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VENERDI
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Notiziario Marketpress di
Venerdì 17 Giugno 2011 |
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MILANO (PALAZZO REALE) LA MOSTRA DI BOB KRIEGER, UN VIAGGIO TRA ARTE E FOTOGRAFIA . FINO AL’11 SETTEMBRE 2011
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Promossa da Comune di Milano-cultura e Palazzo Reale - in collaborazione con Imago Art Gallery di Londra, Habitare dei fratelli Boga, Leonardo International e Christies la mostra ripercorre la vita e il percorso artistico di un protagonista indiscusso della fotografia mondiale: dalla sua infanzia alle prime campagne di moda, con le immagini che in poco tempo hanno fatto il giro del mondo grazie ad Armani, Versace, Valentino, Krizia, Mila Schon. Dai ritratti - che hanno catturato gli sguardi dei pi famosi personaggi della politica, dello sport, della moda - allultima metamorfosi che vede le sue foto utilizzate come una tela per creare estrose opere darte contemporanea. Le molte fotografie in bianco e nero riportano alla cifra stilistica pi pronunciata di Krieger, quella storica del ritratto, mentre la nuova produzione unisce alla base fotografica la ricchezza di nuovi materiali (oro, vernici, resine, fili e strutture metalliche) creando opere che acquistano una dimensione tridimensionale e un ulteriore contenuto artistico che, come afferma lo stesso Krieger, si configura come unaggiunta dellanima alla stampa fotografica. Ingresso gratuito. Info: www.Comune.milano.it/palazzoreale - www.Bobkrieger.com |
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BOLZANO: PRESENTATA LA MOSTRA "ICH WOLKENSTEIN |
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L’appuntamento più importante della stagione espositiva del Museo storico-culturale di Castel Tirolo è rappresentato dalla mostra “Ich Wolkenstein” che sarà inaugurata il 8 luglio e rimarrà aperta sino al 27 novembre 2011. La mostra è stata presentata alla stampa a Palazzo Widmann nel corso di una conferenza stampa alla quale ha preso parte il presidente della Provincia, Luis Durnwalder, il direttore del Museo, Siegfried De Rachewiltz, la vice direttrice, Paula Mair, e l’archeologa Catrin Marzoli. Nell’ambito della mostra “Ich Wolkenstein” saranno esposti complessivamente 400 reperti provenienti da tutta Europa e legati alla vita ed alle opere di Oswald von Wolkenstein, un nobile terriero nato nella Contea del Tirolo intorno al 1377, al servizio di diversi principi per molti anni della sua vita, era uomo d’armi, diplomatico, pellegrino in Terra Santa, viaggiò attraverso gran parte del mondo allora conosciuto e, grazie ai suoi poliedrici talenti, divenne persino servitore, consigliere e Cavaliere dell’Imperatore del Sacro Romano Impero. Con sorprendente caparbia e in modo esemplare per la sua epoca, riuscì a conseguire i migliori traguardi nella gerarchia sociale, adottando astuti stratagemmi ed evidenziando una brillante intelligenza diplomatica. Nel corso della presentazione della mostra il presidente della Provincia, Luis Durnwalder, ha ringraziato la famiglia Wolkenstein per aver conservato nel corso dei secoli l’archivio e reperti storici così importanti per ricostruire le vicende della nostra terra. “La vita intensa di questo nobile battagliero meriterebbe di per sé una mostra” ha sottolineato il direttore del Museo di Castel Tirolo, Siegfried De Rachewiltz “ma l’esposizione sarà dedicata in particolare alle sue caratteristiche di poeta eloquente capace d’ambigui giochi di parole e compositore di eccellenti canzoni”. Il team che ha curato l’esposizione ha dedicato un particolare impegno nel rendere viva la figura di Oswald von Wolkenstein attraverso una lettura filologica dei preziosi oggetti esposti provenienti, tra l’altro, dal Germanisches Nationalmuseum di Norimberga, dalla Landesbibliothek di Innsbruck e dall’Historisches Museum di Ratisbona. La mostra prevede inoltre una serie di appuntamenti in borghi e castelli legati alla vita di Oswald von Wolkenstein come ad esempio castel Roncolo, Wolkenstein, Greifenstein, Trostburg, il convento di Novacella. Il presidente Durnwalder infine ha posto l’accento sul fatto che la mostra contribuirà a rafforzare Castel Tirolo nel suo ruolo di “Simbolo dell’unità tirolese e luogo dedicato alla storia e all’incontro con la cultura”. Informazioni: Provincia di Bolzano Castel Tirolo, via del Castello, 24 Tirolo, Tel: 0473 220221; Fax 0473 221132; E-mail: info@casteltirolo.It . Internet: www.Casteltirolo.it |
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MILANO (BOSCOLO EXEDRA MILANO: MIMMO ROTELLA. ORIGINALE MULTIPLO |
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Luogo naturalmente deputato all’arte e al design, il Boscolo Exedra Milano di corso Matteotti inaugura la seconda mostra d’arte realizzata grazie alla partnership con la galleria Bag Milano. In esclusiva per la vernice sono stati esposti due decollage originali su tela inediti provenienti da una collezione privata: Dirty ,a.1999; Spider,a. 2001. Saranno oggetto di mostra due Petit monument a Rotella ( a. 1961, a. 1982), le famose lattine di olio motore a cui è sostituita l’etichetta in un irriverente gioco di utilizzo di mezzi e materiali che diventano opera creativa . Il cinema è il grande protagonista, nella lounge del Boscolo, con i divi delle più grandi pellicole che Rotella ha fatto suoi, strappandoli e ascrivendoli ad un Olimpo vicino a quello della mitologia, dove i capricci e le passioni degli Dei sono terribilmente simili alle pulsioni umane, anche a quelle che osiamo solo immaginare. Fin da bambino Rotella vede i manifesti dei film, allora dipinti a mano sui muri di Catanzaro, e da lì comincia l’itinerario creativo dell’artista che lo porterà nel corso della vita a Roma e in America, dove le grandi officine delle star hanno sede. Lo strappo va oltre la materia e il lavoro finito include i contenuti dell’affiche, anche quelli minori ma conosciuti a tutti, rivissuti dall’artista come appropriazione dell’essenza delle sensazioni. I manifesti cinematografici sono dunque strappati e reinterpretati, sottolineati nei loro aspetti più disparati, a seconda dell’emozione che suscitano, e riproposti nella forma d’arte che ne esalta uno o più contenuti. Rotella nei frammenti dei film lacerati rompe l’intero per farlo a pezzi e ogni strappo è una sottrazione, una frazione che esalta un momento, un desiderio, un modo di vivere la vita mutuato da una storia, da una donna… Le donne. Amate, odiate, violate, possedute, una su tutte Marilyn, che in tante ripetizioni di soggetto resta sempre un unicum, musa e ossessione creativa dell’artista . Le dive del cinema incarnano i desideri dell’uomo e dell’artista ed ecco allora le vamp, le femme fatal e le dark lady che Rotella esalta e avvilisce, illumina e accende nelle sue opere. L’esposizione tratta gli originali multipli presenti nelle diverse tirature e formati realizzati dal maestro e i multipli, una serie prodotta su fogli timbrati a secco Fondazione Mimmo Rotella. Originale Multiplo è esattamente il prodotto dell’apparente divergenza etimologica delle parole. L’artista parte da un modello che, come per l’acquaforte, utilizza un piano di incisione. Al momento della stampa è possibile cambiare colori, supporti e materiali in modo che il risultato finale sia ottenere un pezzo sempre diverso dall’altro. Questa tecnica consente all’artista di ampliare il suo potenziale espressivo in relazione alle nuove tecnologie di stampa disponibili; il prodotto finale mantiene dunque logica e forma coerenti, ma è arricchito ogni volta di un contenuto differente che lo rende unico e di grande valore. L’abilità dell’artista che utilizza le nuove tecnologie legate alla stampa crea dunque opere sempre originali . L’opera d’arte realizzata con questa tecnica in continua evoluzione è l’essenza del concetto di Originale Multiplo. Questo evento fa parte di un ciclo di esposizioni legate all’arte e alla creatività che saranno presenti al Boscolo Exedra Milano nel corso dell’anno, grazie alla partnership recentemente siglata con Bag Milano che si occuperà della gestione degli stessi. Grazie a questa nuova esposizione di opere d’arte Boscolo Hotels, l’unica catena italiana di lusso nel mondo, riconferma il proprio ruolo di protagonista consolidato del panorama artistico contemporaneo. Bag Milano, per la realizzazione della mostra, ha collaborato con gli esperti di Art x Art (ex Galleria Manzoni) i quali hanno lavorato a stretto contatto con il maestro Rotella |
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GENOVA: IL GIURAMENTO PER L´ITALIA - 23 GIUGNO/3 SETTEMBRE
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"Il giuramento per l´Italia. Da Manzoni a Mazzini" è il titolo della mostra che l´Unità Tecnica di Missione per i 150 dell´Unità d´Italia e l´Istituto Mazziniano - Museo del Risorgimento propongono a Genova dal 23 giungo al 3 settembre 2011. Ad ospitarla è la Casa Natale di Giuseppe Mazzini, sede del Museo del Risorgimento - Istituto Mazziniano (via Lomellini 11) e a idearla e curarla sono Giuseppe Monsagrati, Paolo Peluffo, Raffaella Ponte, Anna Villari, in collaborazione con Pietro Finelli e la Domus mazziniana di Pisa. Arte, letteratura e musica, da sempre, hanno celebrato l´atto del giuramento. Nella varia dotazione simbolica di cui è ricca la cultura dell´Italia risorgimentale, il giuramento rappresenta un momento di grande solennità e sancisce in genere la promessa, stretta tra uguali, di restare uniti fino al conseguimento della libertà per tutti. Come patto di fedeltà ha una vasta gamma di precedenti, da quelli mitici (giuramento del Grütli, che nel 1291 lega in alleanza i tre cantoni che danno origine alla Confederazione elvetica) a quelli storici (giuramento di Pontida, 1167, con cui i Comuni lombardi si alleano contro l´imperatore). Poiché è la conclusione di un atto spontaneo e ha come obiettivo la conquista o la conservazione della libertà, il giuramento dei congiurati è ben diverso dal giuramento che si presta alla monarchia, il quale lega i sudditi a un sovrano assoluto (e come tale negatore della libertà) sulla base della semplice appartenenza al suo regno; il giuramento evocato nel Risorgimento, da Manzoni come da Berchet, affonda le sue radici nel Medio Evo e fa appello alla "antica virtù" che è quella dei liberi Comuni. Il giuramento che in Mazzini sancisce il vincolo dell´affiliato con la Giovine Italia, è invece una promessa che ha i suoi antecedenti ideali nella Roma repubblicana (J.-l. David, Giuramento degli Orazi) o nella Francia della grande Rivoluzione (1789, Giuramento della Pallacorda col quale i deputati dell´Assemblea si impegnano a restare uniti fino all´ottenimento di una nuova Costituzione). In Mazzini, in particolare, rappresenta il momento conclusivo della procedura di iniziazione al patriottismo e stabilisce tra quanti lo prestano un rapporto di fratellanza destinato a durare anche a costo della vita e finché non si sia creata la nazione: affiliarsi è una libera scelta, giurare comporta un vincolo inestinguibile di fedeltà. Di per sé il giuramento non crea la nazione ma, in quanto espressione di libertà collettiva, è il presupposto immancabile per la sua fondazione; è, in un certo senso, il momento di massima tensione morale verso l´assunzione di un obbligo che fa da collante per ciò che si vuole edificare. La mostra allestita all´Istituto Mazziniano sottolinea l´importanza di questo atto nella sua evidente natura di accordo fra individui liberi aventi come obiettivo quello di fondare la nazione su basi di una concordia civica non forzata. Così avvenne a Pontida, come è illustrato dall´opera rievocativa dipinta da Giuseppe Diotti nel 1837, concessa alla mostra genovese dalla Pinacoteca di Brera e dall´analogo di Giuseppe Mazza, proveniente dal milanese Museo della Scienza e della Tecnica, e restaurato grazie al finanziamento dell´Unità Tecnica di Missione in occasione della mostra. Accanto ad essi, disegni, incisioni, bozzetti, documenti. Ma la mostra si sofferma anche sui testi e sugli autori dei componimenti poetici o romanzeschi in cui la cerimonia del giuramento viene rappresentata, così come sul melodramma: nel 1837 viene messa in scena alla Scala un´opera di Saverio Mercadante, Il Giuramento, ispirata a un dramma di Victor Hugo, Angelo, tiranno di Padova, su cui si era soffermato qualche tempo prima il giovane Mazzini. Risalto, in mostra, hanno anche i testi del pensiero politico italiano in cui il giuramento viene presentato nei suoi caratteri antitirannici. Scriveva ad esempio Cattaneo, nel 1852, in un indirizzo agli svizzeri: ". I nostri padri non ebbero il senno dei vostri . Il loro giuramento in Pontida era obliato dal mondo, quando voi pronunciaste l´eterno patto del Grütli, quando voi scopriste su quella rupe la più bella gemma che Dio abbia donato alla terra: la gemma della semplice fraterna libertà". E Mazzini, nel 1831: "La nazione è l´universalità degli Italiani, affratellati in un patto e viventi sotto una legge comune". Info: Istituto Mazziniano - Museo del Risorgimento tel. 010 2465843 - biglietteriarisorgimento@comune.Genova.it - http://www.mazziniano.museidigenova.it/ - Orari apertura : dal mar al ven 9/19 e sab 10/19 |
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MILANO (TRIENNALE): SPERIMENTHAL DESIGN |
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A Milano, in Triennale, nello spazio Material Connexion, è in corso la mostra “Sperimenthal Design”, dove sono esposte fino al 26 giugno le creazioni di 6 Designer, selezionati all’interno del network Ied, che nel mese di maggio hanno realizzato 10 progetti di Design con l’intento di valorizzare l’iconicità della storica lattina di Simmenthal. Ied Centro Ricerche ha coordinato il progetto nonché curato l’allestimento della mostra. Dodo Arslan, Andrea Castelletti, Gabriele Chiave in collaborazione con Alessandra Di Palma, Aureliano Fontana e Mirko Ginepro hanno dato vita a creazioni all’insegna del design che saranno esposte in Triennale dal 16 al 26 giugno, all’interno dello spazio Material Connexion . Senza mai perdere di vista i valori e la storicità della marca, i designer hanno liberato la loro creatività, proiettando Simmenthal in un nuovo universo per sorprendere piacevolmente un pubblico variegato per età ed estrazione. Dodo Arslan - Le piccole gioie quotidiane - Una tavola imbandita riproduce l’intimità domestica e familiare, dove campeggiano le scatolette Simmenthal, un tributo allo storico marchio e alla sua importanza nell’immaginario collettivo. - Gone to pixels - La celeberrima "mascottona" del logo Simmenthal viene reinterpretata, acquisendo così una terza dimensione. Utilizzando migliaia di scatolette, come fossero pixels tridimensionali, viene realizzato un «ready-made» che dalla distanza dia l’impressione di una rappresentazione grafica, mentre avvicinandosi svela la macro tessitura di lattine. Andrea Castelletti - Joie de vivre - La “Joie de vivre”come un abito che riassume i valori del brand, quali serenità, solarità, semplicità e gioia di vivere e li esprime in un’esplosione di colori e forme adattabili su diversi supporti. Gabriele Chiave con Alessandra Di Palma - “Haute Ordure” - Questo “ready made” reínterpreta il concetto di haute couture tramite il packaging Simmenthal, dando vita ad un paradosso: un oggetto realizzato con la cura e la ricercatezza dei dettagli tipica dell’artigianato di alto livello, realizzato con un materiale destinato ad essere gettato/riciclato. Aureliano Fontana – Futuro - Un grande orto, con piante germogliate all’interno delle confezioni di Simmenthal. Un modo simbolico per dare spazio al nuovo, qualcosa che cresce ed è proiettato verso il futuro: perché Simmenthal ha una lunga storia, ma conosce l’importanza di guardare avanti. – Identità - Gli ingredienti sono semplici: prodotti tipici che fanno parte della nostra identità e vengono tradizionalmente abbinati al consumo di Simmenthal, più le confezioni del prodotto formano una suggestiva installazione dedicata all’Italia e alla sua storia. – Simmenthel - Due grandi confezioni di Simmenthal diventano un giocoso telefono: un filo le unisce, così come Simmenthal, che unisce intere generazioni di italiani nelle loro abitudini. Mirko Ginepro – Simmenlap - Lampadario da sospensione, costituito da una semplice struttura circolare dalla quale scendono, a diverse altezze, bolle di luce in scatola. Le lampadine gonfiate dal calore della luce, come bolle di energia luminescente, mantengono in sospensione le tipiche lattine Simmenthal. – Seatenthal - Seduta e schienale costituiti da una unica struttura in legno di rovere e faggio curvato in pressa, gambe in metallo costituite da dieci lattine Simmenthal impilate. Le lattine inserite nella seduta e nello schienale hanno una funzione decorativa ma anche funzionale, contenendo dei piccoli cuscini rivestiti in tessuto. – Simmenbell - Campanello da bicicletta ricavato da una lattina da 90gr. Di Simmenthal. Una semplice pressione sul barattolo, produce il caratteristico verso dell´animale ritratto sulla lattina |
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AOSTA (MAR MUSEO ARCHEOLOGICO REGIONALE): IN VALLE D’AOSTA EIAPOPEIA - L’INFANZIA NELL’OPERA DI PAUL KLEE - 120 TESTIMONIANZE DELL’ARTISTA ESPOSTE INSIEME AI CORTOMETRAGGI DEI FRATELLI LUMIÈRE. PER L’OCCASIONE VIENE RICOSTRUITO IL TEATRO DELLE MARIONETTE REALIZZATO DA KLEE PER IL FIGLIO FELIX - 26 GIUGNO / 11 SETTEMBRE 2011
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Realizzata dall’Assessorato Istruzione e Cultura della Regione autonoma Valle d’Aosta in collaborazione con Zentrum Paul Klee, Berna, e Fondazione Antonio Mazzotta, Milano a cura di Alberto Fiz. Paul Klee sarà il grande protagonista dell’estate artistica aostana. Sabato 25 giugno alle ore 18, nella sede del Museo Archeologico Regionale di Aosta, s’inaugura Eiapopeia. L’infanzia nell’opera di Paul Klee, un progetto espositivo particolarmente innovativo, realizzato dall’Assessorato Istruzione e Cultura della Regione autonoma Valle d’Aosta in collaborazione con il Zentrum Paul Klee di Berna e la Fondazione Antonio Mazzotta di Milano, curato da Alberto Fiz. Per l‘occasione è stato costituito un comitato scientifico formato da eminenti studiosi italiani e stranieri quali Pietro Bellasi, Michael Baumgartner, Guido Magnaguagno, Gabriele Mazzotta e Juri Steiner. La rassegna, che rimarrà aperta sino all’11 settembre, propone un tema cruciale della poetica di Klee attraverso 120 opere tra dipinti, tecniche miste e disegni, di cui gran parte mai esposte prima d‘ora in Italia. L‘esposizione presenta una serie di testimonianze fondamentali provenienti dal Zentrum Paul Klee, la più importante istituzione dedicata all‘artista. È completata da un nucleo di opere gravitanti intorno alla Fondazione Mazzotta e ad amici collezionisti, che costituisce la parte italiana della mostra. Si tratta di un inserimento particolarmente significativo per documentare l’interesse che l’Italia ha mostrato verso uno dei maggiori artefici delle avanguardie. I lavori esposti si sviluppano dal 1883, quando Klee bambino realizza i suoi primi schizzi, sino al 1940, anno della sua scomparsa. Dopo l‘esposizione al Museo Archeologico Regionale di Aosta, unica tappa italiana, la rassegna approderà al Zentrum Paul Klee di Berna. Fatta eccezione per Jean Dubuffet, ben pochi altri artisti del Novecento hanno attribuito tanta importanza all‘arte dell‘infanzia come Paul Klee. Il suo interesse si manifesta spiccatamente a partire dal 1902 quando, all‘età di ventitré anni, riscopre casualmente i propri disegni d‘infanzia conservati nel solaio della casa di famiglia a Berna. In una lettera alla fidanzata Lily Stumpf definisce quei disegni che aveva realizzato fra i tra tre e i dieci anni come “la cosa più significativa fatta fino a quel momento“. Ben lontano dall‘evocare una presunta condizione di purezza o di innocenza, Klee considera l‘infanzia una fase primordiale in cui la rappresentazione non necessita di essere filtrata dalla componente razionale. In tal senso l‘immagine vuole essere un evento imprevedibile, non la rappresentazione di un modello programmato a priori. "I signori critici – scrive Klee – dicono spesso che i miei quadri assomigliano agli scarabocchi dei bambini. Potesse essere davvero così! I quadri che mio figlio Felix ha dipinto sono migliori dei miei." E ancora: “Vorrei essere come appena nato, ignorare i poeti e le mode, essere quasi primitivo.“ Fondamentalmente, il segno dell‘infanzia consente di andare oltre ogni forma di convenzione culturale per giungere a uno dei concetti base della sua ricerca: “L‘arte non ripete le cose visibili, ma rende visibile.“ Come scrive Alberto Fiz, “per Klee l‘infanzia non è una forma nostalgica di Eden perduto, bensì il luogo attraverso cui l‘arte tenta il suo imprevedibile processo di metamorfosi. La visione dell‘infanzia è legata a uno stato d‘immaginazione debordante che spesso si scontra con un universo dove le regole ferree imposte dall‘esterno procurano un senso di progressiva alienazione”. La mostra (nel titolo il termine “eiapopeia” evoca la ninna-nanna, ma anche la fantasia e la libertà espressiva) rappresenta un excursus sorprendente e originale, introdotto da un disegno eseguito da Klee all‘età di quattro anni, intitolato Bambin Gesù, e si conclude con una composizione del 1940, Uomo e albero, dove l‘artista, con piena consapevolezza, tende ancora verso forme elementari mantenendo intatta l‘ispirazione infantile. Ma sono molti gli aspetti dell‘opera di Klee proposti nella rassegna, dove l‘infanzia, come fonte di energia creativa, tocca differenti soggetti, in particolare maschere, figure, famiglie, ritratti, paesaggi, in una moltitudine infinita di forme realizzate talvolta con ironia e sarcasmo. È lo stesso Klee a descrivere un‘opera celebre come Bambola snodata del 1939, qui presente: “Una figura smembrata non ha bisogno d‘un punto d‘appoggio formale. Sta librata. Dove? Come? Una via d‘accesso qui ce la possiamo ricostruire con l‘immaginazione.” La mostra, inoltre, propone un tema di fondamentale importanza come quello degli angeli (per esempio, Angelo nel giardino dell‘infanzia del 1939, presente nella rassegna), che per Klee non sono né immortali, né divini: i suoi angeli hanno un corpo, sono imperfetti, ma nello stesso tempo appaiono come entità mediane. Sono raffigurati con sagome informi e infantili e disegnati come fossero bambini in base a un principio identificativo secondo cui l‘angelo e il bambino sanno scoprire i segreti nascosti delle cose e appaiono in continuo divenire. L‘esposizione aostana si distingue anche per una serie di letture trasversali, e in tale contesto si inseriscono le marionette realizzate da Klee per il figlio Felix tra il 1916 e il 1925. Si tratta di un mondo immaginario dove l‘artista realizza i propri personaggi utilizzando ogni tipo di materiale trovato per caso, da frammenti di abiti usati a gusci di noce, dal cartone alle prese elettriche: un‘infinita serie di assemblages che strizzano l‘occhio con ironia alle avanguardie storiche, siano esse Dada o il Bauhaus. Nell’ambito della rassegna si è realizzato un ambiente particolare con la ricostruzione del teatro delle marionette, a cura di Andrea Comotti e Barbara Laurora, basandosi sul modello creato da Klee. Il corpus pittorico e grafico è inserito in un percorso multimediale che propone proiezioni dei primi cortometraggi dei fratelli Lumière sull‘infanzia, in una relazione diretta con gli anni di formazione di Klee. In effetti la figura del bambino fa la sua prima apparizione nel cinema lo stesso giorno in cui esso nasce ufficialmente, cioè nella celebre serata del 28 dicembre 1895 organizzata dai fratelli Lumière a Parigi, al n. 14 di Boulevard des Capucines. In quell‘occasione veniva proiettato il film La merenda del bambino, in cui quest’ultimo viene mostrato come una sorta di fenomeno da osservare per il divertimento degli adulti. Auguste e Louis Lumière e l‘opera di Klee hanno in comune la necessità di entrare in relazione diretta con il mondo, e non è un caso che l‘artista svizzero inserisca l‘elemento temporale all‘interno delle sue opere relazionandosi direttamente con il cinema. Tutto viene filtrato dall‘azione, e Klee, nel 1906, sembra evocare talune sequenze dei primi cortometraggi: “Ci sono due povere bambine che si trastullano con le bambole. Niente filosofia, niente letteratura, soltanto linee e forme.“ La rassegna è accompagnata da un catalogo in italiano e in francese, edito da Mazzotta, in cui sono riprodotte tutte le opere in mostra, accompagnate da saggi di Michael Baumgartner, Pietro Bellasi, Alberto Fiz, Osamu Okuda, Juri Steiner. Info: www.Regione.vda.it |
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SOLIGHETTO DI PIEVE DI SOLIGO (VILLA BRANDOLINI): ESTATE FOTOGRAFIA 2011- FINO AL 28 AGOSTO
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Per iniziativa della Fondazione Francesco Fabbri, Villa Brandolini a Solighetto di Pieve di Soligo, nel cuore delle colline trevigiane del prosecco, diventa polo nazionale estivo della fotografia. Dal 12 giugno al 28 agosto, la grande dimora settecentesca, l´ampia serra e altri storici ambienti ospitano tre importanti rassegne fotografiche, accompagnate da un notevole programma di iniziative collaterali: incontri, proiezioni, spettacoli, concerti. Il progetto è curato da Carlo Sala e si avvale della collaborazione del Comune di Pieve di Soligo. Il progetto è patrocinato da Provincia di Treviso e Regione del Veneto che lo hanno inserito nel circuito di manifestazioni regionali Reteventi Cultura Veneto. Fulcro di "Estate Fotografia 2011" è la mostra "Corrispondenze elettive" di Paul Strand e Walter Rosenblum, cui si accompagna una monografica sul "Pittorialismo italiano. Le collezioni del Fast" e "Chernobyl. L´eredità nascosta", personale di Pierpaolo Mittica, che di Rosenblum è stato allievo. Paul Strand e Walter Rosenblum sono qui messi a confronto nelle loro "Corrispondenze elettive". Complessivamente sono 74 le immagini proposte (alcune esposte per la prima volta), realizzate in un arco di tempo che scorre tra le due guerre ed oltre (1915 - 1959). La mostra è curata da Enrica Viganò e Carlo Sala. Gli scatti di Strand irruppero in un ambiente, quello americano d´inizio Novecento, ancora dominato da autori che cercavano di imitare il dato pittorico tramite scatti sfuocati, mistificati e lavorati secondo le idee del Pittorialismo. Strand è fautore della "fotografia diretta", documento della realtà, secondo canoni modernisti, con tagli prospettici e inquadrature originalissime. Nella mostra di Pieve di Soligo, immagini come la "Staccionata bianca" o "Dal viadotto" sorprendono per rigore e per l´uso della luce a modellare le forme. Immagini che pur tendenti ad una oggettività di base, la superano e assumono una dimensione nuova, modulazioni tonali, costruzioni visive che vogliono "essenzializzare" oggetti ed edifici, senza però negare il rapporto diretto con essi. Un interesse per i luoghi che compongono questo "nuovo mondo" che sono gli Stati Uniti, carichi di stimoli e visioni. In mostra, oltre alle foto americane, risultano particolarmente intense quelle realizzate in Italia. Paul Strand le scatta nell´immediato dopoguerra a Luzzara, vicino Reggio Emilia, in occasione della realizzazione del libro "Un paese", ideato con Cesare Zavattini. Di queste immagini colpiscono particolarmente i ritratti delle famiglie locali con i volti segnati; umili lineamenti di un´Italia degli anni Cinquanta che non esiste più. Molto suggestivi sono poi i ritratti creati in Francia o le foto ambientate nei bianchi villaggi del Messico. Accanto a Paul Strand, Walter Rosenblum, il maestro e l´allievo, due degli sguardi fotografici più importanti nella storia della fotografia del Novecento. Walter Rosenblum aveva solo 17 anni quando incontrò Paul Strand nella famosa Associazione americana Photo League e i due, dagli anni ´50 in poi, decisero di seguire insieme un tratto del proprio cammino, che si intensificò quando Strand si trasferì in Francia nel 1950 e tra loro iniziò la lunga e famosa corrispondenza protratta per i successivi 25 anni. Il loro era un rapporto che passava attraverso consigli sulla tecnica fotografica ed i materiali, sulla ricerca, ma soprattutto sulla vita stessa, terreno d´esperienza e d´ispirazione profonda. Nella mostra, insieme alle opere fotografiche più famose, si ammirano per la prima volta immagini vintage, alcune delle quali sino ad ora inedite, compresa l´ultima fotografia scattata da Paul Strand e realizzata con l´aiuto di Walter Rosenblum. Negli ultimi anni della sua vita, infatti, Strand divenne praticamente cieco e così, dirigendo la mano e l´occhio di Walter Rosenblum, costruì la sua fotografia e la scattò. Rosenblum ci mostra l´immagine di un´America di strada, fatta di frammenti quotidiani. Particolarmente suggestive le immagini di New York con i bambini che si divertono spensierati nel Bronx, come la bellissima "Il gioco del mondo". Ma anche frammenti della grande storia, come lo sbarco in Normandia nella seconda guerra mondiale, le immagini dei rifugiati o dei barellieri al fronte. La doppia mostra è accompagnata da un catalogo edito da Admira Edizioni, a cura di Enrica Viganò, con testi di Naomi Rosenblum e Carlo Sala. In contemporanea alla mostra di Strand e Rosenblum saranno presenti in villa altri due eventi che completeranno l´offerta espositiva. La mostra "Il Pittorialismo italiano. Le collezioni del Fast", dedicata al movimento che precedette le idee sulla modernità fotografica, a fungere da prologo ideale alla mostra americana. Opere di sicuro fascino, come le "scene settecentesche" in cui Guido Rey crea delle immagini vestendo i suoi modelli secondo le mode di altri periodi storici, per citare le grandi opere della storia della pittura occidentale. Oppure le immagini di Vittorio Sella, con le sue celebri visioni della montagna, paesaggi rarefatti che portano ad un senso del sublime. Nelle serre della Villa sarà ospitata invece una mostra personale del contemporaneo Pierpaolo Mittica, allievo di Walter Rosenblum. In esposizione una serie di trenta scatti controversi e di sicura attualità, intitolati "Chernobyl. L´eredità nascosta". Una testimonianza toccante di uno dei grandi disastri della nostra epoca, raccontato senza la volontà di spettacolarizzare la tragedia. Lavori densi di poesia, che mostrano un territorio profondamente mutato e violentato, fatto di silenzio e solitudine, di oggetti che sono i simulacri di una vita passata. Entrambe le mostre sono curate da Carlo Sala. Villa Brandolini Estate Fotografia 2011 "Paul Strand - Walter Rosenblum. Corrispondeze elettive"; "Il pittorialismo italiano. Le collezioni del Fast"; Pierpaolo Mittica "Chernobyl L´eredità nascosta" Villa Brandolini, Solighetto di Pieve di Soligo (Treviso), 12 giugno - 28 agosto 2011. Evento promosso dalla Fondazione Francesco Fabbri con la collaborazione del Comune di Pieve di Soligo. In collaborazione con: Admira, Milano; Rosenblum Family, New York; Fast; Fondazione Giuseppe Mazzotti. Rassegna inserita in Reteventi Cultura Veneto con il patrocinio di Provincia di Treviso e Regione del Veneto. Riconoscimento Fiaf. Orari di apertura: giovedì, venerdì e sabato 16 - 20, domenica e festivi 10 -12 e 16 - 20. Ingresso: Intero euro 5,00. Ridotto euro 3,00 dai 18 ai 25 anni; over 65; studenti universitari; aderenti Fiaf; gruppi di almeno 15 persone. Gratuito minori di 18; portatori di handicap con accompagnatore; giornalisti con tesserino. Info: tel. +39 334 9677948 - eventi@fondazionefrancescofabbri.It - www.Fondazionefrancescofabbri.it . Pacchetti turistici e convenzioni con strutture alberghiere realizzati in collaborazione con Golf & Leisure by Discovering Veneto - tel. +39 (0)423 538275 - fax +39 0423 939567 - info@discoveringveneto.Com - www.Discoveringveneto.com |
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MILANO (MUSEO DEL RISORGIMENTO): UNA MOSTRA RACCONTA LA STORIA DELLO SPORT FEMMINILE ITALIANO DALL’UNITA’ A OGGI - FINO AL 25 SETTEMBRE - INGRESSO GRATUITO
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Novella Calligaris, Manuela Di Centa, Lea Pericoli, Valentina Vezzali, Fiona May, Stefania Belmondo, Stefania Bianchini, Mabel Bocchi, Carolina Morace: sono solo alcune delle campionesse italiane presenti per immagini storiche nella mostra Donna sport 1861-2011, da oggi aperta al pubblico, con ingresso gratuito, a Palazzo Moriggia, sede del Museo del Risorgimento. Il percorso espositivo racconta attraverso immagini depoca, articoli e riproduzioni storiche, memorabilia e sezioni monografiche - levoluzione del ruolo femminile nello sport, dalla nascita dello Stato italiano fino ai nostri giorni. La mostra, curata da Maria Canella e Sergio Giuntini, si articola su due piani del Museo del Risorgimento, per un totale di 65 grandi pannelli (1x2 metri) dedicati alle pioniere dello sport in Italia, alle stelle dello sport italiano e alle varie discipline sportive (dallatletica leggera alla vela), con testi di poeti e romanzieri che hanno parlato di donne di sport. La rassegna arricchita da video, filmati, audio, fotografie, riproduzioni multimediali e da unesposizione di opere di 13 giovani artisti. Levento fa parte del ciclo Storie di donne. Immagine femminile e identit nazionale realizzato in occasione del 150 dellUnit dItalia. Promossa dalla Fondazione Cannav, di concerto con Rcs Mediagroup e la Fondazione Corriere della Sera, liniziativa si svolge in collaborazione con le Raccolte Storiche del Comune di Milano e con la Civica Raccolta di Stampe Achille Bertarelli. Ingresso gratuito |
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UDINE: (PALAZZO MORPURGO): LE ARCHITETTURE DI MART STAM – FINO AL 3 LUGLIO |
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Allestita prima allo Iav di Venezia e poi al Palazzo delle Arti di Napoli, approda ora anche a Udine, fino al 3 luglio, la mostra “Architetture di Mart Stam 1924-1933”, architetto olandese tra i più emblematici protagonisti del Novecento. L’esposizione, che verrà inaugurata domani, venerdì 10 giugno alle 18 alle Gallerie del Progetto a palazzo Morpurgo, viene presentata nel capoluogo friulano grazie all’ordine degli Architetti della provincia di Udine e ai Civici Musei del Comune di Udine ed è curata da Armando Dal Fabbro e prodotta dalla Università Iuav di Venezia e dalla Münster School of Architecture. L’opera di Mart Stam sembra stabilire un rapporto “etico” con il reale, nel tentativo di coniugare l’architettura con la peculiare condizione umana dettata dalla grande stagione della modernità. Stam seppe infatti guardare all’evoluzione delle tecniche e dell’industria delle costruzioni interpretando i bisogni collettivi, ponendo attenzione alle responsabilità sociali dell’architetto e alle conseguenze pratiche del suo operare. Nel 1997 la Münster School of Architecture si fece promotrice di una iniziativa culturale che mirava a salvare dalla demolizione una delle più importanti opere realizzate da Mart Stam, la residenza per anziani della Fondazione Henry e Emma Budge a Francoforte. Venne indetto un concorso per studenti ed organizzata una mostra al Deutsches Architekturmuseum di Francoforte. In occasione dell’evento furono realizzati dagli studenti della Msa undici modelli, relativi a otto progetti, alcuni dei quali costruiti, elaborati fra il 1924 e il 1933 dall’architetto olandese. Lo sforzo culturale fu fortunatamente ben accolto, e l’edificio alla fine fu salvato dalla demolizione e restaurato. Nel 2009 un gruppo di ricerca coordinato dal professor Armando Dal Fabbro dell’Università Iuav di Venezia ha ripreso il lavoro iniziato dall’Università di Münster, elaborando per gli otto progetti, di cui esistevano già i modelli, i ridisegni e le analisi interpretative con l’intento di portare l’attenzione sulla figura di Stam attraverso una rilettura in chiave didattica e scientifica della sua esperienza. Il lavoro di ricerca ha avuto come esito finale la realizzazione del libro “Architetture di Mars Stam 1924-1933. Disegni modelli interpretazioni” a cura di Armando Dal Fabbro e di Patrizio Martinelli, e di una mostra itinerante che raccoglie i modelli, i ridisegni e le analisi grafiche e che sarà ora visitabile anche a Udine. In occasione dell’inaugurazione, nel salone d’onore di Palazzo Morpurgo, si terrà una conferenza alla quale tra gli altri parteciperà anche lo stesso Dal Fabbro. La mostra come detto sarà visitabile, con ingresso gratuito, fino al 3 luglio dal martedì al venerdì dalle 15 alle 18 (dalle 9.30 alle 12.30 solo su prenotazione) e il sabato e la domenica dalle 10.30 alle 19. Per informazioni: Puntoinforma 0432 414717 |
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VICENZA (PALAZZO BARBAN): CARLO SCARPA. UNO SGUARDO CONTEMPORANEO – 17 GIUGNO/18 SETTEMBRE 2011
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Dal 17 giugno al 18 settembre 2011 saranno in mostra a Palazzo Barbaran, sede del Cisa Palladio, le opere finaliste del primo Concorso fotografico "Carlo Scarpa: uno sguardo contemporaneo" bandito dalla Regione del Veneto e dal Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio, in collaborazione con Maxxi Architettura. Ad essere esposte saranno le immagini degli 11 finalisti che la Giuria ha scelto tra i 177 giovani fotografi italiani che si sono iscritti al concorso fotografico a tema scarpiano. Nel pomeriggio del 16 giugno, nel corso della cerimonia inaugurale della Mostra, verranno proclamati i tre vincitori del concorso. La Commissione giudicatrice del Concorso è presieduta da Roberta Valtorta (Museo di Fotografia Contemporanea, Cinisello Balsamo), è composta da storici dell´architettura (Guido Beltramini, Cisa Andrea Palladio, Vicenza) e dell´arte (Stefania Portinari, Università Cà Foscari, Venezia), un esperto in comunicazione (Maria Teresa Cerretelli, giornalista e photo editor di "Class"), un fotografo professionista (Alessandra Chemollo), gestori di archivi fotografici (Francesca Fabiani, Maxxi Architettura, Roma; Elisabetta Michelato, Cisa Andrea Palladio, Vicenza), un dirigente della Regione del Veneto (Maria Teresa De Gregorio, dirigente regionale Attività Culturali e Spettacolo). Il risultato è stato decisamente superiore alle aspettative: si sono iscritte al concorso (aperto dal 1° marzo all´8 maggio 2011) 177 persone. Esclusi coloro che non rientravano nei requisiti del bando, la giuria si è trovata infine a valutare i lavori di 119 fotografi, selezionando fra questi undici finalisti. I giovani fotografi hanno potuto scegliere fra dodici opere di Carlo Scarpa e quelle più fotografate sono state il complesso monumentale Brion a San Vito di Altivole (Treviso) e il Museo di Castelvecchio a Verona, di seguito il sito monumentale dedicato alla Partigiana con casa Gallo a Vicenza; il monumento in ricordo delle vittime di piazza della Loggia a Brescia, la facciata del negozio Gavina a Bologna. "Sono particolarmente soddisfatta dell´esito del concorso perché ha coinvolto una nuova generazione di giovani - osserva Amalia Sartori, presidente del Cisa Andrea Palladio - che erano appena nati, o quasi, alla morte di Carlo Scarpa nel 1978. Essi si sono avvicinati alla sua opera con entusiasmo e passione e credo che ciò sia il miglior risultato che potevamo aspettarci". Pienamente soddisfatto anche l´obiettivo a lungo termine dell´iniziativa di incrementare le collezioni della Fototeca Carlo Scarpa con nuovi sguardi tutti già disponibili all´utenza web nel sito del Concorso, ovvero: http://concorsofotografico.Cisapalladio.org/partecipanti.php Per informazioni: Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio contrà Porti 11, 36100 Vicenza, tel. 0444323014, fax 0444322869 concorsofotografico@cisapalladio.Org http://concorsofotografico.Cisapalladio.org |
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TORINO (PALAZZO MEDIEVALE): NUOVO GIARDINO HORTUS • VIRIDARIUM • IARDINUM DOMINI - 4 LUGLIO 2011 |
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La sistemazione degli spazi del fossato e la conseguente creazione di un Giardino Medievale costituisce una delle grandi novità di Palazzo Madama per il 2011. Il progetto, realizzato grazie al significativo contributo di 1 milione e 100 mila euro della Fondazione Crt nell’ambito del più ampio progetto “Giardini e Parchi Storici”, nasce dall’intento di sfruttare le grandi potenzialità di uno spazio a cui, dalla riapertura di Palazzo Madama, non era stata ancora destinata una specifica connotazione. La Fondazione Crt è il principale finanziatore privato del grande progetto di restauro, recupero e valorizzazione dello storico edificio, cui ha destinato complessivamente quasi 15 milioni di euro in interventi strutturali e attività museali. Le prime notizie sul giardino del castello di Torino risalgono al 1402, con i documenti che registrano le spese per l’ingrandimento dell’edificio durante il governo di Ludovico principe d’Acaia (1402-1418), che dedicano molto spazio alle Opera viridaria (arredo verde). Le fonti che citano il giardino sono i Conti della Vicaria e Clavaria di Torino, i registri in cui il clavario della città - che nel Medioevo amministrava la città per conto dei principi d’Acaia e poi dei duchi di Savoia - annotava le spese sostenute via via per la manutenzione del castello e delle fortificazioni cittadine. I Conti esaminati, conservati presso l’Archivio di Stato di Torino (Sezioni Riunite), abbracciano un arco cronologico dal 1402 al 1516. Il nuovo progetto del giardino ha seguito le indicazioni contenute in questi documenti medievali, rispettando la tradizionale suddivisione dello spazio in hortus (orto), viridarium (bosco e frutteto) e iardinum domini (giardino del principe) come anche la presenza degli arredi tradizionali (falconara, porcilaia, recinto delle galline). Nel nuovo spazio è prevista la messa a coltura delle piante e delle specie vegetali citate nelle carte antiche e, accanto a queste, verranno inserite anche piante e erbe non specificatamente descritte nelle fonti, ma certamente presenti nei giardini medievali tra Italia e Francia, in base alle indicazioni fornite dai trattati di agricoltura e piante medicinali del Xiv e Xv secolo. L’orto (hortus) Organizzato secondo uno schema a scacchiera formato da aiuole rettangolari, l’orto è uno spazio particolare, frequentato dal principe durante le sue passeggiate all’ombra dei peri e dei meli, e dai giardinieri del castello, che curavano le piante necessarie a rifornire regolarmente le cucine di legumi, ortaggi, aromi e erbe medicinali. La recinzione serviva per impedire l’ingresso degli animali. Il Bosco e Frutteto (viridarium) Dal latino “viridis” (verdeggiante), è un boschetto con piante ad alto fusto, spesso posto fuori dalle mura del castello, in un’area in cui trovano posto la porcilaia, la falconara, la colombaia e i mulini. A Torino era molto vasto e arrivava a impegnare contemporaneamente anche cinquanta giardinieri. Oltre a castagni, noci, salici, pruni, sorbi, ciliegi, ulivi e palme - tutti citati nei documenti antichi - una parte di questo spazio era occupata dalla vigna del principe, che produceva il vino per la mensa del castello. Il Giardino del principe (iardinum domini) Spazio privato dei principi, per la lettura, la conversazione, il riposo e il gioco. Nel medioevo si trovava sul limite meridionale della città, vicino alla cinta muraria e alla Porta Fibellona; era chiuso da mura costeggiate da cespugli di more, lastricato in pietra e presentava un pergolato di vite. Il suo aspetto doveva essere molto simile a quello tramandatoci da tappezzerie e miniature del Quattrocento: circondato da un fitto prato “millefleurs”, presentava come arredi fissi la fontana, ricca di rimandi alla letteratura cortese dell’epoca, sedili in laterizio rivestiti d’erba e una serie di vasi in maiolica decorata con piante profumate come lavanda, salvia, maggiorana. La principessa d’Acaia Bona di Savoia teneva in questa parte del giardino una gabbia di pappagalli. Il nuovo “Giardino del Castello” si presta a molteplici usi socio-didattici. Esso rappresenta per Palazzo Madama una grande opportunità di sviluppo e di ampliamento dell’offerta-museo, sia per i percorsi, sia per la possibilità di indirizzare le politiche educative verso nuovi temi legati all’ecologia della città, all’importanza delle aree verdi nella vita delle comunità, alla loro storia e ai problemi della loro tutela di oggi. La ricostruzione del giardino medievale consentirà l’approccio a specie vegetali ormai marginali, recuperando il senso e il valore della bio-diversità, favorendo e promuovendo progetti in collaborazione con altre istituzioni cittadine. Inoltre la disponibilità di un nuovo spazio organizzato all’aperto consentirà di potenziare le offerte dei programmi di Palazzo Madama, rendendolo disponibile, nella primavera e nell’estate, anche per manifestazioni e celebrazioni a carattere pubblico e privato. In ultimo, l’ampia area davanti alla Prefettura potrà ospitare nuove attività educative legate ai temi dell’ambiente e della vita medievale. Www.palazzomadamatorino.it e www.Fondazionetorinomusei.it |
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MILANO (MUSEO POLDI PEZZOLI): LA NUOVA FAMILY MAP
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Cosa fare nelle lunghe giornate d’estate? Visitare il Museo Poldi Pezzoli con i bambini. Dal 21 giugno al 21 settembre 2011, oltre alle audio-guide gratuite, è possibile trovare la nuova mappa ideata apposta per i piccoli visitatori. La Family map, la mappa per la famiglia, condurrà alla scoperta di otto oggetti curiosi: ciascuno nasconde un piccolo segreto sul materiale, l’uso o la lavorazione. Si potrà leggere la scheda illustrata insieme ai più piccoli, oppure chiedere ai più grandi di diventare guide. Il percorso, rivolto ai bambini dai 5 ai 10 anni, si svolge nelle sale al primo piano del Museo, tra mobili, gioielli e orologi. Inoltre, è possibile acquistare la guida del Museo dedicata ai piccoli: “Poldo il piccolo fantasma” (5 euro). Informazioni: Family map: dal 21 giugno al 21 settembre 2011, dalle 10 alle 18, tutti i giorni tranne il martedì. Ingresso gratuito per i bambini fino ai 10 anni. Info: Museo Poldi Pezzoli - Via Manzoni 12, Milano - www.Museopoldipezzoli.it |
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ROMA (CHIOSTRO DEL BRAMANTE): L´ENTITÀ INCOMBENTI DI ARMODIO - DAL 2 AL 31 LUGLIO |
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L´evento, promosso con la collaborazione della Casa d´Arte San Lorenzo, ha il sapore di un ritorno dato che è stato proprio a Roma, nel lontano 1964, che l´allora giovanissimo artista piacentino ebbe la sua prima, vera consacrazione, con la mostra all´Obelisco. E´ qui che venne scoperto da Lily Shepley che lo propose, con successo, negli Stati Uniti, aprendogli una carriera internazionale che lo ha portato, da protagonista, dopo gli States, a Londra, Bruxelles e a Parigi. Molto presente in questi Paesi, in Italia le sue mostre sono invece piuttosto rare e è anche per questo che l´esposizione romana si configura come un vero evento. A curarla è Giovanni Faccenda. Nel catalogo edito dalla Giorgio Mondadori, l´artista sarà presentato, oltre che dal curatore, dal Antonio Paolucci che di Armodio è da sempre attento estimatore. Il volume riporterà anche una selezione di interventi di critici italiani, da Giorgio Soavi a Vittorio Sgarbi, che di Armodio si sono più volte occupati con competenza e passione. "Bisogna tornare all´Arcimboldo e alla Wunderkammer di Ambrasz per intendere il genio di Armodio. Un artista che si inventa universi paralleli costruiti però con i sapori e i colori di questo mondo e che li immagina popolati di gioiosi ironici enigmi" è l´opinione di Paolucci. "Armodio non è né surrealista né metafisico. La sua radice padana, la sua confidenza con la concreta sostanza delle cose non gli permettono di collocarsi sopra la realtà né sopra la natura. La sua pittura vuole dimostrarci che sono natura e sono realtà anche i significati reconditi che abitano le cose. Sono realtà i sogni, i fantasmi, le memorie che si depositano sul vero visibile". Armodio si potrebbe definire pittore di nature morte, un sublime Chardin di oggi. Nelle sue stanze profondamente enigmatiche, abitano oggetti, che sono, in realtà, soggetti di una rappresentazione immaginaria, continuamente suscitata da un´arcana vocazione animistica. Scarpe, libri, caffettiere e quant´altro concerne una intimità domestica, che indovini soprattutto memoriale, accendono di palpitazioni l´atmosfera, potentemente evocativa, nella quale albeggiano letture, storie, ricordi, naturalmente rivisitati con un´ermetica impronta personale. "Gli ingredienti prediletti da Armodio sono la luce, il silenzio, la polvere, quell´odore antiquato di muffa che i libri esalano ogni volta che li recuperi dai loro scaffali, quando cominci a svoltarne lentamente le pagine, pensando con curiosità alle mani che avevano compiuto quel gesto semplice prima delle tue. Cos´è rimasto di loro, di quelle mani, sulla carta ingiallita dagli anni e dall´umidità? Forse un impercettibile soffio vitale resiste laddove compare una piccola piega o una segnatura a matita inattesa come un´emozione?", scrive Giovanni Faccenda. Colui che Sgarbi ha definito «il pittore senza errori», è anche uno dei più ispirati e virtuosi, in un ambito, evidentemente, non solo italiano. "La sua è una aristocrazia del segno, che ricorda da vicino la sontuosa eleganza del tratto morandiano, e che vive di molteplici suggestioni: dall´umile presenza di una lampada ad olio che rischiara le tenebre mentre il maestro appunta un´idea appena sorta nel cuore della notte, al nitido ricamo della luce intorno a cose che sembrano dimenticate tra i ricordi e la polvere di un antiquato scaffale. L´aura di raccoglimento che avvolge queste sibilline entità si arricchisce - annota ancora Giovanni Faccenda - di una suggestione: il bagliore adamantino che hanno le cose rivelate. Cose che non sono cose, ma presenze, vive, salutari, significanti, riaffiorate come per magia da un cosmo incombente, nel quale Armodio si addentra come un moderno Diogene, non più interessato agli uomini e al loro destino, ma all´anima nascosta di esistenze segrete e invisibili. Perchè aveva ragione Morandi: si può dipingere tutto, basta soltanto saperlo vedere". Armodio, all´anagrafe Vilmore Schenardi, autore piacentino nasce il 4 ottobre 1938 e già dalla tenera infanzia è travolto da una intensissima pulsione artistica. A 13 anni incontra Luciano Spazzali, una delle prime persone che incoraggia attivamente la sua passione, invitandolo in un piccolo laboratorio di artisti locali, qui incontra Gustavo Foppiani, che diverrà per Armodio un valido promotore nonché un caro amico. Tra il 1951 ed il 1952 frequenta l´Istituto Gazzola di Piacenza, pur non riconoscendovi grande importanza. Ben altro peso avrà lo Studio Spazzali o Scuola di Piacenza (come la definirà il giornalista Gaetano Pantaleoni) dove il giovane artista apprende sempre nuove tecniche trovando una propria identità e creatività. Nel 1954 abbandona il laboratorio di Spazzali e si trasferisce con Foppiani in uno scantinato dove si concentra sulla pittura, successivamente, dopo aver cambiato studio, si unisce anche Carlo Berté. Grazie all´interessamento di Foppiani, nel 1964 Armodio espone alla Galleria Obelisco di Roma, dove incontra il favore del pubblico ma non un effettivo guadagno economico, che arriverà invece quando Lily Shepley riuscirà a vendere le sue opere negli Stati Uniti. Nel 1969 si reca a Londra dove viene a contatto con la pittura indiana, persiana e giapponese, delle quali apprezza soprattutto i colori e l´assenza di prospettiva. Nel 1972 espone con successo le sue opere a Bruxelles. La fama di Armodio lievita e, dopo un fruttuoso soggiorno a Parigi torna in Italia. Oggi Armodio vive e lavora a Piacenza. Armodio. Entità incombenti. Roma, Chiostro del Bramante (Arco della Pace, 5) , 2 - 31 luglio 2011. Orario: tutti i giorni dalle 10 alle 19, escluso i lunedì. Ingresso libero. Mostra a cura di Giovanni Faccenda. Catalogo edito dalla Giorgio Mondadori Editore, con introduzioni critiche di Giovanni Faccenda e Antonio Paolucci. Informazioni: www.Chiostrodelbramante.it www.Arte-sanlorenzo.it |
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FIRENZE (PALAZZO PITTI, GIARDINO DI BOBOLI, GIARDINO DELLE SCUDERIE REALI, COMPLESSO LE PAGLIERE): IN MOSTRA I GIGANTI TATUATI DI RABARAMA. – FINO AL 30 SETTEMBRE 2011
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Dopo una spettacolare serie di mostre di successo in Europa, Americhe, Cina e numerosi analoghi exploit in Italia, le monumentali sculture di Rabarama debuttano contemporaneamente alla Biennale di Venezia e in uno dei complessi più classici e visitati del capoluogo toscano. Due luoghi di particolare prestigio che rappresentano l’ennesima consacrazione dell’artista. L’opera Abban-dono in marmo bianco di Carrara, esposta da pochi giorni in laguna nel Padiglione Italia curato da Vittorio Sgarbi, è emblema e sintesi delle oltre 30 sculture raccolte nella mostra Anticonforme (10 giugno - 30 settembre), che l’artista ha inaugurato oggi a Firenze, evento preceduto sia da uno straordinario plebiscito popolare, sia da polemiche accesissime, come non se ne sentivano forse da decenni, in tema di estetica, valori e significati dell’arte contemporanea. Disseminata tra piazza Pitti, Giardino di Boboli, Scuderie Reali e complesso delle Pagliere, l’esposizione è curata da Luca Beatrice (ha diretto il Padiglione Italia alla Biennale del 2009) ed è organizzata da Vecchiato Art Galleries, uno dei più affermati operatori culturali italiani, celebre per il sodalizio con le maggiori firme degli ultimi 50 anni. In catalogo testi di Beatrice, Raffaele Morelli e George Bolge, rispettivamente direttore della rivista Riza psicosomatica e del Boca Raton Museum di Miami Se l’avventura creativa di Rabarama può dividere la critica con le sue policrome interpretazioni della figura umana (Body Art, Performance Art) intesa come vetrina di un ineluttabile Dna esistenziale, altrettanto certo è il favore del pubblico, che nella Public Art di questi ipnotizzanti androgeni tatuati trova istintivamente e ovunque immediati stupori e consonanze, insieme ai fili di quell’impellente dialogo interiore che l’uomo non cessa di avere con se stesso. Le sculture sono quasi tutte di gran formato. Alcune, per lo più in bronzo dipinto, appartengono a serie ormai celebri: da Co-stell-azione a Trans-calare, da Bozzolo a Trans-lettera, da Re-cinta a Ri-nascita. Altre, inedite, rappresentano invece l’ultima metamorfosi di una ricerca ormai ai confini della metafisica e sono soprattutto in bianco marmo di Carrara: la testa di Tadashii, le figure femminili di Alveoli e Lettere Implose, con alcuni oli su tela (Trans-iguana) ad appiattire l’alveare umano su due sole dimensioni. Di Rabarama ben si conoscono dettagli biografici e ascendenze artistico - culturali: il nome anagrafico Paola Epifani, la nascita a Roma nel 1969 da genitori artisti, il trasferimento giovanissima in Veneto, l’innato talento per la scultura rivelato fin da piccola, gli studi specifici e, dagli anni Novanta, la collaborazione con la padovana Galleria Vecchiato, grazie alla quale sviluppa una personale ricerca filosofico-estetica di stretta impronta determinista, sorretta da capacità tecniche del tutto non comuni ed esplicita fin dalla scelta della griffe. Rabarama, in sanscrito, significa appunto ‘segni divini’ o ‘segni della divinità’. Nel senso che la rete di geroglifici, geometrie, puzzle e lettering con cui l’artista tatua le sue figure asessuate, altro non sono che i misteriosi simboli delle regole primordiali in cui l’umanità è eternamente imprigionata. Rispecchiano, per altri versi, le combinazioni, varietà e labirinti mentali in cui si materializza la multiforme complessità dell’io. La scultura diventa body painting e viceversa, in una stessa, identica poesia, declinata con sensibilità tutta femminile. Nella cornice di Firenze il nuovo umanesimo di Rabarama sposa l’umanesimo del Rinascimento. Scrive Beatrice: “Derivando i suoi canoni formali dalla scultura ‘classica’ del Xx secolo, fatti risiedere nel romanticismo di Rodin fino alle forme più sintetiche di Marino Marini, Rabarama sceglie la figurazione per meditare un concettuale rivisitato alla luce della forma conclusa, il corpo modellato inteso come pelle su cui incidere le contraddizioni dell’uomo svuotato e omologato, in crisi con il suo stesso esistere, colui che abita l’universo contemporaneo…I corpi fisici diventano corpi d’arte. Rabarama costruisce un nuovo ponte tra perfomance e scultura, invadendo la seconda dei valori della prima”. Le Pagliere: viale Machiavelli 24. Orario: tutti i giorni 16,30 – 19,30. Ingresso: libero Giardino di Boboli: Orario 8,15 – 19,30. Ingresso: € 7; ridotto € 3,5. Giardino delle Scuderie Reali di Porta Romana: Orario: tutti i giorni 8 - 20. Ingresso: libero. |
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TIVOLI (SANTUARIO DI ERCOLE VINCITORE): “RINASCE” ANCHE GRAZIE ALLA REGIONE LAZIO
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“Il Lazio è un territorio che ha una storia che fa invidia a tutto il mondo, come amministratori abbiamo il dovere di conservare, valorizzare e trasferire questo straordinario patrimonio culturale”. Lo ha detto il presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, partecipando questa mattina al Ministero dei Beni Culturali alla presentazione delle iniziative in programma in occasione dell’inaugurazione di quello che è considerato uno dei più straordinari complessi archeologici monumentali d’Italia e che il prossimo il prossimo 25 giugno riaprirà anche grazie al contributo della Regione Lazio, potendo così tornare ad essere meta privilegiata dei percorsi turistici e culturali del territorio. La valorizzazione del Santuario di Ercole Vincitore rientra infatti nell’ambito dell’Accordo di programma quadro tra il Ministero dei Beni Culturali e la Regione Lazio, che per valorizzare l’area “sta rivendendo tutti i pacchetti turistici affinché chi arriva tenga conto dell’intero territorio regionale” ha spiegato Polverini nel corso della conferenza stampa a cui erano presenti anche il ministro dei Beni Culturali, Giancarlo Galan ed il sottosegretario ai Beni Culturali, Francesco Giro. Per evitare un “turismo mordi e fuggi” per Polverini “bisogna creare delle nuove motivazioni, un’alternativa a Roma, convincendo i turisti a raggiungere anche altre mete del territorio. Proprio per questo motivo la Regione ha finanziato la manifestazione ‘Festivai – Festival internazionale di Villa Adriana’, che prende il via domani, e che rappresenta un importante attrattore per questo territorio”. Il presidente Polverini ha infine ricordato il ruolo del nuovo portale del turismo come volano di promozione del territorio e l’attivazione, anche grazie all’opera di sensibilizzazione portata avanti dalla Regione Lazio, di voli da e per la Cina con Alitalia. “I primi orientali che sono arrivati a Roma – ha concluso Polverini - li abbiamo ospitati proprio a Villa Adriana, per dare attenzione a quel territorio” |
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