|
|
|
LUNEDI
|
 |
 |
Notiziario Marketpress di
Lunedì 26 Marzo 2012 |
 |
|
 |
CONFINDUSTRIA CULTURA ITALIA: “SCONCERTATI PER L’ENNESIMO TEMPOREGGIAMENTO DELL’AGCOM SULLA PIRATERIA DIGITALE. IL PROBLEMA È POLITICO, NON GIURIDICO”
|
|
|
 |
|
|
“Siamo sconcertati per l’ennesimo temporeggiamento dell’Agcom sul tema della pirateria digitale”: è amareggiato il commento del Presidente di Confindustria Cultura Italia Marco Polillo, alla luce delle dichiarazioni rese lo scorso 21 marzo in audizione in Commissione Cultura e Lavori pubblici al Senato dal presidente Corrado Calabrò. “Stiamo attendendo da tempo infinito l’adozione di questo pacchetto regolamentare che ha ricadute importanti, anzi fondamentali, per la cultura e i contenuti culturali italiani in rete – ha proseguito Polillo – e per la sopravvivenza dell’industria culturale del nostro Paese. Il tema è stato sollevato da Agcom e oggi, dopo infiniti lavori, studi, documenti, audizioni e quant’altro, ci troviamo a fare i conti con un presidente che nonostante affermi che “l’argomento incombe” demanda la soluzione al Parlamento, all’Unione Europea, persino all’Onu. Lo poteva dire sin da subito che non voleva occuparsene, evitando così di buttare via due anni di lavoro”. “Il quadro normativo nazionale e internazionale è chiarissimo - ha concluso Polillo - e ci stupisce che i senatori Vita e Vimercati, commentando l’audizione, possano parlare di “fragilità delle basi giuridiche su cui poggia il regolamento”, in aperto contrasto con il parere ben più autorevole dell’ex presidente della Corte Costituzionale Valerio Onida. Quanto all’auspicata nuova normativa sul diritto d’autore, è davvero curioso che questa esigenza nasca solo oggi, quando dei problemi della pirateria digitale si sta parlando ormai da anni. Che sia l’ennesima dichiarazione d’intenti che cela in realtà la volontà di non occuparsene affatto?” |
|
|
|
|
 |
|
|
|
|
|
 |
GOOGLE E PRIVACY, I CONSIGLI PRATICI DI ESET NOD 32 PER UNA NAVIGAZIONE PROTETTA A MISURA DI UTENTE
|
|
|
 |
|
|
Alzi la mano chi non utilizza almeno una volta al giorno un servizio Google: probabilmente pochi, considerato che Big G dichiara al suo attivo 350 milioni di utenti, solo per Gmail. Per non considerare tutti gli alti servizi sotto il cappello di Mountain View, quali Youtube, Google Maps, Android, News Alerts, Google+, grazie ai quali Big G raccoglie e incrocia milioni di dati ogni giorno sulle nostre vite nel Web. Di fronte al vespaio di polemiche scatenate dal lancio della nuova politica sulla privacy di Google, gli esperti internazionali Eset Nod 32 – uno dei grandi produttori mondiali di software per la sicurezza su Internet – hanno stilato una serie di raccomandazioni e di accorgimenti da utilizzare per filtrare le informazioni disponibili sul Dashboard (la schermata che raccoglie tutti i dati di un utente Google, raggiungibile da www.Google.com/dashboard). Un modo per tutelare più efficacemente privacy e sicurezza degli utenti sul Web. Le autorizzazioni di accesso all’account. Potrebbe riservare alcune sorprese la voce iniziale del Dashboard “Siti autorizzati ad accedere all’account”, in cui possono essere presenti siti per i quali l’utente non ha fornito effettivamente il consenso. In questo caso basta utilizzare il pulsante “revoca l’accesso” per rimuove gli “intrusi”. “Io sul web”. Questa sezione del Dashboard Google dovrebbe servire a gestire l’identità e la reputazione online dell’utente con consigli come “crea un profilo” e “cerca il tuo nome su google”. Il punto in cui si spiega come rimuovere i contenuti indesiderati e i risultati di ricerca associati – procedura sensibile dal punto di vista della privacy, in apparenza chiara e immediata come le precedenti – richiede una lunga serie di passaggi, che vanno eseguiti con pazienza ed attenzione. La cronologia web. Attraverso la voce cronologia l’utente può gestire l’archivio dei link delle proprie ricerche e impedire a Google di utilizzarle per tracciarne un profilo commerciale. Google facilita questa operazione attraverso l’opzione “cancella cronologia” e il pulsante “sospendi”, che dovrebbe impedire la registrazione delle ricerche future. In ogni caso per le proprie ricerche è sempre possibile utilizzare browser diversi da Google Chrome, come ad esempio Firefox, impostando anche in questo caso l’opzione di default “non tracciare”. Un altro accorgimento che l’utente può usare è quello di navigare “in incognito”, ovvero utilizzare il motore di ricerca Google senza però effettuare il login nel proprio account. La tracciabilità incrociata. Ciò che può lasciare sorpreso l’utente che esplora la sezione cronologia è scoprire che l’elenco dei siti riportati include tutte le ricerche effettuate in qualsiasi momento da qualunque dispositivo, quindi Pc, portatili, iPhone, iPad o simili. In questo caso, se l’utente usa il motore di ricerca Google da un iPhone con sistema iOs5, può entrare nelle impostazioni di Safari e attivare l’opzione “Navigazione Privata”. Preferenze sugli annunci pubblicitari personalizzati. Sebbene Google consenta di esercitare un controllo sugli annunci personalizzati, i mezzi per farlo non sono immediatamente visibili sul Dashboard. Per effettuare le modifiche l’utente dovrà accedere alla pagina “preferenze per gli annunci”, e fare clic sul link “Rimuovi o modifica” le categorie. L’utente riceve annunci personalizzati se ha consentito a Google di usare i cookie, piccoli file scaricati dal browser ogni volta che si effettuano ricerche. Grazie a questi, Big G raccoglie dati e preferenze per proporre annunci pubblicitari ad hoc, dunque per salvaguardare la privacy una scelta conveniente è quella di fare clic su “disattiva”o cancellarli periodicamente. C’è però una falla nel sistema: quando l’utente decide di impedire la tracciabilità attiva automaticamente un cookie, che rischia poi di essere rimosso ogni volta che viene eseguita la procedura di cancellazione. “Per motivi legali” Questa voce della normativa sulla privacy di Google dà un’idea di quanto ampia sia la discrezionalità lasciata a Big G in merito all’utilizzo dei dati personali dei suoi utenti. Prevede infatti che Google fornirà tali informazioni a società, organizzazioni o persone esterne qualora ritenga “in buona fede che l’accesso, l’utilizzo, la tutela o la divulgazione sia ragionevolmente necessario per soddisfare eventuali leggi o norme vigenti, procedimenti legali o richieste governative applicabili”. È chiaro che espressioni come “buona fede” e “ragionevolmente necessario” lasciano uno spazio troppo ampio all’interpretazione, tanto che un coro di obiezioni si è sollevato dai legislatori statunitensi e soprattutto europei, i quali a tutt’oggi considerano questi cambiamenti nella normativa “fuori legge” |
|
|
|
|
 |
|
|
|
|
|
 |
NEL 2011 IL SETTORE ITALIANO DEI MEDIA TORNA A DIMINUIRE SCENDENDO A QUOTA 16,7 MILIARDI DI EURO |
|
|
 |
|
|
L’incremento dei nuovi Media digitali (+7%, da 5 miliardi di euro a 5,3) non basta a sostenere il calo dei Media tradizionali (-5%, da 11,9 miliardi di euro a 11,4) eppure, in uno scenario di apparente recessione, Smartphone, tablet, connected tv, applicazioni, social network e video “tirano” il mercato lasciando intravvedere un nuovo, possibile modello di sviluppo. Più adatto al contesto italiano e al suo stile di fruizione, il “nuovo Internet” potrebbe fare entrare l’Italia a testa alta nell’economia digitale. Secondo il Politecnico di Milano sono 5 i binari da seguire per Media e Editori. Crescono raccolta pubblicitaria e ricavi pay su smartphone (+70% e +120%) e tablet (+110% e +150%). Raddoppia la pubblicità sui Social Network (quasi 24 milioni di utenti), crescono dell’130% i ricavi generati dalle App e cresce dell’80% il valore dell’advertising sui Video online, trainato dalle offerte sempre più ricche degli editori e dalle masse di utenti di Youtube. Triplicano le Connected Tv realmente connesse (dal 10% a oltre il 30%). Su iPress, network professionale per giornalisti e uffici stampa, sono disponibili tutti i materiali relativi al comunicato (grafici, immagini, report) e tutte le notizie delle aziende presenti all´evento. In tempo reale, anche da mobile. “Il nuovo concetto di Internet che si sta affermando, potrebbe portare al comparto italiano dei Media digitali quelle soddisfazioni che solo in piccola parte - un mercato pari solo al 7% per cento di quello complessivo dei Media in Italia - sono state generate dal suo predecessore. Sarà con questo nuovo volto che l’Italia potrà finalmente entrare a testa alta nell’economia digitale” - Andrea Rangone, Responsabile degli Osservatori Ict del Politecnico di Milano. È con questa premessa che si è aperto al Campus Bovisa l’evento di presentazione della Ricerca dell´Osservatorio New Media & New Internet, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano, in collaborazione con Cefriel. La Ricerca è stata realizzata con il supporto di: Digitalchemy, Digitalia’08, Doxa, Facebook, Gruppo L´espresso, Il Sole24ore, Matrix, Mediamond, Mediaset, Mondadori, Publitalia’80, Rai, Rcs, Rti Interactive Media, Sipra, Sky, Skylogic, Telecom Italia; Accenture, Mamadigital, Samsung. Internet oggi si affranca dunque, almeno parzialmente, dal Pc, che in Italia ha sempre avuto una penetrazione molto bassa (meno del 60% delle famiglie italiane possiede un personal computer) e si lega ai nuovi device, più “apprezzati” dagli italiani: gli Smartphone (siamo tra i massimi utilizzatori al mondo di telefonini), i Tablet (che piacciono agli italiani perché sono visti anche come strumenti di entertainment oltre che di lavoro) e le Connected Tv (siamo da sempre un popolo Tv-centrico). Contribuisce a superare il digital divide tecnologico e culturale che caratterizza il nostro paese, facendo leva anche sul paradigma delle Applicazioni (che consumando meno banda del Web è efficace anche in quelle aree geografiche del nostro paese con banda limitata), sui Social Network (che gli italiani, primi al mondo per utilizzo, hanno dimostrato di apprezzare e di saper sfruttare molto bene) e sulla diffusione dei Video, assai graditi dagli italiani per la loro immediatezza e forza comunicativa. “La sfida che le Media Company si trovano di fronte è estremamente complessa perché sono molteplici i cambiamenti organizzativi e culturali che gli Editori devono affrontare. – ha dichiarato Giovanni Toletti, Responsabile della Ricerca New Media e New Internet del Politecnico di Milano - In particolare riteniamo che siano cinque i principali fattori da tenere in considerazione: maggiore integrazione strategica e organizzativa, maggior focus sul consumatore digitale e sulla sua user experience multicanale, nuove competenze e rete di collaborazioni, diverso approccio al mercato e maggiore creatività nello sviluppo di prodotti e servizi.” Ma vediamo nel dettaglio come questo cambiamento sta influenzando e influenzerà il mercato dei media, nel suo complesso, e il mercato dei New Media in particolare. Mercato dei media Nel 2011 il mercato complessivo dei Media (considerando sia la pubblicità che i ricavi pay) fa registrare nuovamente un segno meno calando di poco più dell’1%. Il mercato scende sotto quota 16,7 miliardi di euro perdendo oltre 1,7 miliardi dal picco raggiunto nel 2008. Tale calo è dovuto in particolare alla flessione (-5%) dei Media tradizionali che non riesce a essere completamente compensata dalla crescita dei New Media (+7%). In particolare sul fronte advertising crescono le New Tv (23%) ma cala la raccolta pubblicitaria delle Tv tradizionali (8%). In discesa anche Stampa e Radio (di oltre il 5%). Sul fronte dei ricavi pay crescono leggermente quelli dalle Tv (+2% per le New Tv e +1% per gli introiti del canone) mentre calano le entrate del mondo della Stampa (-4%). Cresce il peso di Mobile Media, Pc Media e Tablet Media: nel 2011 rappresentano infatti il 9,5% del mercato complessivo (erano l’8% nel 2010). Continua a calare, anche se ad un ritmo più ridotto, il peso della Stampa (dal 34% del totale nel 2010 al 33% nel 2011), mentre è sostanzialmente stabile il mondo delle Sofa Tv (55%). Mercato New Media I New Media (quelli basati su reti distributive digitali e che vengono fruiti dagli utenti tramite terminali digitali) continuano a crescere (seppur con un piccolo rallentamento: +7% nel 2011 contro +9% nel 2010), superando quota 5,3 miliardi di euro. Dato il contemporaneo calo dei Media tradizionali, il peso della componente digitale è passato dal 29% del 2010 al 32% del 2011. Crescono le Sofa-tv digitali (+5%), anche se i ricavi pay diminuiscono percentualmente negli anni (dal +12% del 2008 al +6% del 2009 fino al +5% del 2010 e al +2% del 2011). Crescono i ricavi dei Pc Media (+15%) e soprattutto quelli dei Tablet Media (con una crescita a tre cifre) anche se molto limitati in valore assoluto. Cresce del 5% anche il mondo Mobile Media (quelli fruibili tramite Telefoni cellulari o Smartphone, con accesso da qualunque tipologia di Rete): se il mondo tradizionale (servizi di infotainment via Sms e Mms, musica e video in streaming, ecc.) cala circa del 3%, crescono di oltre il 70% i ricavi pubblicitari e pay su Applicazioni e Mobile Site. Nel complesso il mondo degli Internet Media cresce del 13%, con incrementi rapidi delle componenti più innovative (Tablet e Applicazioni/mobile Site su Smartphone). La quota degli Internet Media ha raggiunto così nel 2011 il 24% sul totale New Media (era il 23% nel 2010). Negli ultimi anni si è assistito alla diffusione di nuove dinamiche che stanno cambiando profondamente il concetto stesso di Internet: nuovi device – Smartphone, Tablet, Connected Tv - moltiplicano le occasioni di utilizzo di Internet anche tra la popolazione storicamente meno incline all’utilizzo del Pc; la crescita esponenziale dei Social Network (frequentati dall’86% dei navigatori italiani - primo posto per penetrazione davanti a Brasile e Usa), stanno assumendo il ruolo di traino che i motori di ricerca hanno giocato nel “vecchio” Internet; le Applicazioni (nate sugli Smartphone ma oggi diffuse anche su Tablet, Connected Tv e Pc) semplificano l’accesso ai contenuti e favoriscono l’affermarsi di modelli di business basati su ricavi pay e non più essenzialmente pubblicitari; la pervasiva diffusione dei Video rende Internet sempre più multimediale, ricco ed efficace. Un “Nuovo Internet”, insomma, sembra adattarsi particolarmente bene al contesto italiano, caratterizzato da una altissima penetrazione di Smartphone (addirittura superiore a quella degli Usa) da una diffusione crescente di Tablet, visti più come strumento di entertainment che di lavoro, e da una presenza imperturbabile del mezzo televisivo. Cresce in maniera molto sostenuta l’advertising (oltre +70%) grazie alla diffusione del paradigma del Mobile Internet e allo sviluppo delle Applicazioni. Crescono ancora più rapidamente i ricavi da contenuti pay (circa +120% rispetto al 2010), ma rimangono comunque ancora marginali rispetto a quelli pubblicitari. I ricavi pay da Mobile Site superano di poco quelli da Applicazioni, nonostante una numerosità molto inferiore dei Mobile Site con offerte a pagamento rispetto alle App. Il ritmo di diffusione delle Applicazioni continua ad accelerare: nel 2011 il 15% delle property Media presenta un’offerta su Applicazioni per Smartphone, mentre nel 2010 erano solo il 7%. Nonostante la crescita degli investimenti pubblicitari su Tablet rispetto al 2010 (quasi +110%), il valore assoluto rimane ancora relativamente basso ma l’ottima performance viene comunque garantita da una crescita ancora superiore (+150% circa rispetto al 2010) dei ricavi pay. A febbraio 2012 sono già 261 le Applicazioni Media su Tablet: dominano quelle della carta stampata (il 49% fa riferimento a periodici e il 32% a quotidiani), mentre il 12% derivano da Editori televisivi e il 7% dal mondo della Radio. Le Applicazioni Media sono stabilmente tra quelle che portano maggiori ricavi pay: nelle prime 10 App per ricavi pay (da in-app billing e/o da pay-per-download) dell’App Store almeno 5 sono costantemente Media. Cresce l’importanza delle Connected Tv (Internet Tv, Over the Top Tv, Blu-ray, Consolle, ecc.). A fine 2011 sono oltre 1,1 milioni le Internet Tv nelle case degli italiani e i televisori potenzialmente connettibili sono passati dal 10% del 2010 a oltre il 30% del 2011. A questi si aggiungono circa 80 mila decoder, 5 milioni di Game Consolle e oltre 300 mila altri device (soprattutto Blu-ray) che possono consentire di collegarli ad Internet. A febbraio 2012 sono oltre 1000 le Applicazioni sulle Internet Tv dei principali produttori (Lg, Panasonic, Philips, Samsung, Sony) di cui 148 Media. Grande successo in particolare per le Applicazioni Video (8% del totale Applicazioni), di gran lunga le più utilizzate. Nato nel mondo degli Smartphone, il paradigma delle Applicazioni si sta rapidamente diffondendo agli altri device: Tablet, Pc e Tv. A febbraio 2012 le Applicazioni legate ad una property specifica del mondo dei Media sono state: 347 su Smartphone - La Stampa si aggiudica il 72% delle Applicazioni totali distribuite tra periodici (44%) e quotidiani (28%), seguita dalla Tv (16%) e dalla Radio (12%). Il 41% delle App su Smartphone si basa su un modello di ricavi pay, contro il 13% advertising based; solo il 2% presenta un modello misto (sia pubblicità che pay), mentre la maggioranza (44%) non presenta al momento alcun modello di ricavi. 261 su Tablet - Anche in questo caso domina la Stampa con l’81% delle App divise tra periodici (49%) e quotidiani (32%). Seguono Tv (12%) e Radio (7%). Il 42% delle App su Tablet ha un modello di ricavi pay, contro il 14% advertising based; il 10% presenta un modello misto (sia pubblicità che pay) e solo il 34% non presenta al momento alcun modello di ricavi. 148 sulle Internet Tv - in particolare Applicazioni Video (59%) e News (37%). Le Applicazioni Video sono inoltre quelle più viste (a partire da Youtube). Nel 2011 i ricavi pubblicitari sui Social Network sono più che raddoppiati grazie a un parco utenti di quasi 24 milioni di unità. Pesano ancora poco sul mercato complessivo dei New Media, ma iniziano a raggiungere percentuali rilevanti per quanto riguarda la pubblicità sul Web (intorno al 3%). Nei confronti dei Media i Social Network ricoprono una duplice veste: se infatti a un lato sono essi stessi un Media che attrae una quota crescente dello share of advertisment degli investitori pubblicitari, dall’altro offrono agli altri Media grandi possibilità di diffondere il proprio contenuto e di aumentare la propria visibilità. Video: componente sempre più pervasiva dell’offerta Il valore dell’advertising legato a Video online (in qualunque forma, pre-roll, mid-roll, post-roll, overlay, companion banner, ecc.) è cresciuto dell’80% rispetto al 2010, spinto fortemente da Youtube (su cui viene visualizzato il 50% dei Video totali visti nel nostro Paese) ma crescono bene anche le offerte degli Editori tradizionali (come il Corriere della Sera e La Repubblica). Il 73% dei navigatori italiani (quasi 20 milioni di persone) fruisce di contenuti Video online e il tempo medio speso per utente è di 1 ora e 12 minuti al mese, il 2,5% del tempo totale trascorso online (contro il 6% degli utenti Usa, con 4 ore e 55 minuti al mese). Ricavi pay: finalmente in crescita grazie ai nuovi device Crescono i ricavi pay sugli Internet Media grazie al contributo dei Pc Media (i cui ricavi pay sono in crescita di circa il 50% rispetto al 2010), delle Applicazioni su Tablet (circa +150%) e del mondo Smartphone (i cui ricavi pay crescono complessivamente di circa il 120% grazie sia alle Applicazioni che ai Mobile Site). La componente derivante dai Pc Media rimane la quota maggiore (pari a oltre il 40%), ma in poco tempo anche le offerte di contenuti a pagamento su Smartphone e Tablet hanno raggiunto valori comparabili e sono destinate quindi al sorpasso. La possibilità di vendere contenuti in una logica multi-piattaforma sta facilitando lo sviluppo dei ricavi pay nel mondo del Nuovo Internet. Info: School of Management – Politecnico di Milano - www.Osservatori.net |
|
|
|
|
 |
|
|
|
|
|
 |
SYMANTEC: ACQUISIZIONE DI NUKONA PER SUPPORTARE LE AZIENDE NELL’APPROCCIO “BRING YOUR OWN DEVICE”
|
|
|
 |
|
|
Symantec ha annunciato di aver firmato l’accordo definitivo per l’acquisizione di Nukona, Inc., fornitore privato di servizi di mobile application management (Mam). L’acquisizione estende il Symantec enterprise mobility portfolio per includere una soluzione cross-platform per la protezione delle applicazioni mobili che aiuta le aziende It a proteggere ed isolare i dati e le applicazioni aziendali sia sui dispositivi aziendali che su quelli personali. La transazione verrà chiusa in aprile ed è soggetta alle consuete condizioni di chiusura. I termini finanziari dell’acquisizione non sono ancora stati resi noti. L’acquisizione di Nukona integra l’acquisizione precedente di questo mese di Odyssey Software, un fornitore leader nel campo del mobile device management (Mdm). Odyssey fornisce le basi di Mdm per registrare e gestire tutte le impostazioni necessarie dei dispositivi su una vasta gamma di piattaforme, mentre Nukona fornisce un approccio innovativo per aiutare le aziende a distribuire, mettere al sicuro e controllare le applicazioni e i dati senza interruzioni di continuità e senza richiedere alle aziende di gestire i dispositivi. Grazie ad un’offerta che comprende sia Mdm che Mam su piattaforme multiple, Symantec permetterà ai Cio di dire “sì” all’invasione dei nativi digitali, cioè alle persone nate in un mondo caratterizzato dalla connettività – che richiedono di utilizzare dispositivi e applicazioni scelti da loro. Symantec aiuterà i clienti a mettere al sicuro le applicazioni e i dati aziendali mobile sensibili, proteggendoli e gestendoli allo stesso tempo seguendo policy come l’autenticazione degli utenti, la crittografia dei file sensibili, la prevenzione del furto di dati e l’eliminazione selettiva dei dati aziendali. Questa acquisizione rafforza la leadership di Symantec nella mobility aziendale potenziando le funzionalità per dispositivi mobili, applicazioni e protezione dei dati. “Considerando che l’adozione di applicazioni e dispositivi mobili sta crescendo ad un ritmo senza precedenti, una delle maggiori sfide per i clienti è rappresentata dalla protezione e la gestione di applicazioni, dati e ambienti nativi di questi dispositivi,” ha dichiarato Cj Desai, senior vice president, Endpoint and Mobility Group, Symantec. “L’acquisizione di Nukona ci aiuta a controllare ancora meglio i trend di “Consumerizzazione dell’It” e di “Bring your own device” supportando le aziende nella protezione e nell’isolamento di dati e applicazioni aziendali sia sui dispositivi aziendali che su quelli personali.” Info: http://go.Symantec.com/nukona_odyssey - www.Symantec.com/it/it/business/ - www.Symantec.it |
|
|
|
|
 |
|
|
|
|
|
 |
VIOLAZIONE DEI DATI: PERDITA DI BUSINESS E TURNOVER DEI CLIENTI LE CONSEGUENZE PIÙ RILEVANTI
|
|
|
 |
|
|
Symantec ha annunciato i risultati del 2011 Cost of Data Breach Study, l’indagine condotta da Ponemon per conto di Symantec riguardante i costi derivanti dalle violazioni dei dati subiti dalle aziende. Lo studio, iniziato a gennaio 2011 e concluso nel dicembre dello stesso anno, ha visto il coinvolgimento di professionisti It ed esperti di sicurezza e compliance. Lo studio ha evidenziato che la violazione dei dati è costata in termini di business in media alle aziende italiane €474.793 nel 2011, con un picco massimo di € 2.570. 622, mentre il costo di ciascun record perso o rubato è stato di 78€, cifra che dipende da quanto l’azienda ha speso per rimediare alla violazione. Si è notata una forte correlazione tra la portata dell’incidente e i costi totali derivanti, con un range che varia da € 211.733 a € 4.010.407. In particolare, perdita di business e dei clienti rappresentano le voci più significative dei costi, comportando un grave danno per le aziende, mentre la causa principale della violazione risulta essere la negligenza e gli attacchi criminali sono causati prevalentemente dai criminal insider. In media, il costo per le aziende italiane di ciascun record perso o rubato è di 78€. Per record si intendono le informazioni che identificano un individuo le cui informazioni personali sono state compromesse da una violazione dei dati. Di questi 78€, una larga parte (35%) riguarda la perdita di business, mentre il resto è speso in indagini e notifiche alle vittime della violazione. I primi tre settori più colpiti sono il tecnologico, seguito dal finanziario e al terzo posto da quello farmaceutico. Nel 2011, i costi derivanti dalla perdita di business ammontavano in media a €474.793, dovuti principalmente al maggior turnover dei clienti, (fino al 3,5% e superiore alla perdita media di clienti del settore) al diminuire delle opportunità di acquisizione di nuovi clienti e alla perdita di credibilità. Le attività di notifica, ovvero le misure adottate per segnalare la violazione di informazioni protette alle vittime della violazione, includono attività It quali la creazione di un database dei contatti, il coinvolgimento di esperti esterni, le spese postali e le comunicazioni in entrata. Il costo medio, nel 2011, per le aziende italiane è stato di €57.500. I costi di scoperta ed escalation, in media €458.864 nel 2011, sono quelli che una azienda deve affrontare per rilevare una violazione quando si verifica e informarne il personale competente entro uno specifico lasso di tempo. Questi costi generalmente includono le attività legali ed investigative, i servizi di valutazione e verifica, la gestione delle crisi e la comunicazione al management e al board dei dirigenti. Il 39% delle aziende italiane intervistate sostiene che la causa principale della violazione dei dati è la negligenza, a seguire il 33% indica i difetti del sistema, inclusi gli errori nei processi di business e It; infine, per il 28% la violazione è dovuta ad un attacco criminale o malevolo. Per questo motivo, le aziende devono focalizzarsi sulle tecnologie, le policy e i processi in grado di affrontare le minacce provenienti dal dipendente negligente, dal malicious insider o dall’hacker. Il 60% delle aziende intervistate che ha subito 2 o più attacchi, sostiene che sono stati causati dai criminal insider mentre il 40% ha evidenziato che gli attacchi provenivano da agenti elettronici quali virus, malware, worm a trojan. Ci sono inoltre alcuni fattori organizzativi che possono influenzare i costi di una violazione, riducendo o aumentando le perdite: La violazione dipende dalla perdita o il furto dei dispositivi. E’ la prima volta che l’azienda ha subito una violazione. Le aziende informano le vittime della violazione in tempi rapidi. La violazione è dovuta alla perdita o al furto causati da terze parti. Coinvolgimento di un esperto per risolvere la violazione dei dati. Il Ciso (o altro C-level equivalente) si assume la responsabilità generale della protezione dei dati aziendali. Le aziende che informano le vittime della violazione entro 30 giorni possono ridurre i costi mediamente di 29€; così come, se in azienda il Ciso ha la responsabilità generale della protezione dei dati aziendali, questo comporta una riduzione dei costi in media di 23€. Questi due elementi, quindi, avvantaggiano economicamente in maniera significativa e positiva le aziende,mentre invece i restanti quattro aggravano i costi. Alla luce di questi dati, Symantec raccomanda di seguire precise best practice che prevedano l’utilizzo di tecnologie per la prevenzione della perdita delle informazioni e che consentano la conformità alle policy di sicurezza, valutare i rischi attraverso l´individuazione e classificazione delle informazioni riservate ed educare i dipendenti in materia di protezione informatica. Info: http://www.Symantec.com/it/it/business/ o www.Symantec.it |
|
|
|
|
 |
|
|
|
|
|
 |
PROGETTO ‘SIAMO TUTTI CAPITANO’ |
|
|
 |
|
|
Dal sito www.Siamotutticapitano.it è possibile scaricare il kit didattico, realizzato per la scuola primaria e quella dell’infanzia, per partecipare al progetto “Siamo Tutti Capitano”, promosso da Pasta del Capitano, storico marchio della Farmaceutici Dottor Ciccarelli, per sviluppare strumenti e competenze per un intervento preventivo del fenomeno del bullismo all’interno del gruppo classe. Il kit didattico contiene: un Booklet per il docente con la spiegazione del percorso didattico proposto agli insegnanti; quaderni operativi per i bambini delle primarie, album da disegno per i bambini dell’infanzia; le Card dei 10 animali “figure-stimolo”, per sviluppare giochi di role-play e storie insieme ai bambini; un Booklet per i genitori, per coinvolgere anche la famiglia nel progetto di educazione dei propri figli. Al termine del percorso didattico, ciascuna classe potrà scegliere se partecipare all’iniziativa che mette in palio, per l’invio entro il 18 maggio 2012 di un lavoro realizzato nell’ambito del progetto e in linea con le finalità proposte dal materiale educativo, 3 personal computer per le classi delle primarie e 3 set di materiale scolastico per le classi della scuola dell’infanzia. Il progetto “Siamo Tutti Capitano” parte dalla consapevolezze che il bullismo sta crescendo - sia come diffusione che come gravità degli episodi ad esso connesso – e che la scuola è il luogo per eccellenza di questo fenomeno. Secondo la ricerca “Gli Italiani e il Bullismo”, condotta nell’ambito del progetto da Astraricerche per sondare conoscenza e sensibilità sul tema, il 40% degli italiani dichiara di esserne stato vittima durante la propria esperienza scolastica; il 92,6% pensano che apertura e dialogo siano gli atteggiamenti giusti per affrontare questo problema. Il percorso didattico che abbiamo sviluppato si rivolge ai bambini, ai loro educatori e alle loro famiglie – commenta Nicola Iannaccone, psicologo presso il servizio sanitario pubblico ed esperto sul tema del bullismo - coinvolgendo l’intero sistema sociale nel quale i bambini sviluppano le loro capacità relazionali. Ed è fondamentale, per prevenire l’insorgere di comportamenti che possono degenerare in fenomeni di bullismo, intervenire proprio laddove avvengono le prime esperienze di interazione sociale tra gruppi di pari, educando a comportamenti positivi per sé e per gli altri. Per questo motivo si è deciso di rivolgersi alle scuole primarie e, per la prima volta con un progetto di prevenzione e sensibilizzazione verso il tema del bullismo, anche alle scuole dell’infanzia. Questo progetto – commenta Marco Pasetti, Presidente e Amministratore Unico di Farmaceutici Dottor Ciccarelli – rappresenta la volontà del marchio Pasta del Capitano, che da oltre 100 anni fa sorridere gli Italiani, di essere al servizio del proprio consumatore con un impegno che vada oltre i suoi prodotti e rappresenti quelli che da sempre sono i suoi valori di marca: affidabilità e garanzia di serietà. Da qui la scelta di affidare al nostro Capitano il compito di essere protagonista di questa campagna di sensibilizzazione e di informazione diventando un alleato della famiglia nell’individuazione delle problematiche relative al bullismo. Ci piace l’idea di poter insegnare come diventare un po’ più ‘Capitano’, un condottiero giusto che aiuta a tirare fuori ciò che di meglio il gruppo nasconde al suo interno. Un Capitano che si contrappone al bullo, il leader negativo che comanda un gruppo facendo leva sulla paura e sull’insicurezza |
|
|
|
|
 |
|
|
|
|
|
 |
PARITÀ UOMO-DONNA: INVIO DEL RAPPORTO PERIODICO SULLA SITUAZIONE DEL PERSONALE |
|
|
 |
|
|
Ai sensi dell’art. 46 del Decreto legislativo n. 198/2006 le aziende, che occupano oltre cento dipendenti dovranno inviare il rapporto periodico sulla situazione del personale maschile e femminile, relativo al biennio 2010-2011, entro il 30 aprile 2012. Il rapporto deve essere riferito al complesso delle unità produttive e della dipendenze e a ciascuna unità produttiva con più di cento dipendenti. Il rapporto deve essere inviato alla Consigliera regionale di parità della regione della Regione nella quale l´azienda ha la sede legale e della regione ove l’azienda ha unità produttive con oltre 100 dipendenti nonché alle Rappresentanze sindacali aziendali. I dati dovranno essere trasmessi on line registrandosi sul sito della consigliera di parità regionale |
|
|
|
|
 |
|
|
|
|
|
 |
YOUGIVE, LA PRIMA APP IN ITALIA PER FINANZIARE DA SMARTPHONE LE ORGANIZZAZIONI NO PROFIT
|
|
|
 |
|
|
E’ disponibile su Appstore You Give, la prima app per le donazioni on line in Italia a sostegno delle organizzazioni no profit. Si può optare per una specifica organizzazione, per un determinato tipo di emergenza o ancora per un paese in particolare: l’applicazione consente in pochi click, direttamente dal proprio smartphone, di sostenere le campagne aderenti via sms, carta di credito o Paypal e di seguire passo per passo gli sviluppi dell’azione finanziata, con la possibilità di condividerla su Facebook ,Twitter e gli altri social network. Yougive, disponibile presto anche per Android, è sviluppata da Yoyo Comunicazione in partnership con Agire, Ail (Associazione Italiana contro le Leucemie), Oxfam, Vis (Volontariato internazionale per lo sviluppo), Informatici Senza Frontiere, Una Breccia nel Muro, Aipd (Associazione Italiana Persone Down), Aism(associazione Italiana Sclerosi Multipla, Col’or, Shoot4change, Lifc (Lega Italiana Fibrosi Cistica), Sos Villaggi dei Bambini, Repubblica.it. L’applicazione fa incontrare il terzo settore e il mondo degli smartphone e nasce per rispondere alle esigenze del terzo settore ai tempi della crisi. Il 2011 è stato un anno negativo per la raccolta fondi: secondo un’indagine compiuta dall’Istituto Italiano della Donazione il 26% delle organizzazioni non profit ha registrato un calo della raccolta rispetto al 2010, mentre sono diminuite del 21% quelle che hanno visto un miglioramento delle proprie entrate a bilancio. In questo contesto, la cultura della raccolta fondi digitale (digital fundraising) stenta a decollare, soltanto il 7% delle organizzazioni fa affidamento sugli strumenti online. Cresce invece il mercato degli smartphone: sono ormai più di 20 milioni gli italiani che hanno uno telefonino evoluto, e lo utilizzano – nel 53% dei casi – per dedicarsi all’informazione o allo svago. Per scaricare l’applicazione> http://itunes.Apple.com/it/app/yougive/id465086616?mt=8 Info > http://www.You-give.it |
|
|
|
|
 |
|
|
|
|
|
 |
CISCO PARTNER TECNOLOGICO DI EXPO MILANO 2015: LE SOLUZIONI PER LA DIGITAL SMART CITY DEL FUTURO
|
|
|
 |
|
|
Esplorare il sito di Expo Milano 2015 seguendo le indicazioni di pannelli di comunicazione digitale, smartphone e tablet. Scoprire i padiglioni dei Paesi Partecipanti grazie a video e contenuti multimediali personalizzati in base alle proprie esigenze e alla propria posizione. Per chi visiterà l’Esposizione Universale condividere, comunicare e interagire con gli altri visitatori e con chiunque nel mondo sarà un’esperienza intelligente, libera e sicura. Ad assicurarlo sarà il sistema integrato di soluzioni “per una rete senza confini” (Borderless Network) progettato da Cisco Italia, Ip Network and Solutions Partner di Expo Milano 2015 dal 22 dicembre scorso. Le soluzioni altamente tecnologiche che la multinazionale americana progetterà e fornirà all’Esposizione Universale sono state illustrate questa mattina, durante una conferenza stampa, da David Bevilacqua, Amministratore Delegato di Cisco Italia, dal Commissario Generale dell’Expo Milano 2015 Roberto Formigoni, dal Commissario Straordinario del Governo Italiano per Expo Milano 2015 Giuliano Pisapia e da Giuseppe Sala, Amministratore Delegato di Expo 2015 Spa. Lo scopo di Cisco Italia è sviluppare, secondo gli obiettivi fissati da Expo, un modello per la Digital Smart City del futuro – a basso impatto ambientale, più vivibile, in grado di svilupparsi in modo sostenibile per l’economia e la società – che rimanga come eredità al termine della manifestazione. La proposta formulata da Cisco definisce una infrastruttura di rete Ip di nuova generazione, con relative applicazioni e servizi, pensata per una Digital Smart City del 2015, in grado di offrire una esperienza per il visitatore basata su tecnologie innovative e focalizzate sulla sostenibilità ambientale, caratterizzata in particolare da: adozione pervasiva delle tecnologie di comunicazione unificata e collaborazione, incentrata sull’utilizzo di device mobili, soluzioni di tele-presenza di alto livello, gestione e fruizione di contenuti multimediali – in particolare video – su ogni tipo di terminale e postazione; innovazione tramite l’utilizzo delle più avanzate tecnologie Ip, puntando ad anticipare ciò che potrà essere disponibile nel 2015; sostenibilità, attraverso l’utilizzo estensivo di tecnologie per monitorare e controllare i consumi energetici dei più diversi sistemi tecnologici, non solamente informatici, all’opera nel sito della manifestazione. “La città del futuro, nel suo insieme, sarà una comunità intelligente e interconnessa, basata su forme di comunicazione e collaborazione digitale in grado di trasformare radicalmente il modo in cui si crea, si sviluppa, si abita un ambiente urbano, mettendo al centro la persona. Expo 2015 è un palcoscenico eccezionale per le tecnologie che permettono di creare modelli urbanistici innovativi, e nostro obiettivo è far si che attraverso l’esperienza della visita alla manifestazione si possano comprendere pienamente le potenzialità di soluzioni e strumenti che sono già stati applicati, con il nostro contributo, in metropoli e grandi manifestazioni di tutto il mondo” ha dichiarato David Bevilacqua, Amministratore Delegato di Cisco Italia e Vice President Cisco Corporate. “Questa opportunità conferma ulteriormente il valore del nostro impegno per favorire l’innovazione nel nostro Paese: infatti, alla base delle soluzioni che saranno adottate in Expo, vi sono i risultati del lavoro di Cisco Photonics, il laboratorio di ricerca e sviluppo sulle reti ottiche – le reti a banda ultralarga del nostro futuro – che da Monza guida a livello mondiale la ricerca Cisco in questo settore”. “Grazie alle soluzioni d’avanguardia fornite da Cisco e dagli altri partner tecnologici – ha spiegato l’Amministratore Delegato di Expo 2015 Spa Giuseppe Sala – il sito espositivo di Expo Milano 2015 diventerà un modello di città digitale, replicabile in altri contesti. L’innovazione accompagnerà in modo intelligente e facile i visitatori in ogni momento, facendo vivere loro un’esperienza unica. Oltre a confermare il grande interesse suscitato da Expo Milano 2015 presso le imprese di tutto il mondo, la collaborazione di una grande multinazionale come Cisco incoraggia a guardare con fiducia al futuro di questa manifestazione che aspira a diventare, per l’utilizzo e l’applicazione di tecnologie innovative a un tema importante come l’alimentazione, una pietra miliare nella storia delle Esposizioni Universali”. Tra i principali elementi del sistema integrato di soluzioni “per una rete senza confini” (Borderless Network) che Cisco metterà a disposizione di Expo Milano 2015: una potente e flessibile infrastruttura Wireless (Cisco Unified Wireless Network), integrata con le altre infrastrutture presenti, in grado di fornire connessione sicura e disponibile negli ambienti interni ed esterni del sito Expo Milano 2015, con particolare riguardo alla presenza di una rete Wi-fi in grado di gestire le necessità di visitatori e utenti del sito in uno scenario di “alta densità” di utenti che condividono applicazioni e utilizzano servizi di rete in contemporanea; una architettura di rete generale ottimizzata per la gestione e fruizione di contenuti rich-media (Medianet), e in particolare video anche in altissima definizione e in multicast, su qualsiasi strumento e tipo di rete; l’utilizzo sull’intera rete di Energywise, servizio che misura, monitora, controlla i consumi energetici di tutte le apparecchiature connesse alla rete informatica, dei sistemi all´interno degli edifici (illuminazione, riscaldamento) etc. Permettendo di gestirli in modo efficiente, evitando sprechi e rispettando le politiche di risparmio energetico; l’applicazione di sistemi di sicurezza in grado di proteggere in modo chiaro, controllabile, personalizzato l’accesso a dati, applicazioni e servizi da parte di utenti, visitatori, espositori, collaboratori di Expo Milano 2015; la fluidità, consistenza e sicurezza per gli utenti su qualsiasi strumento, applicazione, contenuto da parte di chiunque e attraverso qualsiasi supporto; l’utilizzo estensivo di soluzioni di collaborazione e comunicazione di livello business quali la videoconferenza in altissima definizione Telepresence – anche nelle sue future evoluzioni - e la dimostrazione delle potenzialità di tali soluzioni per applicazioni in grado di incidere qualitativamente sulla vita dei cittadini; in particolare, attraverso la creazione nel sito dell’Expo di alcune postazioni Cisco Healthpresence, che utilizzano il video e audio in altissima definizione, sistemi medicali e la trasmissione su reti in banda ultralarga dei dati sanitari per fornire assistenza medica, anche specialistica, a distanza. Info: http://www.Cisco.com./ - http://www.Facebook.com/ciscoitalia - http://www.Twitter.com/ciscoitalia - http://www.Youtube.com/ciscoitalia - http://www.Linkedin.com/groups/cisco-italia-2699921 - http://www.Expo2015.org |
|
|
|
|
 |
|
|
|
|
|
 |
GENERAL COMPUTER ITALIA: RISULTATI 2011 PIÙ CHE POSITIVI E CONSOLIDAMENTO DEL CICLO DI CRESCITA
|
|
|
 |
|
|
General Computer Italia, provider di servizi e soluzioni per la manutenzione, l’ottimizzazione, la sicurezza e la gestione dei sistemi informativi aziendali, prosegue il periodo di crescita iniziato sin dalla sua nascita chiudendo l’anno fiscale 2011 con ottime performance. General Computer Italia ha infatti registrato nel 2011 una significativa crescita del fatturato, che si è attestato a 8,15 milioni di Euro, con un incremento del +27% rispetto all’anno precedente. Il 2011 è stato per General Computer Italia un anno vincente in termini di revenue, clienti e scelte di mercato. In un momento economico non semplice, l’azienda è stata in grado di acquisire nuovi clienti e incrementare la propria presenza sul mercato. Ottime performance che sono il riflesso, da un lato, di investimenti imprenditoriali importanti effettuati negli anni precedenti - sia a livello aziendale sia in termini di risorse umane - e, dall’altro, del preciso e sistematico potenziamento delle aree principali su cui si focalizza l’offerta, ovvero la manutenzione, le soluzioni progettuali e l’outsourcing dei sistemi informativi aziendali. “Questi dati più che positivi sono un segno della qualità del nostro servizio”, sottolinea Roberto Barbieri, Presidente di General Computer Italia. “Nel 2012 intendiamo continuare a svilupparci, incrementando la nostra presenza di mercato e rafforzando in modo particolare la nostra offerta nell’attualissima area dell’It Outsourcing, nella quale abbiamo investito molte risorse con buoni risultati, che nel 2012 siamo convinti possano diventare ancora più significativi”. Le scelte strategiche operate da General Computer Italia hanno permesso all’azienda di incrementare un’expertise di eccellenza che è oggi un importante valore aggiunto per tutti i clienti. Inoltre, la globalità dei servizi offerti, che si dirigono a tutte le componenti del sistema informativo aziendale (computer, storage, apparati di rete, ecc.) consentono a General Computer di configurarsi come interlocutore unico del cliente per qualsiasi sua esigenza, con significativi vantaggi in termini di efficacia, flessibilità e convenienza economica. La crescita di fatturato registrata da General Computer Italia Spa nel 2011 ha interessato anche il gruppo di cui l’azienda è capofila, all’interno del quale figurano anche Avangarde Consulting, Zar Technology, General Promoter e General Datastorage. Il Gruppo General Computer ha infatti registrato nel 2011 una crescita del +39,4% rispetto al 2010, con un fatturato complessivo che ha raggiunto 12,8 milioni di Euro. Tra le entità che fanno parte del gruppo, le quali agiscono in maniera autonoma ma sviluppano spesso sinergie che ampliano le rispettive potenzialità, particolare crescita ha fatto registrare Avangarde Consulting, che opera nel settore delle consulenze specializzate in area informatica. Info: http://www.gci.it/ |
|
|
|
|
 |
|
|
|
|
|
 |
DUE GIORNI DECISIVI PER IL FUTURO DELL’AVVOCATURA - CONTINUA LA MOBILITAZIONE CONTRO LE LIBERALIZZAZIONI E LO SMANTELLAMENTO DELLA GIUSTIZIA
|
|
|
 |
|
|
Duemila i professionisti appartenenti al mondo dell’Avvocatura si sono riuniti il 23 e il 24 marzo presso Mico Milano Congressi, in occasione del Congresso Nazionale Forense Straordinario organizzato da Consiglio Nazionale Forense, Organismo Unitario dell’Avvocatura Italiana, Cassa Forense e Ordine degli Avvocati di Milano. “I Diritti non sono merce.” è il titolo scelto, che ben sintetizza sia i motivi che hanno portato a convocare la sessione straordinaria del Congresso che tradizionalmente avviene su base biennale, sia la posizione dell’Avvocatura rispetto ai recenti provvedimenti legislativi che hanno interessato le professioni e la Giustizia italiana. La specificità della professione forense in ambito costituzionale, comunitari e nell’ordinamento interno, la specificità della Cassa di previdenza forense, oltre ai necessari interventi di modernizzazione del servizio giudiziario, sono stati i principali temi oggetto di dibattito e confronto durante le due giornate. «Dal Congresso Forense che si aprirà domani qui a Milano dovrà sollevarsi ancora più alta la denuncia dell’Avvocatura contro la liberalizzazione del settore professionale e gli interventi in materia di Giustizia che nulla portano a vantaggio dei cittadini. – aveva dichiarato prima dell´inizio dei lavori l’Avv. Paolo Giuggioli, Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano – L’avvocatura, in particolare, ha dovuto subire in questi mesi la mortificazione del suo ruolo di tutela dei diritti nonostante aumentino gli ambiti nei quali la legislazione attribuisce agli Ordini forensi e ai loro iscritti funzioni di rilevanza sociale, rivolte specialmente alle categorie più deboli e in difficoltà, e si moltiplichino sul territorio le attività prestate dagli stessi Ordini a supporto del funzionamento degli uffici giudiziari.» Continua Giuggioli, «Abbiamo invitato ai lavori congressuali, oltre a tutti gli avvocati italiani, anche istituzioni, operatori del settore della giustizia e componenti attive della società con l’auspicio che nei due giorni di dibattito e confronto si aprano spiragli per una più serena analisi delle reali esigenze che sia la professione forense, sia la Giustizia italiana esprimono. Nello stesso tempo l’Avvocatura dovrà democraticamente decidere le direttive con cui fare fronte a tali emergenze e individuare proposte dirette a salvaguardare la specificità della funzione esercitata». Guido Alpa, presidente del Consiglio nazionale forense, aveva dichiarato in vista del congresso: “I diritti non sono merce. La concezione liberista che si sta imponendo inneggia al mercato ma non tiene conto delle diritti dei cittadini. Impedire agli avvocati di svolgere la loro attività di difesa, che ha un riconoscimento nella Costituzione, in maniera autonoma e indipendente rappresenta un vulnus nella democrazia. Siamo preoccupati che le scelte del Governo sulla professione forense, dalle Manovre al decreto Cresci-italia, come le società per azioni con socio esterno, un tirocinio ridotto, la completa abolizione dei riferimenti tariffari, finiranno per limitare l’autonomia e indipendenza dell’avvocato. Valori, questi ultimi, che anche l’Unione europea riconosce come essenziali per una professione che contribuisce all’amministrazione della giustizia e alla difesa dei diritti dei cittadini. Non tutte le professioni sono uguali, non tutte hanno le medesime esigenze”. Maurizio de Tilla, presidente Organismo Unitario Avvocatura Italiana, ha aggiunto: «In Italia da anni le parole d’ordine sono: “liberalizzazione” e “rottamazione della giustizia”. Con uno stillicidio di interventi normativi sulla professione forense e una legislazione frammentaria sulla macchina giudiziaria, non si sono rimosse le reali cause dell’eccessiva lunghezza dei processi e dell’aumento dell’arretrato. Anzi, la situazione è peggiorata. Per queste ragioni, diciamo no all’abolizione delle tariffe, alla presenza di soci di capitale negli studi legali, alla chiusura degli uffici dei giudici di pace, delle sezioni distaccate e dei tribunali minori, all’incostituzionale e fallimentare media conciliazione obbligatoria, all’aumento delle spese per i cittadini. Dopo otto giorni di sciopero, con adesioni vicine all’85%, questo Congresso Straordinario, con oltre duemila partecipanti, sarà un’assise aperta e democratica, in cui si approveranno le mozioni di “protesta e di proposta” per una vera riforma della giustizia e della professione forense e si decideranno le ulteriori iniziative della categoria. Tra queste quella di una marcia gandhiana che attraversi tutto il Paese: gli avvocati hanno deciso di continuare a difendere i cittadini anche fuori dalle aule dei tribunali». Il Congresso Nazionale Forense Straordinario si è chiuso con l’individuazione di proposte condivise coerenti con le reali esigenze della professione forense per preservare i diritti fondamentali dei cittadini. “Siamo preoccupati dai contraccolpi che il pacchetto liberalizzazioni del Governo avrà sulla previdenza degli avvocati – ha dichiarato il presidente della Cassa forense, Alberto Bagnoli – i nostri conti sono saldi, grazie a una gestione prudente delle risorse e a una riforma che, intervenendo su prestazioni e contributi, e innalzando l’età pensionabile a 70 anni, ci permette di assicurare la stabilità del sistema a 30 anni”. “Ma questa solidità – ha spiegato Bagnoli – rischia di essere demolita dalla norma della legge Salva Italia che impone di prolungare a 50 anni il periodo di stabilità finanziaria, peraltro senza tener conto del patrimonio e dei relativi rendimenti, pena il passaggio al sistema contributivo di calcolo della pensione. Si tratta di disposizioni che incidono gravemente sull’autonomia dell’ente privato, mentre riteniamo che i principi di indipendenza e di solidarietà siano i soli a poter garantire prestazioni adeguate in favore degli iscritti.” |
|
|
|
|
 |
|
|
|
|
|
 |
CONGRESSO FORENSE STRAORDINARIO: INTERVENTO DEL VICEPRESIDENTE DEL CONSIGLIO NAZIONALE |
|
|
 |
|
|
Il 23 marzo il vicepresidente del Consiglio nazionale forense, Ubaldo Perfetti, è intervenuto al Congresso forense straordinario che si è tenuto a Milano. Combattere la visione mercantistica dei diritti e della professione forense del Governo; reagire alla crisi del monopolio statale della giurisdizione; puntare all’abrogazione delle norme delle varie Manovre che mortificano i valori essenziali dell’avvocatura, professione alla quale la Costituzione riconosce una specificità; approvazione di uno Statuto che rafforzi accesso, formazione, specializzazione, controllo deontologico domestico, qualificazione; unità dell’avvocatura come monito alla politica contro l’affievolimento dei diritti. Si declinava su queste quattro direttrici la relazione che il vicepresidente del Consiglio nazionale forense, Ubaldo Perfetti, ha tenuto in apertura dei lavori del Congresso forense straordinario forense che svoltosi a Milano il 23 e 24 marzo. Il vicepresidente del Cnf ha parlato in sostituzione del presidente Guido Alpa, impedito a partecipare all’evento. Il Congresso dell’avvocatura “I diritti non sono merce” è stato convocato d’urgenza per esprimere tutto il disagio di una categoria che sta subendo cosiddette “riforme”, ideologicamente dettate dalla primazia dell’economia sui diritti. “Riforme viziate dall’uso ideologico del diritto comunitario e dall’uso ideologico dell’emergenza economica”, ha scandito Perfetti. “L’avvocatura deve combattere la visione mercantistica che si sta imponendo nel Paese. Gli ultimi interventi, dalla Manovra di luglio al decreto Cresci-italia, stanno modificando profondamente il volto della professione e con arroganza lo fanno con atti amministrativi regolamentari. E’ così che incideranno su una attività professionale che è riconosciuta dalla Costituzione”, ha detto Perfetti. “Quel che più è peggio è che con la stessa visione si interviene sul processo e sulla tutela dei diritti, con provvedimento che apparentemente sembrano frammentari (mediazione obbligatoria, aumenti dei costi di accesso alla giustizia, sanzioni pecuniarie nel processo) ma che in realtà corrispondono a un disegno preciso: mettere in crisi il monopolio statale della giurisdizione, privatizzare la giustizia. Contro questo disegno l’avvocatura deve reagire”. Il vicepresidente del Cnf ha evidenziato come le scelte del Governo siano “di retroguardia” rispetto alla visione più moderna della Unione europea, che con la Carta dei diritti fondamentali ha ribaltato la visione economicistica in funzione di una maggiore tutela dei diritti a garanzia dei cittadini. “L’avvocatura non può rinunciare alla sua autonomia, espressa anche attraverso gli Ordini; non accetta la mortificazione in atto e deve insistere a chiedere una propria riforma con legge, con la consapevolezza della necessità di modifiche che ormai sono ineluttabili. Dobbiamo continuare la nostra azione per ottenere l’abrogazione di quelle norme che sono contrarie ai valori fondanti della professione come le società con soci di puro capitale, un tirocinio ridotto, la completa abolizione dei riferimenti tariffari etc. Agli avvocati in Congresso, Perfetti ha fatto un appello all’unità, a individuare quello che unisce per mandare un forte monito alla politica a “non mercificare i diritti”, ha concluso Perfetti |
|
|
|
|
 |
|
|
|
|
|
 |
REGIONE LOMBARDIA: MAMME IN AZIENDA – UN AIUTO ALLE DONNE PER CONCILIARE IL LORO ESSERE MAMME IN AZIENDA
|
|
|
 |
|
|
Regione Lombardia, Assessorato Occupazione e Politiche del Lavoro lancia ancora un’altra sfida proseguendo con la sperimentazione sulla Conciliazione vita - lavoro: aiutare le donne che stanno per diventare mamme a conciliare i tempi Vita-lavoro, all’interno dell’azienda dove lavorano e aiutare i lavoratori a personalizzare i tempi Vita-lavoro. Infatti, quando una lavoratrice si prepara ad affrontare la maternità, nasce l’esigenza di riorganizzare il lavoro in azienda, ciò richiede una particolare flessibilità organizzativa dell’attività. Riuscire con successo a conciliare vita-lavoro ha ricadute particolarmente positive su diversi piani: risolve il senso di inadeguatezza in famiglia da parte del genitore-lavoratrice e, insieme, rafforza le motivazioni al lavoro con conseguenti effetti positivi sulle prestazioni professionali. Affrontare tali situazioni in modo strutturato, diventa sempre di più un fattore di competitività per l’azienda e l’imprenditore, sia dal punto di vista della preservazione di competenze e di esperienze possedute dalla lavoratrice, sia dal punto di vista dei costi interni. Grazie a un piano di congedo studiato da un consulente messo a disposizione da Regione Lombardia per ogni lavoratrice-madre, si possono ottenere benefici quali: minore turn-over con conseguente minore costo del reclutamento e minori tempi/costi di inserimento e addestramento, riduzione delle assenze per malattia, riduzione dei costi di gestione causate da assenze impreviste, trattenimento del Know-how/capitale intellettuale posseduto dalle risorse umane. Gli effetti saranno: incremento del benessere dei lavoratori e conseguente fidelizzazione nei confronti dell´azienda, miglioramento dell’immagine aziendale agli occhi dei dipendenti, maggiore senso di appartenenza all´azienda e maggiore motivazione, ricadute positive in termini di efficacia e produttività. Il Bando Conciliazione prevede anche il Piano di Flessibilità aziendale: individuazione di obiettivi e strumenti operativi personalizzati in base alle esigenze specifiche dell’impresa e dei lavoratori. A partire da un’analisi dell’azienda, lo specialista propone un ventaglio di possibili strumenti organizzativi, quali ad esempio il telelavoro, la banca ore, il part-time, l’orario flessibile, i servizi di cura offerti dalle strutture vicine alla imprese e così via, che permettono al datore di lavoro di venire incontro alle esigenze di flessibilità e contemporaneamente tutelare l’azienda e la produttività. Dalla collaborazione con il consulente nascerà così un piano di congedo e di flessibilità personalizzato, un documento che contiene una serie di indicazioni e opportunità che aiutano a conciliare gli impegni di lavoro con quelli familiari, con numerosi vantaggi che permetteranno di bilanciare le responsabilità familiari, migliorare il clima lavorativo. Chi può candidarsi al bando: · Le micro e piccole-medie imprese, imprese artigiane e micro e piccole-medie cooperative fino a 249 dipendenti. · Le imprese di cui sopra con almeno una sede operativa attiva in Lombardia. · Fino al 31 marzo 2012. Cestec Spa, società totalmente partecipata da Regione Lombardia , si occupa del coordinamento del progetto per conto di Regione Lombardia e seguirà tutte le azioni necessarie alla riuscita , dalla consulenza alle imprese fino al monitoraggio dei risultati. Info: www.Cestec.it - www.Cestec.it/conciliazionevitalavoro |
|
|
|
|
 |
|
|
|
|
|
 |
MILANO: BOOM DELLA MEDIAZIONE NEL 2011, +122% |
|
|
 |
|
|
È partita in questi giorni la mediazione sul web. Grazie a una nuova piattaforma gestionale, Conciliacamera, messa a disposizione dal Servizio di conciliazione della Camera Arbitrale di Milano ( www.Conciliazione.com ) con la quale è possibile avviare una mediazione direttamente dal proprio pc. Come funziona Conciliacamera? Basta andare sul sito www.Conciliazione.com e seguire le istruzioni. Bisogna registrarsi e in pochi minuti, inserendo i dati delle parti e l’oggetto della controversia, si sarà in condizione di presentare la domanda di mediazione. In pochi click Conciliacamera permette di invitare le parti ad un incontro di mediazione, con risparmi di tempo e carta. Sarà anche possibile partecipare in modo virtuale agli incontri di mediazione, collegandosi dalla propria abitazione o ufficio. Conciliacamera, inoltre, consente di creare uno spazio personale dove conservare la propria documentazione e tutte le informazioni relative alle mediazioni. La conciliazione nel 2011, + 122%. Nel 2011 sono state 898 le domande di mediazione depositate presso la Camera Arbitrale in Camera di Commercio di Milano, in crescita del 121,7% rispetto al 2010. La conciliazione obbligatoria, 600 procedimenti nel primo anno. È attiva su numerose materie dallo scorso anno per alleggerire i procedimenti in Tribunale. Il bilancio del primo anno: oltre due procedimenti di mediazione su tre, circa 600, nascono dall’obbligatorietà (70%) mentre quasi uno su tre ha natura facoltativa (30%). Una giustizia alternativa rapida, in media 41 giorni per procedimenti obbligatori e facoltativi, che coinvolge sempre più consumatori per un valore medio che per le conciliazioni si aggira attorno ai 184 mila euro, il 22,7% in più rispetto ai valori del 2010. E le parti raggiungono un accordo dopo un incontro di mediazione nel 56% dei casi. In circa 4 casi su dieci l’accordo riguarda controversie legate al credito (43%) e agli affitti (39%), in un caso su undici (9%) problemi assicurativi. A partire dal 20 marzo 2012, il tentativo di mediazione è obbligatorio anche nelle controversie in materia di condominio e di Rc Auto |
|
|
|
|
 |
|
|
|
|
|
 |
GIUSTIZIA EUROPEA: GLI STATI MEMBRI POSSONO SOTTRARRE ALL’APPLICAZIONE DELL´ACCORDO-QUADRO SUL LAVORO A TEMPO DETERMINATO DEL 1999 I RAPPORTI DI FORMAZIONE PROFESSIONALE NONCHÉ I CONTRATTI DEFINITI NEL QUADRO DI UN PROGRAMMA SPECIFICO CHE USUFRUISCA DI CONTRIBUTI PUBBLICI
|
|
|
 |
|
|
Il signor Sibilio ha lavorato dal 1° luglio 1998 al 29 gennaio 2002 in qualità di lavoratore socialmente utile presso il servizio di stato civile del Comune di Afragola (Na). L’indennità da egli percepita per le attività svolte era inferiore alla retribuzione dei lavoratori dipendenti assunti da detto Comune, che svolgevano le medesime attività e avevano la sua stessa anzianità lavorativa. Il 29 gennaio 2002 egli è stato integrato nei servizi di detto Comune a seguito di una procedura di stabilizzazione. Ha quindi agito avverso il Comune in merito alla differenza tra l’importo delle indennità che egli ha percepito nella sua qualità di lavoratore socialmente utile e quello della retribuzione cui ritiene di avere diritto. Egli ha fatto valere che l´accordo-quadro sul lavoro a tempo determinato del 1999 (direttiva 1999/70) non ammetta una normativa nazionale, che rifiuta di considerare i lavoratori socialmente utili come lavoratori che svolgono un lavoro a tempo determinato, che esclude detti lavoratori dall’ambito di applicazione dell’accordo quadro e che autorizza nei loro confronti un trattamento meno favorevole di quello di cui beneficiano i lavoratori a tempo indeterminato che esercitano le stesse funzioni e hanno la medesima anzianità lavorativa. Il Tribunale di Napoli chiede alla Corte di giustizia se il rapporto stabilito tra i lavoratori socialmente utili e le amministrazioni pubbliche rientri nell’ambito di applicazione dell’accordo quadro. Indica che i lavoratori iscritti nelle liste di mobilità o i disoccupati di lunga durata sono utilizzati da più di un decennio per lavori o servizi di pubblica utilità. Le attività da essi svolte sono dirette normalmente a soddisfare le esigenze istituzionali degli enti utilizzatori e non obiettivi eccezionali. Il Comune, i governi italiano e polacco nonché la Commissione ritengono che la direttiva 1999/70 e l’accordo quadro non si applichino in quanto il legislatore dell’Unione, ha deciso di dare alle nozioni di «rapporto di lavoro» e di «lavoratore» il senso attribuito dalla normativa nazionale, dai contratti collettivi e dalla prassi nazionale in vigore nello Stato membro interessato. La Corte ricorda innanzitutto che l’accordo quadro muove dalla premessa che i contratti di lavoro a tempo indeterminato rappresentano la forma comune dei rapporti di lavoro mentre soltanto in alcune circostanze i contratti di lavoro a tempo determinato sono atti a rispondere alle esigenze sia dei datori di lavoro che dei lavoratori. In tale prospettiva, l’accordo quadro è inteso a delimitare il ripetuto ricorso a contratti a tempo determinato, prevedendo disposizioni di tutela minima volte ad evitare la precarizzazione dei lavoratori dipendenti e vietando di trattare i lavoratori a tempo determinato in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto a tempo determinato. Tuttavia, al fine di beneficiare della tutela risultante dall’accordo quadro, il rapporto di lavoro deve rientrare nell’ambito di applicazione di tale accordo. Inoltre, anche se il giudice del rinvio dovesse giungere alla conclusione che il rapporto costituisce, in realtà, un rapporto di lavoro ai sensi del diritto nazionale, l’accordo quadro conferisce agli Stati membri un margine di discrezionalità riguardo alla sua applicazione a talune categorie di contratti. Esso offre infatti agli Stati membri la facoltà di sottrarre al campo di applicazione di tale accordo i rapporti di formazione professionale nonché i contratti definiti nel quadro di un programma specifico che usufruisca di contributi pubblici. Nel caso di specie emerge che i lavori socialmente utili sarebbero effettuati nell’ambito di programmi specifici di inserimento o di riqualificazione professionale pubblici o che usufruiscano di contributi pubblici. La Corte ritiene pertanto che l´accordo quadro non osta ad una normativa nazionale che prevede che il rapporto tra i lavoratori socialmente utili e le amministrazioni pubbliche non rientri nell’ambito di applicazione di detto accordo quadro, qualora tali lavoratori non beneficino di un rapporto di lavoro quale definito dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi nazionale in vigore, oppure gli Stati membri e/o le parti sociali abbiano sottratto all’applicazione di tale accordo i rapporti di formazione professionale nonché i contratti definiti nel quadro di un programma specifico che usufruisca di contributi pubblici. Spetta al giudice nazionale verificare tale circostanza. Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara: La clausola 2 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che compare in allegato alla direttiva 1999/70/Ce del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro Ces, Unice e Ceep sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che prevede che il rapporto costituito tra i lavoratori socialmente utili e le amministrazioni pubbliche per cui svolgono le loro attività non rientri nell’ambito di applicazione di detto accordo quadro, qualora, circostanza che spetta al giudice del rinvio accertare, tali lavoratori non beneficino di un rapporto di lavoro quale definito dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi nazionale in vigore, oppure gli Stati membri e/o le parti sociali abbiano esercitato la facoltà loro riconosciuta al punto 2 di detta clausola. (Sentenza nella causa C-157/11, Giuseppe Sibilio/comune di Afragola) |
|
|
|
|
 |
|
|
|
|
|
 |
GIUSTIZIA EUROPEA: IL GESTORE DI UN ALBERGO CHE DIFFONDE FONOGRAMMI NELLE CAMERE DEL SUO ALBERGO È TENUTO AL VERSAMENTO DI UN´EQUA REMUNERAZIONE AI PRODUTTORI. AGLI STATI MEMBRI NON È CONSENTITO ESENTARE TALE GESTORE DALL’OBBLIGO DI VERSARE LA REMUNERAZIONE IN PAROLA
|
|
|
 |
|
|
Il diritto dell’Unione impone agli Stati membri di garantire, nelle loro rispettive normative, un diritto ad una remunerazione equa e unica dei produttori di fonogrammi, pubblicati a scopi commerciali, versata dall’utente di tali fonogrammi nell’ambito di una radiodiffusione via etere o di una qualsiasi comunicazione al pubblico. Detta equa remunerazione non deve tuttavia essere versata quando si tratta di un’«utilizzazione privata».
La Phonographic Performance (Ireland) Limited («PPL») è una società di gestione collettiva che rappresenta i diritti dei produttori di fonogrammi sulle registrazioni sonore o i fonogrammi in Irlanda.
La PPL ha proposto alla High Court (Commercial Division, Irlanda) un ricorso nei confronti dello Stato irlandese, diretto a fare dichiarare che questo violerebbe il diritto dell’Unione, in quanto la normativa nazionale esenta i gestori di alberghi dall’obbligo di versare un’equa remunerazione per l’utilizzo di fonogrammi nelle camere d’albergo in Irlanda. La PPL ha anche chiesto il risarcimento dei danni dovuti quali riparazione di tale inadempimento. Il giudice irlandese ha sottoposto svariate questioni alla Corte di giustizia.
Con la sentenza odierna la Corte analizza, innanzitutto, se il gestore di un albergo, il quale mette a disposizione nelle camere dei clienti apparecchi televisivi e/o radio, cui invia un segnale di trasmissione via radio, sia un «utente» il quale effettua un atto di «comunicazione al pubblico» di un fonogramma riprodotto in una radiodiffusione ai sensi del diritto dell’Unione.
In tale contesto la Corte indica che – in un´ulteriore sentenza pronunciata oggi – essa ha giudicato che la nozione di «comunicazione al pubblico» comporta una valutazione individualizzata, e che, per simile valutazione, occorre tener conto di svariati criteri complementari, di natura non autonoma e interdipendenti fra loro.
Fra tali criteri la Corte ha messo in evidenza, in primo luogo, il ruolo imprescindibile dell’utente. Questi effettua difatti un atto di comunicazione quando, con piena cognizione delle conseguenze del suo comportamento, dà ai suoi clienti accesso a un’emissione radiodiffusa, contenente l’opera protetta. In secondo luogo, la Corte ha precisato taluni elementi inerenti alla nozione di pubblico. A tale riguardo, il «pubblico» deve essere costituito di un numero indeterminato di destinatari potenziali e di un numero di persone piuttosto considerevole. In terzo luogo, la Corte ha giudicato che il carattere lucrativo di una «comunicazione al pubblico» costituisce parimenti un criterio rilevante. Risulta quindi sottinteso che il pubblico oggetto della comunicazione, da un lato, è il destinatario dell´azione dell’utente e, dall’altro, è ricettivo, in un modo o nell’altro, alla comunicazione da parte di quest’ultimo, e non è «intercettato» casualmente.
Orbene, detti criteri sono soddisfatti nella fattispecie. Infatti, il ruolo del gestore di un albergo, il quale mette a disposizione nelle camere dei clienti apparecchi televisivi e/o radio, è imprescindibile, poiché i clienti di tale albergo possono fruire dei fonogrammi unicamente grazie al deliberato intervento di detto gestore. I clienti dell´albergo costituiscono un numero indeterminato di destinatari potenziali, nella misura in cui l’accesso di tali clienti ai servizi dell’albergo in parola è frutto, in via di principio, della scelta specifica di ciascuno di essi e non è soggetto ad altro limite se non la capacità ricettiva dell’albergo stesso. Con riferimento all’importanza del numero di destinatari potenziali la Corte ha già dichiarato che i clienti di un albergo costituiscono un numero di persone abbastanza rilevante, che, di conseguenza, devono essere ritenute un pubblico. Infine, la diffusione via radio di fonogrammi da parte del gestore di un albergo ha carattere lucrativo. Difatti la sua azione, diretta a procurare accesso all’opera radiodiffusa ai suoi clienti, costituisce una prestazione di servizi supplementare fornita al fine di trarne un certo utile, nella misura in cui l’offerta di questo servizio influisce sulla categoria dell’albergo e quindi sul prezzo delle camere. Essa è inoltre idonea ad attirare ulteriori clienti interessati a tale servizio supplementare.
Di conseguenza, un simile gestore è un «utente» che effettua una «comunicazione al pubblico» di un fonogramma radiodiffuso ai sensi del diritto dell’Unione.
Su tale base il gestore in parola è tenuto al versamento di un’equa remunerazione per la riproduzione del fonogramma, in aggiunta a quella versata dall’emittente radiofonica. Quando, infatti, il gestore di un albergo diffonde via radio un fonogramma nelle camere dei clienti, egli utilizza tale fonogramma in modo autonomo e lo trasmette ad un pubblico diverso e ulteriore rispetto a quello considerato dall’atto di comunicazione d’origine. Inoltre, attraverso detta trasmissione, il gestore in parola riceve dei benefici economici che sono indipendenti da quelli ottenuti dall’emittente o dal produttore di fonogrammi.
La Corte dichiara altresì che il gestore di un albergo, il quale mette a disposizione nelle camere dei suoi clienti non apparecchi radio e/o televisivi, bensì apparecchi di altro tipo, nonché fonogrammi in formato fisico o digitale che possono essere riprodotti o ascoltati con questi ultimi, è un «utente» che effettua un atto di «comunicazione al pubblico» di un fonogramma, ai sensi del diritto dell’Unione. Egli è pertanto tenuto al versamento di un’equa remunerazione per la riproduzione di tali fonogrammi.
Si aggiunga che, ad avviso della Corte, sebbene il diritto dell’Unione limiti il diritto ad un’equa remunerazione in caso di «utilizzazione privata», esso non consente agli Stati membri di esentare il gestore di un albergo, il quale effettua un atto di «comunicazione al pubblico» di un fonogramma dall’obbligo di versare la remunerazione in parola.
Ciò posto, la Corte precisa che non è il carattere privato o meno dell’utilizzo dell’opera da parte dei clienti di un albergo ad essere rilevante al fine di stabilire se il gestore di detto albergo possa avvalersi dell’eccezione relativa ad un’«utilizzazione privata», bensì il carattere privato o meno dell’utilizzazione dell’opera da parte del gestore stesso. Orbene, l’«utilizzazione privata» di un’opera protetta comunicata al pubblico dall’utente costituisce una contraddizione in termini, dal momento che un «pubblico» risulta per definizione «non privato».
(Corte di giustizia dell’Unione europea, 15 marzo 2012, Sentenza nella causa C-162/10, Phonographic Performance (Ireland) Limited / Irlanda, Attorney General) |
|
|
|
|
 |
|
|
|
|
|
 |
GIUSTIZIA EUROPEA: UN DENTISTA CHE DIFFONDE GRATUITAMENTE FONOGRAMMI NEL SUO STUDIO ODONTOIATRICO PRIVATO NON EFFETTUA UNA «COMUNICAZIONE AL PUBBLICO» AI SENSI DEL DIRITTO DELL’UNIONE
|
|
|
 |
|
|
Tale diffusione non dà pertanto diritto alla percezione di un compenso in favore dei produttori fonografici Il diritto dell’Unione impone agli Stati membri di garantire, nella rispettiva normativa, un diritto ad una remunerazione equa e unica dei produttori di fonogrammi, pubblicati a scopi commerciali, versata dall’utente di tali fonogrammi nell’ambito di una radiodiffusione via etere o di una qualsiasi comunicazione al pubblico. I diritti di proprietà intellettuale sono, peraltro, parimenti tutelati dal diritto internazionale, segnatamente dall’Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio («Accordo Trips» o «Accordo Adpic»), dal Trattato dell’Organizzazione mondiale sulla proprietà intellettuale sulle interpretazioni ed esecuzioni e sui fonogrammi («Wppt») e dalla Convenzione internazionale sulla protezione degli artisti interpreti o esecutori, dei produttori di fonogrammi e degli organismi di radiodiffusione («Convenzione di Roma»). La Società Consortile Fonografici («Scf») svolge, in Italia e all’estero, attività di «collecting» quale mandataria per la gestione, la riscossione e la ripartizione dei diritti dei produttori fonografici consorziati. Nell’esercizio della sua attività di mandataria la Scf aveva intrapreso trattative con l’Associazione Nazionale Dentisti Italiani, volte alla stipula di un accordo collettivo per quantificare un equo compenso per ogni «comunicazione al pubblico» di fonogrammi, inclusa quella effettuata presso studi professionali privati. Poiché dette trattative non hanno avuto esito positivo, la Sfc ha convenuto in giudizio dinanzi ai giudici nazionali il sig. Del Corso al fine di far accertare che questi, nel proprio studio dentistico privato in Torino, effettuava la diffusione, come musica di sottofondo, di fonogrammi oggetto di protezione e che tale attività era soggetta alla corresponsione di un equo compenso. La Corte d’appello di Torino, investita della controversia, chiede sostanzialmente alla Corte di giustizia se la Convenzione di Roma, l’Accordo Trips e il Wppt siano immediatamente applicabili nell’ordinamento giuridico dell’Unione e se i privati possano avvalersene in modo diretto. Tale giudice chiede inoltre di accertare se la nozione di «comunicazione al pubblico» contenuta nelle citate convenzioni internazionali coincida con quella configurata dal diritto dell’Unione e se essa comprenda la diffusione gratuita di fonogrammi effettuata all’interno di uno studio odontoiatrico. Con la sentenza in data odierna la Corte osserva, innanzitutto, che l’Accordo Trips e il Wppt sono stati sottoscritti e approvati dall’Unione e che, pertanto, formano parte integrante dell’ordinamento giuridico di quest’ultima. Quanto alla Convenzione di Roma, sebbene questa non formi parte dell’ordinamento giuridico dell’Unione, ciò nondimeno vi produce effetti indiretti, dal momento che l’Unione è tenuta a non ostacolare l’adempimento degli obblighi degli Stati membri derivanti dalla convenzione in parola. Tuttavia, la Corte constata che i privati non possono avvalersi in modo immediato né della menzionata convenzione né dell’Accordo Trips e nemmeno del Wppt. La Corte fa inoltre presente che la nozione di «comunicazione al pubblico» fissata dal diritto dell’Unione deve essere interpretata alla luce delle nozioni equivalenti contenute nelle succitate convenzioni internazionali e in modo che sia compatibile con queste ultime. In seguito la Corte risponde alla questione se la nozione di «comunicazione al pubblico» comprenda la diffusione gratuita di fonogrammi effettuata all’interno di uno studio odontoiatrico. A detto riguardo la Corte precisa che occorre valutare la situazione di ogni utente specifico nonché quella del complesso delle persone cui sono comunicati fonogrammi protetti. Ai fini di tale valutazione è necessario tener conto di svariati criteri complementari, di natura non autonoma e interdipendenti fra loro. Fra tali criteri figura, in primo luogo, conformemente alla giurisprudenza della Corte, il ruolo imprescindibile dell’utente. Infatti, questi effettua un atto di comunicazione quando interviene, con piena cognizione delle conseguenze del suo comportamento, per dare ai suoi clienti accesso a un’emissione radiodiffusa, contenente l’opera protetta. In secondo luogo, la Corte ha precisato alcuni elementi intrinseci nella nozione di pubblico. Il «pubblico», difatti, deve essere costituito da un numero indeterminato di destinatari potenziali e da un numero di persone piuttosto considerevole. In terzo luogo, la Corte ha giudicato che il carattere lucrativo di una «comunicazione al pubblico» costituisce anch’esso un criterio rilevante. È quindi sottinteso che il pubblico oggetto della comunicazione, da un lato, costituisce ciò a cui mira l’utente e, dall’altro, è ricettivo, in un modo o nell’altro, alla comunicazione di quest’ultimo, e non è «intercettato» casualmente. Alla luce dei suesposti criteri la Corte dichiara che un dentista, il quale diffonde gratuitamente fonogrammi nel suo studio a favore dei suoi clienti, che ne fruiscono indipendentemente dalla loro volontà, non effettua una «comunicazione al pubblico» ai sensi del diritto dell’Unione. Di conseguenza, benché siffatto dentista intervenga deliberatamente nella diffusione dei fonogrammi, i suoi clienti formano, di norma, un complesso di persone la cui composizione è in larga misura stabile e, pertanto, costituiscono un insieme di destinatari potenziali determinato, non trattandosi quindi di «gente in generale». Riguardo all’importanza del numero delle persone per le quali il dentista rende udibile il fonogramma diffuso, la Corte constata che, trattandosi dei clienti di un dentista, tale pluralità di persone è scarsamente consistente, se non persino insignificante, dal momento che l’insieme di persone simultaneamente presenti nel suo studio è, in generale, alquanto ristretto. Inoltre, per quanto i clienti si succedano, ciò non toglie che, avvicendandosi, detti clienti, di norma, non sono destinatari dei medesimi fonogrammi, segnatamente di quelli radiodiffusi. Una diffusione del genere, infine, non riveste carattere lucrativo. I clienti di un dentista, infatti, si recano presso uno studio medico dentistico unicamente allo scopo di essere curati, giacché una diffusione di fonogrammi non è minimamente collegata alla prassi delle cure dentistiche. È in modo fortuito e indipendentemente dalla loro volontà che detti clienti godono dell’accesso a taluni fonogrammi, in funzione del momento in cui arrivano allo studio, della durata della loro attesa e del tipo di trattamento ricevuto. In siffatto contesto non si può presumere che la normale clientela di un dentista sia ricettiva rispetto alla diffusione di cui trattasi. Tale diffusione non dà pertanto diritto alla percezione di un compenso in favore dei produttori fonografici. (Corte di giustizia dell’Unione europea, 15 marzo 2012, Sentenza nella causa C-135/10, Società Consortile Fonografici (Scf) / Marco Del Corso) |
|
|
|
|
 |
|
|
|
|
|
 |
GIUSTIZIA EUROPEA: UNA NORMATIVA NAZIONALE PUÒ DISPORRE LA NULLITÀ DI UN CONTRATTO STIPULATO TRA UN CONSUMATORE ED UN PROFESSIONISTA CONTENENTE UNA CLAUSOLA ABUSIVA, QUALORA CIÒ GARANTISCA UNA MIGLIORE TUTELA DEL CONSUMATORE
|
|
|
 |
|
|
Il diritto dell’Unione, in linea di principio, mira soltanto ad eliminare le clausole abusive ma consente agli Stati membri di garantire al consumatore un livello di tutela più elevato La direttiva 93/13 prevede che le clausole abusive di un contratto stipulato tra un consumatore e un professionista imposte da quest’ultimo non vincolano il consumatore. Al riguardo, una clausola deve essere considerata abusiva se, in contrasto con il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio tra i diritti e gli obblighi delle parti derivanti dal contratto. Tuttavia, il contratto contenente una clausola siffatta resta vincolante per le parti, se esso può continuare a sussistere senza la medesima. La sig.Ra Pereničová ed il sig. Perenič hanno ottenuto un credito di Skk 150 000 (Eur 4 979) dalla Sos, istituto non bancario che concede crediti al consumo mediante contratti standard. In forza del contratto di credito, il prestito deve essere rimborsato in 32 rate mensili di Skk 6 000 (Eur 199) l’una, alle quali si aggiunge una trentatreesima rata pari all’importo del credito concesso. I mutuatari sono pertanto tenuti a restituire la somma di Skk 342 000 (Eur 11 352). Il tasso annuo effettivo globale (Taeg) del credito – ovvero la totalità delle spese associate al credito a carico del consumatore – è stato indicato in detto contratto al 48,63%, mentre, secondo il calcolo effettuato dal giudice slovacco che interroga la Corte di giustizia, esso ammonta, in realtà, al 58,76%. La sig.Ra Pereničová ed il sig. Perenič hanno proposto ricorso dinanzi l’Okresný súd Prešov (Tribunale distrettuale di Prešov, Slovacchia), al fine di far accertare che il contratto contiene diverse clausole abusive, quale l’inesatta indicazione del Taeg, e la nullità del contratto nel suo complesso. Il giudice slovacco chiede alla Corte se la direttiva gli consenta di dichiarare la nullità di un contratto con un consumatore contenente clausole abusive qualora tale soluzione sia più favorevole al consumatore. Infatti, come rilevato dal giudice nazionale, nell’ipotesi di dichiarazione di nullità, i consumatori sarebbero tenuti a versare soltanto gli interessi di mora, al tasso del 9%, e non l’insieme delle spese per la concessione del credito, che sarebbero ben più elevate di tali interessi. Nella sua sentenza odierna, la Corte rammenta, innanzitutto, che la finalità della direttiva consiste nell’eliminare le clausole abusive contenute nei contratti con i consumatori, salvaguardando al contempo, ove possibile, la validità del contratto nel suo complesso, e non nell’annullare tutti i contratti contenenti clausole siffatte. Inoltre, con riferimento ai criteri che permettono di valutare se un contratto possa effettivamente essere mantenuto in assenza delle clausole abusive, la Corte rileva che occorre adottare un approccio obiettivo secondo il quale la posizione di una delle parti del contratto, nella fattispecie quella del consumatore, non può essere presa in considerazione quale criterio determinante per disciplinare la sorte futura del contratto. Di conseguenza, la direttiva osta a che, nel valutare se un contratto contenente una o diverse clausole abusive possa essere mantenuto in vigore in assenza di dette clausole, siano presi in considerazione unicamente gli effetti favorevoli, per il consumatore, derivanti dall’annullamento di detto contratto nel suo complesso. Tuttavia, la Corte rileva che la direttiva ha effettuato solo un’armonizzazione parziale e minima delle legislazioni nazionali relative alle clausole abusive, riconoscendo al contempo agli Stati membri la possibilità di garantire al consumatore un livello di tutela più elevato di quello previsto dalla stessa. Di conseguenza, la direttiva ammette una normativa nazionale adottata da uno Stato membro nel rispetto del diritto dell’Unione, la quale permetta di dichiarare la nullità complessiva di un contratto stipulato tra un professionista ed un consumatore e contenente una o più clausole abusive, qualora ciò risulti garantire una migliore tutela del consumatore. Infine, la Corte constata che una pratica commerciale consistente nell’indicare in un contratto di credito un Taeg inferiore a quello reale costituisce una falsa informazione quanto al costo complessivo del credito che deve essere qualificata come pratica commerciale ingannevole ai sensi della direttiva sulle pratiche commerciali sleali, allorché induce o è idonea ad indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso. Secondo la Corte, se è vero che tale circostanza rappresenta un elemento tra gli altri che può essere preso in considerazione ai fini dell’accertamento del carattere abusivo delle clausole di un contratto ai sensi della direttiva sulle clausole abusive, essa non è tuttavia idonea a dimostrare automaticamente e di per sé il carattere abusivo di tali clausole. Infatti, prima che ci si possa pronunciare sulla qualificazione delle clausole di cui trattasi devono essere esaminate tutte le circostanze proprie al caso di specie. Del pari, l’accertamento del carattere sleale di una pratica commerciale non ha diretta incidenza sulla questione se il contratto nel suo complesso sia valido. (Corte di giustizia dell’Unione europea, 15 marzo 2012, Sentenza nella causa C‑453/10, Jana Pereničová e Vladislav Perenič /Sos financ spol. S r.O) |
|
|
|
|
 |
|
|
|
|
|
 |
GIUSTIZIA EUROPEA: LA VOLKSWAGEN NON PUÒ OPPORSI ALLA REGISTRAZIONE DEL MARCHIO COMUNITARIO SWIFT GTI RICHIESTA DALLA SUZUKI
|
|
|
 |
|
|
Il Tribunale conferma la decisione dell’Uami secondo cui non sussiste il rischio di confusione tra tale marchio e i marchi anteriori «Gti» detenuti dalla Volkswagen Il regolamento sul marchio comunitario consente al titolare di un marchio anteriore di opporsi alla registrazione di un marchio richiesto quando, a causa della sua identità o della sua somiglianza col marchio anteriore e a causa dell’identità o della somiglianza dei prodotti per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato. Per costante giurisprudenza, il rischio di confusione sussiste quando il pubblico potrebbe credere che i prodotti in questione provengono dalla stessa impresa o, eventualmente, da imprese economicamente collegate. Nell´ottobre 2003, il costruttore di automobili giapponese Suzuki ha chiesto all´Ufficio per l´armonizzazione nel mercato interno (Uami) di registrare come marchio comunitario il segno verbale Swift Gti per autoveicoli, i loro pezzi ed accessori. La Volkswagen è titolare del marchio denominativo tedesco Gti e del marchio internazionale Gti – il quale produce effetti, tra l´altro, in Svezia, nel Benelux, in Francia, in Italia e in Austria – per autoveicoli e i loro pezzi. La Volkswagen si è opposta alla domanda della Suzuki adducendo che esiste il rischio di confusione. L´uami ha respinto tale opposizione, ritenendo che non esistesse il rischio di confusione. Infatti, qualsiasi somiglianza di tali marchi alla luce della combinazione delle lettere «gti», intuitivamente percepita come riferentesi a talune caratteristiche tecniche di un´autovettura o del suo motore, sarebbe ampiamente, o addirittura completamente, controbilanciata dal nome di fantasia del modello Swift figurante nella parte iniziale del marchio richiesto. Con la sentenza di data odierna, il Tribunale conferma tale disamina e respinge il ricorso proposto dalla Volkswagen contro la decisione dell’Uami. Il Tribunale dichiara che l’Uami non è incorso in un errore ritenendo che la combinazione di lettere «gti» sia percepita come un´indicazione descrittiva dai professionisti del settore dell´automobile e che per il pubblico essa dispieghi solamente un grado estremamente limitato di carattere distintivo intrinseco. A questo riguardo, l´Uami aveva in particolare tenuto conto dell´uso diffuso della sigla Gti da parte di numerosi costruttori di automobili in tutta Europa (quali la Rover, la Nissan, la Mitsubishi, la Peugeot, la Suzuki e la Toyota), per indicare le caratteristiche tecniche di taluni modelli, nonché dell´esistenza di altri marchi che contengono la sigla Gti (come «Peugeot Gti» o «Citroën Gti»). Inoltre, l´Uami ha correttamente ritenuto che la parola Swift, percepita come un termine di fantasia e posizionata nella parte iniziale del marchio richiesto, costituisse il suo elemento più distintivo. Pertanto, il Tribunale ha statuito che l´Uami ha correttamente dichiarato che qualsiasi somiglianza tra i marchi confliggenti, sul piano visivo, fonetico e concettuale, era ampiamente compensata, se non addirittura completamente bilanciata, dal nome del modello Swift. L´uami ha inoltre giustamente ritenuto che il consumatore medio in Svezia, nel Benelux, in Germania, in Francia, in Italia e in Austria non riterrebbe che tutti i veicoli, pezzi ed accessori provengano da uno stesso costruttore sulla mera base della combinazione delle tre lettere «gti», motivo per cui il rischio di confusione andava escluso. (Tribunale dell’Unione europea, Lussemburgo, 21 marzo 2012 Sentenza nella causa T-63/09, Volkswagen Ag / Uami) |
|
|
|
|
 |
|
|
|
|
|
 |
GIUSTIZIA EUROPEA: IL TRIBUNALE ANNULLA LA DECISIONE DELLA COMMISSIONE CHE AVEVA ORDINATO IL RIMBORSO DELLE ESENZIONI FISCALI CONCESSE DALLA FRANCIA, DALL’IRLANDA E DALL’ITALIA A FAVORE DELLA PRODUZIONE DI ALLUMINA, LE QUALI ERANO STATE AUTORIZZATE DAL CONSIGLIO
|
|
|
 |
|
|
Gli atti delle istituzioni dell’Unione devono essere coerenti e rispettare il principio della certezza del diritto L’allumina (o ossido di alluminio) è una polvere bianca ricavata dalla bauxite, utilizzata principalmente nelle fonderie per la produzione di alluminio e, in via secondaria, in applicazioni chimiche. Per la produzione di allumina si utilizza, segnatamente, olio minerale come combustibile. In Irlanda, in Italia e in Francia esiste un solo produttore di allumina: si tratta, rispettivamente, dell’Aughinish Alumina Ltd nella regione di Shannon, dell’Eurallumina Spa in Sardegna e dell’Alcan Inc. Nella regione di Gardanne. Produttori di allumina sono parimenti presenti in Germania, in Spagna, in Grecia, in Ungheria e nel Regno Unito. La normativa europea, in vigore dal 1992, armonizza le accise sugli oli minerali e fissa un’aliquota minima dell’accisa sull´olio combustibile pesante, consentendo al contempo al Consiglio di autorizzare gli Stati membri ad introdurre ulteriori esenzioni dall´accisa armonizzata. Su tale fondamento, taluni Stati membri − l´Irlanda, l´Italia e la Francia − hanno introdotto esenzioni dall´accisa sugli oli minerali utilizzati per la produzione di allumina, rispettivamente dal 1983, dal 1993 e dal 1997. Il Consiglio ha autorizzato tali esenzioni e le ha prorogate con effetto fino al 31 dicembre 2006. La Commissione ha tuttavia constatato successivamente che tali misure conferivano un vantaggio alle società beneficiarie – in quanto finanziate mediante risorse statali – che erano selettive, falsavano la concorrenza e incidevano sul mercato unico. Pertanto, nel 2005, essa ha adottato una decisione secondo cui le esenzioni dalle accise concesse dalla Francia, dall´Irlanda e dall´Italia sugli oli combustibili pesanti usati nella produzione di allumina (fino al 31 dicembre 2003) costituivano aiuti di Stato. La Commissione ha tuttavia deciso che l´aiuto concesso fino al 2 febbraio 2002, sebbene incompatibile con il mercato comune, non dovesse essere recuperato perché il recupero sarebbe stato contrario ai principi del legittimo affidamento e della certezza del diritto. Per contro, gli aiuti concessi tra il 3 febbraio 2002 e il 31 dicembre 2003 erano incompatibili con il mercato comune in quanto i beneficiari non avevano versato un´accisa pari ad almeno 13,01 euro per 1 000 kg di olio combustibile pesante (tale aliquota minima era stata fissata dalla normativa del 1992) e gli Stati erano tenuti a recuperarli presso i rispettivi beneficiari. Nel 2006, la Francia, l´Irlanda e l´Italia hanno proposto un ricorso dinanzi al Tribunale, che ha annullato la decisione della Commissione del 2005, in base al rilievo che quest´ultima aveva violato l´obbligo di motivazione. Su impugnazione della Commissione, la Corte di giustizia ha annullato nel 2009 la sentenza del Tribunale per violazione del principio del contraddittorio e dei diritti della difesa e ha rinviato le cause dinanzi al Tribunale. Su queste cause il Tribunale si pronuncia in data odierna. Nella fattispecie, le ricorrenti addebitano alla Commissione di aver azzerato gli effetti giuridici prodotti dalle decisioni del Consiglio, che avevano autorizzato gli Stati membri ad applicare le esenzioni fino al 31 dicembre 2006, e di avere pertanto violato il principio della certezza del diritto. Il Tribunale ricorda, anzitutto, che il principio della certezza del diritto mira a garantire la prevedibilità delle situazioni e dei rapporti giuridici rientranti nel diritto dell’Unione. A tal fine, è essenziale che le istituzioni dell’Unione rispettino l’intangibilità degli atti che esse hanno emanato ed evitino le incoerenze tra le varie disposizioni che adottano. Peraltro, il Tribunale sottolinea che le norme in materia di armonizzazione delle normative fiscali e le norme in materia di aiuti di Stato perseguono un medesimo obiettivo, ossia la promozione del buon funzionamento del mercato interno, lottando segnatamente contro le distorsioni della concorrenza. Alla luce di tale obiettivo comune, l´attuazione coerente di queste diverse norme impone di ritenere che la nozione di distorsione della concorrenza rivesta la medesima portata e il medesimo significato in materia di armonizzazione delle normative fiscali nazionali e in materia di aiuti di Stato. Di conseguenza, le istituzioni dell´Unione devono valutare in modo coerente la sussistenza di un´eventuale distorsione della concorrenza al fine di autorizzare, o meno, un´esenzione dall´accisa armonizzata. Il Tribunale precisa poi che, in caso di accertamento di una siffatta distorsione, la Commissione deve proporre al Consiglio di non autorizzare l´esenzione oppure di eliminarla o di modificarla − cosa che essa non ha fatto nel caso di specie. Inoltre, essa avrebbe anche potuto chiedere al giudice dell´Unione di controllare la distorsione della concorrenza nel funzionamento del mercato interno, indotta da tale esenzione, e chiedergli di annullare la decisione del Consiglio. Ad ogni modo, la Commissione non poteva qualificare le esenzioni controverse come aiuti di Stato finché la decisione del Consiglio era in vigore e non era stata né modificata né annullata, senza giungere ad un´attuazione incoerente delle norme in materia di armonizzazione delle normative fiscali e delle norme in materia di aiuti di Stato, contraria al principio della certezza del diritto. Il Tribunale annulla dunque la decisione della Commissione nella parte in cui si fonda sull’accertamento che le esenzioni dalle accise sugli oli minerali usati come combustibile per la produzione di allumina, concesse dalla Francia, dall’Irlanda e dall’Italia, costituiscono aiuti di Stato e nella parte in cui ordina agli Stati membri di recuperarli presso i loro beneficiari, nella misura in cui questi ultimi non hanno versato un’accisa pari ad almeno Eur 13,01 per 1 000 kg di olio combustibile pesante. (Tribunale dell’Unione europea, Lussemburgo, 21 marzo 2012, Sentenza nelle cause riunite T-50/06 Renv, T‑56/06 Renv, T‑60/06 Renv, T‑62/06 Renv e T‑69/06 Renv, Irlanda/commissione, Francia/commissione, Italia/commissione, Eurallumina Spa/commissione, Aughinish Alumina Ltd/commissione) |
|
|
|
|
 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|