noti storici dell’arte come Giancarlo Gentilini e Rosanna Caterina Proto Pisani, è quella dedicata alle sculture in cotto di Brunelleschi, Ghiberti, Donatello, Michelozzo, Della Robbia, Desiderio da Settignano, Verrocchio, Benedetto da Maiano, e altri maestri del Rinascimento, le cui opere sono messe a disposizione dai principali musei fiorentini. Lo storico dell’architettura Gabriele Morolli presenta invece (con ampio uso di apparati multimediali) un interessantissimo panorama dell’uso del cotto nelle costruzioni, dagli etruschi ai giorni nostri. In tema di arredi da giardino e di copie di sculture rinascimentali, l’eccellenza artigiana dei fornaciai imprunetini è documentata con una serie di stupendi manufatti dalle storiche dell’arte Caterina Caneva (cui la mostra è dedicata) e Laura Casprini Gentile. Quest’ultima, con il Comune di Impruneta, cura anche la quarta sezione dedicata ai fornaciai di oggi, con la partecipazione di 15 aziende. Molte le iniziative collaterali. All’impruneta il Comune ha realizzato un itinerario geografico – stradale, corredato da opportuna mappa turistica, per segnalare sul terreno dove andare e cosa vedere. Il Museo di Arte Sacra, inserito nel circuito dei Piccoli Grandi Musei osserva in via eccezionale gli stessi orari della mostra. A Firenze, il Museo Horne (www. Museohorne. It) ospita Artigiani in Famiglia, iniziativa didattica per i bambini (9, 16 e 23 maggio) in collaborazione con l’Osservatorio Mestieri d’Arte (Oma). Inoltre, la Fondazione per l’Artigianato Artistico pubblica il volume La Terracotta dell’Impruneta. Sapere antico e lavoro moderno (di Laura Casprini Gentile e Laura Hamad, pagine 112, € 14), che in italiano e inglese, non senza molte belle immagini, racconta storia, segreti, applicazioni e itinerari del cotto. Con il settecentenario inizia anche il restauro della fornace Agresti, una delle più antiche di Impruneta. Il progetto si avvale di finanziamenti della Regione innescati grazie a uno stanziamento di Ente Cassa. Ospiterà un museo, esposizioni, laboratori didattici e un incubatore di imprese legate ai materiali tradizionali toscani (argilla, ceramica, marmo, legno, argento, ecc. ). Promuovono gli eventi l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze e il Comune di Impruneta con la Basilica di S. Maria dell’Impruneta e i comuni del Chianti Fiorentino. Contribuisce la Provincia. Collaborano le Soprintendenze al Polo Museale Fiorentino e ai Beni storico artistici di Firenze-prato-pistoia, la Direzione regionale per i Beni culturali e paesaggistici della Toscana e il Sistema Museale del Chianti Fiorentino. “Tutto ciò”, commenta Michele Gremigni, neo presidente dell’Ente Cassa, “fa del centenario del cotto una circostanza straordinaria di cui desidero ringraziare, in particolare, il mio predecessore, l’avvocato Edoardo Speranza, che tanto si è impegnato per questa iniziativa. Grazie a lui, l’opera di valorizzazione delle realtà culturali locali è diventata una delle nostre bandiere. L’ente ha così contribuito anche a far comprendere la specificità italiana, ma soprattutto toscana, del cosiddetto museo diffuso, consentendo anche al pubblico meno colto di conoscere luoghi e collezioni poco frequentati”. . |
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ALL’ HANGAR BICOCCA DI MILANO , SPAZIO D’ARTE CONTEMPORANEA LA BELLA MOSTRA ANTHONY MCCALL: BREATH [THE VERTICAL WORKS] |
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Milano, 23 marzo 2009 - La nuova mostra dell’Hangar Bicocca è dedicata alle straordinarie sculture di luce di Anthony Mccall. Le opere che verranno esposte sono in gran parte inedite e datate dal 2004 al 2009 - in specifico la mostra e’ dedicata alle proiezioni verticali – delle quali verranno presentate: Breath I e Breath Ii (2004), Breath Iii (2005), Between You and I (2006), Coupling (2009) e, concepita e prodotta espressamente per l’Hangar Bicocca, Meeting you Halfway (2009). L’artista inglese, nato nel 1946, che da tempo vive a New York, presenta per la prima volta una serie di recenti ‘Solid Light Films’ (ovvero film di luce solida), opere che dimostrano la tecnica multi-disciplinare dell’artista nella quale installazione, film e performance si sovrappongono creando un dialogo con lo spazio industriale dell´Hangar Bicocca - uno dei pochissimi luoghi espositivi al mondo che, per altezza e scala, può ospitare una serie di queste installazioni. Mccall inizia a lavorare con film e performance nei primi anni ‘70, cominciando con una serie di performance all’aperto e servendosi del fuoco come materiale scultoreo, visibile ad esempio nell’opera intitolata Landscape for Fire (1972). L’artista può inoltre essere considerato uno dei più importanti rappresentanti del cinema ‘avant-garde’ londinese degl’anni ’70. L’artista ha ideato il suo primo ‘Solid Light Film’ nel 1973 con Line Describing a Cone, film in 16mm. Pensando alla meccanica di proiezione dei film, nota che il fascio di luce ha una presenza tridimensionale la quale viene poi riversata sullo schermo bidimensionale dove le immagini si formano. Queste opere sono infatti semplici proiezioni che danno risalto in maniera sconvolgente alle qualità scultoree e volumetriche di un fascio luminoso. Negli spazi scuriti e riempiti di foschia, le proiezioni generano un´illusione di figure astratte tridimensionali, degli ellissi, delle onde e delle superfici piane che gradualmente si espandono, si contraggono o accarezzano lo spazio – come pareti architettoniche effimere. In queste installazioni, l´artista scompone lo strumento cinematografo riducendo la pellicola alle parziali componenti temporali e visive, rimuovendo interamente lo schermo come la superficie prescritta per la proiezione. Le opere inoltre modificano il rapporto tra pubblico e pellicola, trasformando i visitatori in partecipanti, permettendo ai loro corpi di intersecare e modificare le forme transitorie. L’artista ha quindi rielaborato questo primo lavoro con l’ingegnosità del digitale per ottenere opere che si possono posizionare precisamente tra scultura e cinema. Scultura perché le forme occupano lo spazio tridimensionale e come tali possono essere scoperte solo camminando dentro e attorno alle loro ‘stanze’ traslucide; cinema perché le forme e le ‘stanze’ sono costruite attraverso luce proiettata, che è essa stessa in movimento, e che lentamente cambia secondo una struttura temporale che si definisce con lo scorrere del tempo. Prima del 2004 Mccall ha utilizzato forme orizzontali. “Ma - spiega l’artista - c’è una grande differenza nel rapportarci ad installazioni verticali e orizzontali: nelle forme orizzontali ci si muove dentro e attorno ogni parte dell’oggetto proiettato e la sorgente di luce è vicina al livello degli occhi; quelle verticali, d’altra parte, si elevano verso l’alto, cinque volte la nostra altezza, perciò lo spettatore si può solo muovere intorno alla parte più bassa della scultura e guarda sopra al tunnel di luce anziché lungo esso. In ambedue i casi, le membrane di luce, insieme alle correnti d’aria disegnano la foschia e la portano ad avvitarsi con un movimento a spirale sino al punto in cui svaniscono nella lente del proiettore. ” Un rinnovato interesse nel lavoro di Mccall è risultato nell’inclusione delle sue opere in una moltitudine di esposizioni in musei e gallerie a livello internazionale, dei quali si possono citare le seguenti istituzioni: Whitney Museum, New York (2001-02); Kunst, Vienna (2003-04); Tate Britain, Londra (2004); Hayward Gallery, Londra (2004); Museu d’Art Contemporani de Barcelona (2005);Museum für Moderne Kunst, Francoforte (2006); Kunsthaus Zürich, Zurigo (2006); Hamburger Bahnhof, Berlino (2006-07); Hirshhorn Museum, Washington (2008), Museum of Modern Art, New York (2008). Più recentemente e con grande successo è stata presentata la mostra di indagine itinerante Elements for a Retrospective iniziata al Musée de Rochechouart, Francia (2007) presentata poi alla Serpentine Gallery di Londra (2007-08), ed attualmente allo Utzon Center, Aalborg in Danimarca (fino al 3 Febbraio 2009). La mostra é inoltre accompagnata da una pubblicazione illustrata con testo critico di Hal Foster. . |
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MAGAZZINI SONORI NUOVI AUTORI/NUOVI INTERPRETI II, CONCERTO DEL FONTANAMIXENSEMBLE DIRETTO DA MINO MARANI |
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Bologna, 23 marzo 2009 - Mercoledì 25 marzo alle ore 21, collegandosi al portale della musica della Regione Emilia-romagna Magazzini Sonori (www. Magazzini-sonori. It), sarà possibile riascoltare in differita il concerto del Fontanamixensemble che ha chiuso la rassegna Exitime, organizzata dall’ensemble in collaborazione con il Centro La Soffitta e il Dipartimento di Musica e Spettacolo dell´Università di Bologna. Il concerto, dal titolo Nuovi Autori/nuovi Interpreti Ii, ha avuto luogo a Bologna lo scorso 10 marzo presso l´Aula Absidale di Santa Lucia, ed è stato il secondo appuntamento di Exitime dedicato alle nuove opere di brillanti giovani compositori. Il programma del concerto prevede l’esecuzione in prima assoluta di tre brani originali per ensemble cameristico: In Selge Weiten di Corrado Carnevali, Ordalia della Danza di Paolo Ingrosso e Tau di Andrea Sarto. Accanto a queste opere, i musicisti del Fontanamixensemble eseguiranno due capolavori del pianismo novecentesco (due Préludes di Claude Debussy e la Sonata per pianoforte op. 1 di Alban Berg), insieme alle rispettive trascrizioni per ensemble cameristico realizzate da Alessandro Pivetti e Mino Marani, anch’esse in prima esecuzione assoluta. Protagonista del concerto sarà il Fontanamixensemble, formazione che dal 2002 si dedica allo studio e all´interpretazione del repertorio del ´900, oltre che alla composizione ed esecuzione di nuove opere. Dal 2004 il Fontanamix è anche "ensemble in residenza" presso il Dipartimento di Musica e Spettacolo dell´Università di Bologna, con il quale ha ideato e realizza la rassegna musicale Exitime, come spazio di creatività permanente per la città. A dirigere l’ensemble Fontanamix nel concerto intitolato Nuovi Autori/nuovi Interpreti Ii sarà Mino Marani, pianista diplomato con menzione d’onore a Cesena e direttore d´orchestra, nato nel 1985; Marani è anche autore della trascrizione della Sonata di Alban Berg che sarà eseguita in chiusura del concerto. Il concerto sarà trasmesso in versione integrale a cura dell´Agenzia Informazione e Ufficio Stampa della Giunta della Regione Emilia-romagna e dei tecnici di Aicod. La ripresa sonora del concerto è stata realizzata da Paolo Aralla e Nicola Evangelisti del Fontanamixensemble. Per ascoltare il concerto sarà sufficiente collegarsi a www. Magazzini-sonori. It e verificare di avere installato il software Windows Media Player sul proprio computer. . . |
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INAUGURATA SECONDA EDIZIONE TRIENNALE DESIGN MUSEUM NATO DA ACCORDO PROGRAMMA FRA REGIONE E MINISTERO BENI CULTURALI |
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Milano, 23 marzo 2009 - "Serie Fuori Serie" è il titolo della seconda edizione del Triennale Design Museum. Nato nel 2007 da un accordo di programma tra Ministero per i Beni e le Attività Culturali e Regione Lombardia, il museo si propone di spiegare cos´è il design Italiano. Costato 12. 710. 000 euro, 2 dei quali stanziati da Regione Lombardia, è stato inaugurato il 6 dicembre 2007 dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano e dal presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni. Il nuovo allestimento, che resterà in esposizione per circa un anno secondo la formula "temporanea" scelta dal museo per far ruotare sia gli oggetti del Made in Italy si la loro interpretazione, illustra il panorama contemporaneo del design italiano che, dalla ricerca sperimentale, arriva ai mercati di massa, usando allo stesso tempo materiali artigianali e tecnologie avanzate, "start up" e grandi imprese globalizzate. Il titolo "Serie Fuori Serie" indica proprio gli estremi di un circuito dinamico dove la produzione industriale riceve energia dalla sperimentazione più avanzata e autonoma della ricerca indipendente e, viceversa, quest´ultima si alimenta in un contesto produttivo che prevede anche il prototipo fuori serie e il pezzo unico. Quattro le macroaree tematiche in cui si articola il percorso: Grande serie, Piccola serie, Sperimentazione e Fuori Serie. Formigoni, inaugurandone la prima edizione, aveva sottolineato che "design nel mondo vuol dire Milano e Lombardia: una ricchezza che la Regione è impegnata a promuovere puntando sul disegno industriale come leva dello sviluppo e come frutto di quella cultura di progetto capace di sintetizzare estetica e funzionalità. Il design è capacità di progettare utilizzando al meglio la creatività e ponendo la tecnologia al servizio della qualità della vita". Il nuovo progetto di allestimento accoglie una galleria permanente (Creativeset) dedicata alle mostre contemporanee, e un ciclo di mostre fotografiche dedicate a sei designer contemporanei e la mostra "Oggetti Sonori" che, attraverso un allestimento multimediale, esplora la dimensione sonora degli oggetti e il ruolo esclusivo dei suoni nell´identificazione di prodotti e marche. . |
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ETERNITÀ IL TEMPO DELL’IMMAGINE FOTOGRAFIA EUROPEA – REGGIO EMILIA, 30 APRILE/3 MAGGIO 2009) MOSTRE FINO AL 7 GIUGNO |
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Reggio Emilia, 23 marzo 2009 - È possibile catturare con uno scatto fotografico il cuore del tempo, fino a raggiungere e sfiorare l’eternità? Si riflette su questa e altre suggestive domande nella quarta edizione di Fotografia Europea, in programma dal 30 aprile al 7 giugno 2009 a Reggio Emilia. Curata dal critico d’arte Elio Grazioli e promossa dal Comune di Reggio Emilia, la rassegna internazionale ha come tema chiave proprio l’eternità. Un’eternità inseguita, raccontata e sognata attraverso un percorso sviluppato su un centinaio di spazi espositivi, con il contributo di grandi fotografi e critici del settore e l’intervento – nelle giornate inaugurali, da giovedì 30 aprile a domenica 3 maggio - di autorevoli ospiti provenienti dal mondo delle arti, delle scienze e della cultura. Le Giornate Inaugurali - L’apertura delle mostre è accompagnata - da giovedì 30 aprile a domenica 3 maggio – da un articolato calendario di eventi. Tra lectio magistralis, workshop, letture, proiezioni, incontri, spettacoli e concerti, Fotografia Europea 2009 riunisce autorevoli esponenti del panorama intellettuale e artistico nazionale e internazionale chiamati a ragionare sull’eternità e a raccontarla secondo le rispettive esperienze. In una conferenza, come quelle del germanista e critico letterario Claudio Magris, del critico d’arte Jean-christophe Bailly, del filosofo Remo Bodei e del genetista Edoardo Boncinelli; in una performance, come il Dj set di Benny Benassi nella storica Piazza San Prospero di Reggio Emilia, accompagnato dai video realizzati con materiali originali del fotografo americano Allan Tannenbaum; nei reading degli scrittori invitati Grazia Livi, Giorgio Rimondi e Beppe Sebaste; nella musica d’autore di Lucio Dalla, protagonista di un evento musicale dedicato all’amico Luigi Ghirri; nelle serate Photo Show, a cura di Laura Serani, in cui tra proiezioni, incontri e live music l’attualità fotografica proposta da alcune grandi agenzie internazionali e da collettivi di fotografi si accompagna a una serie di slide show selezionate per Fotografia Europea. Fitto di appuntamenti e declinato a 360 gradi, il programma è ulteriormente arricchito da letture portfolio, da una serie di workshop sui temi della fotografia, del video e della grafica in collaborazione con l’Università di Modena e Reggio Emilia e con Inside, e dai seminari sulla tutela e conservazione del patrimonio fotografico storico e contemporaneo, rivolti ad operatori culturali e studenti universitari e organizzati dalla Fototeca della Biblioteca Panizzi. Per i più giovani, da segnalare anche la mostra della fotografa e illustratrice Katy Couprie a cura della Cooperativa “Giannino Stoppani” di Bologna - che nelle giornate inaugurali si accompagnerà a numerose iniziative di animazione per bambini e ragazzi alle quali interverrà anche l’artista - e il progetto didattico Fotografare il tempo. Il tempo della trasformazione e il tempo del corpo, articolato in laboratori espressivi sul linguaggio della fotografia per bambini e ragazzi dai 3 ai 14 anni, elaborato da Reggio Children in collaborazione con i Musei Civici. Le Esposizioni - Omaggi, mostre personali, produzioni e progetti. Sono questi i quattro filoni in cui si articola l’offerta espositiva di Fotografia Europea, aperta fino a domenica 7 giugno 2009. Percorsi che hanno come sede istituzionale i luoghi d’arte e cultura più prestigiosi della città (Chiostri di San Domenico, Galleria Parmeggiani, Palazzo Casotti, Spazio Gerra, Sinagoga, Teatro Ariosto) e come spazio di approfondimento una rete informale di gallerie, bar, ristoranti, librerie, locali in modo da offrire ai visitatori la possibilità di immergersi nella profondità dell’immagine, grazie alle opere di maestri italiani e internazionali, per poi discuterne, confrontare pareri e opinioni, magari sfogliando un libro e sorseggiando un caffé. Omaggio a Josef Sudek - A un maestro indiscusso della fotografia europea del Xx secolo, il ceco Josef Sudek, è dedicata una retrospettiva – tra le prime in Italia – che permette di cogliere la magia di un artista che con la forza dello sguardo andò oltre alle limitazioni del corpo (ferito a un braccio durante la Prima Guerra, ne subì l’amputazione). Celebre per le sue “vedute di Praga”, Sudek non rispose mai alle regole del reportage o alle sirene della sperimentazione, soffermandosi invece sulla poesia di un’immagine ferma, sulla luce che illumina e cattura gli oggetti, sulla condensa che li cristallizza nel tempo (l’appannamento del vetro umido è una delle metafore più evidenti delle sue immagini). Le mostre personali - Quattro le mostre personali in programma a Fotografia Europea 2009. Franco Vimercati, Balthasar Burkhard, Joan Fontcuberta sono tre artisti che affrontano il dilemma dell’eternità secondo sensibilità e approcci diversi. Dagli oggetti di Vimercati, su fondo nero, estrapolati dal tempo cronologico e inseriti in un altro tempo, astratto, quasi metafisico; alla plasticità delle forme dei soggetti di Burkhard, che, traendo ispirazione dalla storia della fotografia e dai temi classici della pittura, elabora opere di grande formato in bianco e nero - ritratti, animali esotici a dimensioni reali, foreste vergini e città metropolitane fotografate dalla portiera aperta di un elicottero, cui si affiancano le eliografie realizzate all’Atelier di Saint-prex, Svizzera, e conservate al Cabinet Cantonal des Estampes del Musée Jenisch - che generano una tensione dialettica con gli spazi in cui vengono allestite. Sono i soggetti delle opere in mostra. Passando per le provocazioni neotecnologiche di Fontcuberta, semiologo e linguista oltre che fotografo, che propone i suoi lavori sull’immagine frammentaria e sull’utopia della presunta comunicazione enciclopedica di Internet. Al grande filosofo francese Jean Baudrillard, critico della società dei consumi e teorico del pensiero postmoderno scomparso nel 2007, è dedicato un evento d’eccezione: l’esposizione di oltre cinquanta scatti, accostati a una selezione di testi e a un video che illustrano la nozione di apparizione/sparizione quale elemento peculiare della sua poetica. Durante le giornate inaugurali alla mostra si accompagna uno spettacolo, curato dalla moglie Marine Baudrillard e dal filosofo e musicista Jean-paul Curnier. Le produzioni originali del festival - Secondo una formula ormai tradizionale, Fotografia Europea 2009 presenta tre produzioni di artisti europei, chiamati a offrire una personale interpretazione iconografica del tema chiave dell’edizione. La greca Maria Papadimitriou, scelta dalla critica d’arte Gabi Scardi per il suo forte impegno nell’arte pubblica, propone un progetto partecipato, sviluppato nell’arco di diversi mesi nella città e con la città; Elena Arzuffi, artista milanese, presentata da Daniele De Luigi, che si cimenta con una produzione dedicata al quartiere Gattaglio; gli svizzeri Goran Galić e Gian-reto Gredig, vincitori nel 2008 del concorso The Core of Industry, mostrano i risultati di una ricerca fotografica e video compiuta sull’intero territorio municipale sul tema dell’industria. Al termine della mostra tutte le opere verranno acquisite dal Comune di Reggio Emilia, andando ad arricchire il patrimonio artistico della città. I progetti - L’offerta espositiva della quarta edizione di Fotografia Europea è completata da una selezione di progetti speciali di ricerca fotografica. La magia della fotografia finale, sguardo d’addio e testamento prima dell’ultimo viaggio, è al centro di Fino all´inizio del mondo, installazione dedicata a Luigi Ghirri, in cui viene riproposta l’ultima immagine scattata dall’artista prima della prematura scomparsa nel 1992. A cura di Paola Borgonzoni Ghirri, l’installazione nell’antica Sinagoga è accompagnata da una riflessione sull’eternità e il tempo dell’immagine di Beppe Sebaste, scrittore e profondo conoscitore dell’opera di Ghirri. Clear Light, tributo collettivo alla figura del Dalai Lama, curato da Melina Mulas, Laura Serani e Giovanna Calvenzi, si basa invece su cinquanta scatti pensati come dono per la massima autorità spirituale buddhista per ricordare i cinquant’anni di esilio dal Tibet e firmati da altrettanti noti fotografi italiani. Ogni immagine rappresenta una tappa emblematica dell’evoluzione creativa degli artisti ed è accompagnata da un breve testo a motivazione della scelta. Se gli appartamenti comunitari di San Pietroburgo sono al centro di Kommunalka, il progetto che è valso alla fotoreporter Françoise Huguier il “Gran Prix de la ville de Arles 2008” e che viene riproposto a Reggio Emilia accompagnato da una rassegna cinematografica dedicata alla fotografa e regista francese, un altro appartamento – rappresentato e vivisezionato in scala 1:1 – è il protagonista di Stanze di Fabio Sandri. Nel lavoro - presentato assieme all’installazione video Costruzioni - l’artista gioca non solo con le immagini ma anche con i materiali e i metodi per catturarle (l’impressione delle stanze viene rilevata direttamente su carta fotosensibile, sulla quale vengono poi proiettati i filmati di Costruzioni). Completano la sezione gli sguardi sulla natura di Erminia De Luca, Marco Signorini e Luigi Menozzi (una natura interiore, umana, organica, per la prima; esterna, meravigliosa, sempre più distante da noi, per il secondo; indagata nei segni che evocano il divino messi in relazione con quelli lasciati dall’uomo che a loro volta rimandano al sacro, l’immutabile, l’eterno, per il terzo), le immagini sobrie, poetiche, quasi minimaliste di Riccardo Varini, una riflessione per immagini di Antonio Biasiucci sugli ex voto come sintesi ed essenza delle vicende umane, una selezione a cura di Adriana Polveroni di lavori su supporto fotografico di grande formato di Giuseppe Pietroniro accompagnati da un’installazione video e realizzati appositamente per lo Spazio Gerra, e i Graffiti Futuri di Ivano Bolondi, vere e proprie decontestualizzazioni dell’architettura, delle sue linee, dei suoi volumi. Www. Fotografiaeuropea. It . |
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