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IL DPEF SINTESI E CONCLUSIONI
Roma, 18 luglio 2001 - Questo DPEF si sviluppa sull'asse del tempo, dal
2001 al 2006. Sono i 5 anni della XIV legislatura. Una legislatura in cui il
nostro paese può, anzi deve decidere, il suo futuro. L'alternativa è tra
declino e sviluppo. Il declino è evitabile. Lo sviluppo è possibile. I segni
del declino si sono manifestati per tutti gli anni '90. In una economia
globale, gli indici non possono restare locali. Nella nuova "geoeconomia"
del mondo, non conta tanto la specifica velocità di corsa di un singolo
paese. Ma quella relativa agli altri paesi competitori, nella stessa gara
globale. Gli indicatori più significativi non si sviluppano dunque più solo
in senso verticale ed in dimensione nazionale. Va aggiunta, in orizzontale,
la dimensione internazionale, che sta diventando sempre più importante. Nel
corso degli anni '90, la parte maggiore e più significativa degli indici
internazionali marca il progressivo spiazzamento competitivo del nostro
paese, rispetto agli altri paesi concorrenti. Non possiamo continuare così,
fatalisticamente. Possiamo cambiare politica, invertire la tendenza, passare
dal declino allo sviluppo. E' già successo nel dopoguerra: un nuovo
"miracolo economico" è possibile. Per le ragioni e con le azioni che
seguono. Le ragioni dello sviluppo. Ciò che rende effettivamente possibile
l'allineamento della crescita alle reali potenzialità del paese è un doppio
ordine di ragioni: politiche, economiche. Ragioni politiche. Passando
attraverso una serie progressiva di aggiustamenti empirici, il sistema
politico italiano è infine andato a regime. Ciò è evidente, (i) tanto
nell'alternanza compiuta tra due grandi aggregazioni politiche,
reciprocamente competitive, (ii) quanto nell'estensione e nella coesione
della maggioranza che sostiene questo Governo. Tutto ciò, espressione di una
cultura politica positiva, la "cultura della stabilità", non ha effetti
limitati al dominio della politica. Ha effetti estesi anche al dominio
dell'economia. Perché forza e stabilità della "governance" sono presupposti
essenziali, per trasformare in azione concreta i progetti politici. Ciò è
soprattutto vero, e necessario, nell'economia di un programma - come è il
programma di questo Governo - che è decisamente mirato a fondamentali
riforme della struttura del Paese. Ragioni economiche. L'economia italiana è
in gran parte (e come una parte non marginale dell'economia europea)
caratterizzata da un eccesso di "fattori - vincolo" e di "fattori -
ostacolo". L'effetto di blocco o di freno, che ne deriva, si configura come
una gigantesca "manomorta", che insiste sulla nostra economia. In questo
scenario è insieme necessario e possibile realizzare interventi che riducono
costi, sbloccano risorse, accrescono le "chances" di sviluppo, correggono le
aspettative. Gli effetti di questa politica possono manifestarsi,
positivamente, sui fattori essenziali nella strategia dello sviluppo: sul
lavoro, sulle infrastrutture, sul capitale materiale ed immateriale,
sull'innovazione, sulla motivazione a produrre, ad investire, a
ristrutturare, nel complesso a lavorare. Il programma di Governo annuncia ed
impegna ad una legislatura caratterizzata da intense riforme istituzionali.
Molte di queste hanno effetti estesi, dalla politica all'economia. Le
possibilità di esemplificare a questo proposito sono considerevoli. La
"devoluzione" di poteri, dallo Stato alle Regioni, non è solo trasferimento
di poteri politici, ma anche apertura di vastissimi settori di attività
(sanità, istruzione) ad operatori diversi da quelli organizzati nella forma
burocratica classica. Con la devoluzione acquistano in specie nuove e
vastissime "chances" di ingresso nella catena della produzione di servizi
alle persone tanto il mercato, quanto il c.d. "Terzo settore": famiglie,
volontariato, mutue, fondazioni, ecc.. Questi operatori porteranno nuove
idee, nuove energie, nuovi modi per soddisfare i bisogni dei cittadini.
"Terzo settore" è nome nuovo, per indicare una realtà sociale che in realtà,
da secoli, contribuisce a rendere civile il nostro paese. E' una realtà che
vogliamo sviluppare. La "digitalizzazione" delle pubbliche amministrazioni,
non solo ne incrementa sostanzialmente l'efficienza, ma mette in rete una
quantità enorme di dati, così moltiplicando esponenzialmente le "chances" di
sviluppo. L'"e-goverment" è strumento fondamentale, da applicare in Italia,
come si sta facendo in altri paesi. La nuova politica legislativa, mirata a
"codificazioni" e "testi unici", produce stabilità e certezza del diritto.
Fattori questi essenziali, nella competizione economica, che non postula
l'anarchia ma, all'opposto, corpi di leggi semplici, chiare, stabili. A
lato, vengono le riforme economiche. A partire dalla riforma fiscale (basata
essenzialmente su due aliquote principali: 23%, 33%) e previdenziale (basata
sul "secondo pilastro" della previdenza integrativa e/o complementare). Una
parte significativa delle riforme è anticipata dagli interventi di carattere
straordinario, sviluppati nella logica tipica dei "100 giorni". Nel suo
insieme, la nostra "strategia delle riforme" è mirata ad un obiettivo,
soggetta ad un vincolo. Obiettivo è, come premesso, muovere dal declino
verso lo sviluppo Riallineare la crescita dell'economia alle reali
potenzialità del paese, che sono enormemente maggiori, rispetto a quelle
espresse nel corso dell'ultimo decennio. Vincolo è promuovere e garantire
bassa inflazione e finanza pubblica in equilibrio. In piena coerenza con gli
impegni concordati con i nostri "partners" europei. Tra l'obiettivo ed il
vincolo, così determinati, c'è una relazione reciproca strutturale.
L'obiettivo di sviluppo interessa infatti, congiuntamente e positivamente,
tanto il settore privato quanto quello pubblico. Il vincolo determina
l'intensità e la qualità della politica di bilancio. Dall'analisi dei conti
pubblici italiani (per cui è opportuna una diversa, nuova normativa) emerge,
a questo specifico proposito, la fondamentale criticità costituita dalla
crescente dissociazione, tra "indebitamento netto di competenza" e
"fabbisogno di cassa"; Nei termini che seguono, più analiticamente. Nella
finanza pubblica italiana coesistono due fondamentali voci di contabilità:
l'"indebitamento netto", costruito in termini di competenza (crediti e
debiti, con esclusione delle partite finanziarie); b) il "fabbisogno di
cassa", che fa riferimento ai flussi di cassa (incassi e pagamenti).
L'"indebitamento netto di competenza" è il primo parametro rilevante, in
sede europea, ai fini del "Patto di Stabilità e Crescita". La scelta di
questo parametro (è stata), è in specie, mirata ad evitare che i paesi
limitassero nel breve termine il controllo delle spese di cassa, lasciando
tuttavia lievitare le spese di competenza. L'esercizio da fare, al
proposito, sembrerebbe dunque costituito dalla semplice rilevazione di
questa specifica voce. Quanto è l'"indebitamento netto" della Pubblica
Amministrazione, stimato in Italia per il 2001? Secondo le ultime stime e
previsioni della Ragioneria Generale dello Stato, l'"indebitamento netto"
per il 2001: sarà pari a circa 44.500 miliardi di lire; così da raggiungere
l'1,9% del Prodotto Interno Lordo (PIL). Ne emerge un "extra deficit" (un
"buco") pari a circa 25.500 miliardi di lire in più, rispetto ai circa
19.000 miliardi di lire (pari allo 0,8% del PIL) dichiarati dal precedente
Governo ed assunti come impegno in sede europea. In realtà non è prudente
fermarsi qui. Perché va aggiunto quanto segue, a proposito del "fabbisogno
di cassa". Fino al 1999, l'"indebitamento netto di competenza" ed il
"fabbisogno di cassa" sono andati tendenzialmente di pari passo. In ragione
d'anno, lo scostamento tra le due voci, in più o in meno, ha oscillato
intorno a 5.000 - 10.000 miliardi di lire. Ciò organicamente, nella serie
"storica". Nel momento presente, si stanno invece manifestando fenomeni
anomali. Se ne ha completa evidenza, nel grafico che segue: Ciò che ora
emerge, e con piena evidenza, è in particolare la progressiva dissociazione
tra le 2 linee (la linea dell'"indebitamento netto di competenza"; la linea
del "fabbisogno di cassa"), specialmente nel 2000 e 2001. E' a questo punto,
e su questo punto, che si possono formulare due ipotesi essenziali: prima
ipotesi: ciò che conta è comunque e solo l'"indebitamento netto di
competenza"; seconda ipotesi: è vero che, agli effetti del patto di
stabilità, conta soprattutto l'"indebitamento netto di competenza"; ma non
può essere ignorato neppure l'andamento del "fabbisogno di cassa"; In
realtà, l'espansione del "fabbisogno di cassa" del settore pubblico, stimato
per la fine dell'anno a 93.000 miliardi di lire, costituisce un oggettivo
indiscutibile segnale di allarme. In questo contesto, affermare "a priori"
ed in assoluto che il "fabbisogno di cassa" non conta, perché conta solo
l'"indebitamento netto di competenza", non pare prudente. Nel corso degli
ultimi 10 anni, non c'è mai stata forte dissociazione, tra fabbisogno ed
indebitamento. Inoltre, mancano ragioni convincenti che possano spiegare lo
scostamento che oggi osserviamo tra i due aggregati. Ciò giustifica la
prudenza con cui pare corretto formulare la previsione per l'indebitamento
nel 2001. Ne deriva in specie che, (i) data l'interazione tra "fabbisogno di
cassa" ed "indebitamento netto di competenza", (ii) è prudente (non si può
escludere) l'ipotesi che, in proiezione, a fine 2001, il deficit possa
arrivare a 2,6% del Pil. In questo scenario, l'azione del Governo: A) non
può assolutamente svilupparsi nella forma di una violenta "manovra" di
finanza pubblica, sia questa fiscale (aumenti delle tasse), o "sociale"
(tagli di pensioni, sanità, etc.). Perché una manovra di questo tipo
produrrebbe effetti regressivi, opposti a quelli auspicati; B) può solo
svilupparsi nei termini che seguono: a) rallentare la trasformazione
dell'extra-"fabbisogno di cassa" in nuovo "indebitamento netto"; b) ridurre
con serietà e sistematicità l'"indebitamento netto". Nell'assetto presente
dei rapporti europei, è il "Patto di stabilità e crescita" che determina il
DPEF non l'opposto. E' il DPEF, che deve tendere quanto più possibile a
rispettare, tanto nei parametri quanto nelle procedure, il "Patto" europeo.
In specie, su questo punto, obiettivo del Governo è attivare subito un
programma mirato a colmare quanto più possibile lo scostamento tra la stima
RGS, pari all'1,9% del PIL, e l'obiettivo europeo, così tendendo verso lo
0,8% del PIL. In particolare, (i) questo obiettivo viene assunto
essenzialmente per il rispetto degli impegni internazionali assunti dal
precedente Governo e delle procedure che regolano il dialogo sulla politica
economica con i nostri partner europei; (ii) tuttavia, con la consapevolezza
dell'estrema difficoltà del suo conseguimento. Ciò a causa: dello stato dei
conti pubblici, ereditato dal precedente esecutivo; dell'indebolimento del
ciclo economico; della brevità del tempo a disposizione, per un'azione
correttiva. A causa dell'incertezza relativa all'entità dell'indebitamento e
alla struttura dei conti pubblici, il Governo intende presentare in autunno
un quadro aggiornato di finanza pubblica mirato a dare conto degli sforzi
intrapresi per conseguire l'obiettivo europeo per il 2001. A fine anno, in
sede comunitaria il Governo aggiornerà in ogni caso, nel quadro delle
procedure previste dal "Patto di stabilità e crescita", insieme ai nostri
partner europei, gli obiettivi di crescita e di finanza pubblica per il
prossimo quadriennio; c) valorizzare il patrimonio pubblico; in particolare,
attuare il programma di dismissioni preventivate e non realizzate, ampliarne
la portata; d) lanciare quanto più possibile lo sviluppo; e) su questa base,
coperto il "buco" e capitalizzato lo sviluppo, con la maggiore velocità ed
intensità possibile, potrà essere lanciata la fondamentale e necessaria
riforma fiscale. 9E', tutto ciò, esattamente quanto intendiamo fare. A
partire da subito. Abbiamo ottenuto la fiducia del Parlamento il 21 giugno e
dunque da appena 25 giorni. Subito dopo la fiducia, tra il 28 giugno ed il 2
luglio, abbiamo prima approvato in Consiglio dei Ministri, e poi presentato
in Parlamento, 2 Disegni di legge (Atto Senato 373; Atto Senato 374), mirati
a lanciare lo sviluppo. A questo proposito notiamo in specie che: non pare
accettabile sostenere, come fa l'opposizione, che è impossibile discutere
questi provvedimenti prima del DPEF. Non è infatti in discussione
l'esistenza (certa), ma semmai solo la consistenza dell'extra "deficit" che
abbiamo "ereditato". E' inoltre certo il rischio di un rallentamento del
ciclo economico; b) in realtà, più tempo passa, peggio è. Tutto ciò dovrebbe
bastare a rendere chiaro che è nell'interesse oggettivo del paese che non si
perda tempo, che si agisca al più presto! Abbiamo tutti un dovere verso il
Paese. Il lunghissimo "ciclo elettorale" ha fatto perdere al paese due anni.
Non solo ha prodotto problemi per i conti pubblici. Ha fatto perdere al
paese due anni di congiuntura economica favorevole (dunque, c'è stato anche
un "effetto cicala"). Adesso è ora di ripartire. Lo spazio temporale in cui
possiamo agire è ormai stretto: solo l'ultimo quadrimestre del 2001. Proprio
per questo la nostra azione è già iniziata e va ulteriormente, fortemente
accelerata
PRIVACY: DISCORSO DEL PROF. RODOTA' DI PRESENTAZIONE DELLA 'RELAZIONE
ANNUALE 2000'
Roma, 18 luglio 2001 - Di seguito riportiamo la relazione del garante della
privacy:Signor Presidente della Repubblica, la relazione di quest'anno
coglie il Garante per la protezione dei dati personali in un momento
singolare e stimolante, sia per quanto riguarda la sua vita interna, sia per
quel che si riferisce al complessivo contesto culturale e istituzionale in
cui dobbiamo muoverci. Si è concluso, infatti, il primo quadrienno della
nostra attività, e questa scadenza istituzionale è stata accompagnata da un
parziale rinnovamento del collegio. I componenti del passato Collegio,
Giuseppe Santaniello ed io stesso, sono oggi affiancati da Mauro Paissan e
Gaetano Rasi, con i quali l'intesa è stata immediata ed il cui contributo
già incide su materie di particolare rilevanza, come il commercio
elettronico e il sistema dei media. Hanno lasciato il Collegio Ugo De Siervo
e Claudio Manganelli, con i quali abbiamo condiviso la fase difficile della
costruzione di questa nuova istituzione, ed ai quali va un particolarissimo
ed affettuoso ringraziamento. Collocati sul crinale tra passato e futuro,
dobbiamo qui proporre elementi di bilancio e cimentarci con ipotesi di
programmi a più lunga scadenza. Riferiamo sul già fatto, e spingiamo lo
sguardo verso il molto che dovremo fare. In tempi di globalizzazione,
proprio la questione dei dati personali è stata tra le primissime a
scavalcare ogni frontiera, a liberarsi dalle costrizioni del tempo e del
luogo attraverso le molteplici opportunità offerte da Internet. Parlando
oggi di privacy, frequentiamo una dimensione dove s'intrecciano valori
fondativi della persona, precondizioni della democrazia, modalità diverse
dell'azione economica. L'Europa e i diritti dei cittadini - Intanto, però,
il quadro dei principi di riferimento si è rafforzato e consolidato. Questo
è avvenuto alla fine dell'anno scorso, quando a Nizza è stata proclamata la
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che riconosce la tutela
dei dati personali come un diritto fondamentale della persona, con una sua
specificità ed autonomia, e non soltanto come un aspetto, magari implicito,
di una più generale tutela della vita privata. Ai dati personali, infatti,
la Carta dedica l'intero articolo 8, anche con un esplicito riferimento alla
necessità di una autorità indipendente di controllo, che così si configura
come un ineliminabile diritto del cittadino, come un elemento costitutivo
del sistema delle garanzie. Giunge così a compimento un modello europeo che
-attraverso convenzioni, direttive, legislazioni nazionali - è
progressivamente andato oltre un'idea di privacy come puro scudo protettivo
contro invasioni esterne. Parliamo ormai di un diritto
all'autodeterminazione informativa, del potere di governare il flusso delle
proprie informazioni come parte integrante di quella "costituzionalizzazione"
della persona che rappresenta uno degli aspetti più significativi delle
attuali dinamiche istituzionali. Non intendo qui discutere la portata della
Carta dei diritti fondamentali, alla quale non è stato ancora attribuito
formalmente un valore giuridico vincolante, ma che tuttavia già costituisce
punto di riferimento per l'azione di corpi politici e amministrativi, di
giudici nazionali e sovranazionali. E' certo, comunque, che quella Carta ha
rinnovato il sistema dei valori fondativi dell'Europa, e che in questo
sistema la protezione dei dati occupa ormai una posizione di rilievo. Viene
così riaffermata e dilatata la legittimazione delle autorità nazionali di
garanzia, si fa più stringente il loro dovere di assicurare una tutela
rigorosa ai diritti dei cittadini. I governi e i parlamenti, che a quella
Carta hanno dato il loro consenso, devono coerentemente rispettarne i
principi e operare bilanciamenti tra gli interessi che non sacrifichino le
garanzie della sfera privata.Così facendo l'Europa è forse prigioniera di
una illusione? La considerazione della protezione dei dati personali come un
diritto fondamentale può sembrare lontanissima da una realtà che il
presidente di una grande società americana così brutalmente descrive: "La
vostra privacy è zero. Rassegnatevi". E' davvero questo il destino che ci
riserva l'incessante innovazione tecnologica, o in affermazioni come questa
si riflettono piuttosto le pretese di alcuni settori del mondo
imprenditoriale, e i caratteri che differenziano il modello europeo da
quello degli Stati Uniti? Un confronto con gli Stati Uniti - Proprio
l'analisi delle dinamiche reali ci impone di non cedere alle
semplificazioni. Esaminerò più avanti gli atteggiamenti che emergono tra le
imprese. Intanto, però, è necessaria un'attenzione attiva per quel che sta
accadendo negli Stati Uniti. Probabilmente è eccessivo l'ottimismo di chi
parla della legislatura appena cominciata come di un "privacy Congress". E'
certo, tuttavia, che cresce la pressione per una tutela della privacy non
affidata soltanto all'autoregolamentazione ed alle logiche del mercato.
Trenta proposte di legge sono già state presentate al Congresso e, tra
queste, alcune prevedono l'istituzione di una autorità sul modello europeo;
negli stati, il numero delle proposte, nel 2001, è arrivato addirittura a
6918. Lo stesso Presidente Bush ha chiesto una normativa che impedisca l'uso
dei dati genetici a fini discriminatori, in particolare ad opera di datori
di lavoro e assicuratori, secondo una linea già adottata da un decreto di
Clinton del febbraio dell'anno scorso, che vietava appunto il ricorso ai
dati genetici per la valutazione dei dipendenti federali. A queste dinamiche
non è estranea l'influenza del modello europeo che, subordinando il
trasferimento dei dati personali fuori dall'Unione europea all'esistenza di
una protezione adeguata nei paesi di destinazione, comincia ad obbligare le
imprese americane a rispettare regole più severe di quelle interne ed offre
un punto di riferimento a quanti, negli Stati Uniti, chiedono appunto
livelli più elevati di protezione. Tutto questo non avviene senza contrasti
e resistenze. L'accusa di violare la sovranità degli Stati Uniti con la
pretesa di imporre regole europee, proposta in modo particolarmente
tagliente in occasione di un recentissimo intervento della Commissione in
tema di concentrazioni, era già stata ripetutamente formulata proprio in
relazione alle norme sulla circolazione transnazionale delle informazioni
personali. La Dichiarazione di Venezia e l'iniziativa italiana - Ho
insistito sulle questioni internazionali per una ragione generale e per
segnalare subito un problema concreto, che impegnerà dall'inizio
dell'autunno tutta quella parte del sistema imprenditoriale che trasferisce
dati personali fuori dell'Unione europea. Il Garante italiano è certamente
quello che, in Europa, ha maggior consapevolezza della dimensione davvero
globale della circolazione delle informazioni, e di ciò abbiamo avuto un
palese riconoscimento con la mia elezione quale presidente del Gruppo dei
Garanti europei. Organizzando l'anno scorso a Venezia la ventiduesima
Conferenza mondiale sulla protezione dei dati personali, avevamo scelto come
tema "Un mondo, una privacy" ed avevamo risolutamente operato perché la
conferenza si concludesse con una dichiarazione volta ad indicare una via
verso regole condivise. La Dichiarazione di Venezia, sottoscritta dai
rappresentanti delle autorità di tutto il mondo, ribadisce che la privacy è
"un diritto fondamentale della persona" e "un elemento essenziale della
libertà dei cittadini"; indica i principi comuni ai quali già ci si ispira
nei più diversi paesi; impegna ad operare per garantire a tutti elevati e
analoghi livelli di protezione. Segnaliamo questa esperienza a Governo e
Parlamento perché, se lo riterranno opportuno, mantengano viva l'iniziativa
italiana e si facciano promotori di azioni internazionali che con strumenti
diversi e coordinati tra loro - convenzioni, codici di condotta, standard
tecnici - costruiscano una rete sempre più larga di riferimenti comuni. Non
sarebbe una iniziativa eccessivamente ambiziosa, coglierebbe lo spirito del
tempo, sarebbe un buon esempio di quella che ho chiamato "attenzione attiva"
per i nuovi problemi e le nuove prospettive di tutela. Il modello europeo di
protezione dei dati personali, infatti, ha ormai superato i confini
dell'Unione e ispira la legislazione dei paesi più diversi - dal sistema di
Hong Kong alle leggi dei paesi dell'Europa centrale e orientale, a quelle
recentissime di Cile e Argentina. Una iniziativa italiana rafforzerebbe
questa tendenza e favorirebbe cosi la diffusione di principi comuni. Le
informazioni fuori dallUnione europea: no ai paradisi dei dati - Proprio la
crescente legittimazione internazionale di questo modello conferma la
giustezza della scelta del legislatore europeo e di quello italiano di
consentire il trasferimento dei dati personali solo in paesi che offrano una
protezione adeguata, così evitando la pericolosa nascita di "paradisi dei
dati", assai più agevoli da costruire degli stessi paradisi fiscali. Finora
la circolazione internazionale dei dati non è stata sostanzialmente
intralciata, per consentire alle imprese di adeguare le prassi alle nuove
regole; per cominciare ad identificare i paesi che, fuori dell'Unione
europea, già offrono livelli adeguati di protezione; e, soprattutto, per
risolvere i difficili problemi dei trasferimenti verso il più grande
"mercato" delle informazioni, gli Stati Uniti. Disponiamo ora degli
strumenti necessari, e il periodo di "grazia" è terminato, ovunque in
Europa. Il Garante indicherà al più tardi a settembre i criteri che dovranno
essere seguiti da tutti i soggetti che, localizzati in Italia, trasferiscono
o intendono trasferire dati personali fuori dell'Unione europea. Ma è
opportuno che fin d'ora tutti prendano buona nota di questa scadenza e
facciano le loro scelte: assai semplici se il trasferimento riguarda paesi
la cui legislazione va considerata adeguata dall'Unione europea (Canada,
Svizzera, Ungheria, Slovenia, Hong Kong) o se si tratta di imprese
statunitensi che hanno aderito all'accordo chiamato "Safe Harbor", "Porto
sicuro"; scelte che saranno appena più complesse, se si ricorrerà alle
clausole contrattuali uniformi già approvate dalla Commissione europea sulla
base del lavoro dei garanti europei; e che diverranno più impegnative se si
deciderà di ricorrere per casi speciali alla procedura prevista dall'art. 28
della legge 675, dal momento che si dovrà chiedere per questi una specifica
autorizzazione del Garante. Un'opportunità, un valore aggiunto - Non vorrei
che, a questo punto, venisse riproposto lo schema ingannevole che
contrappone alla fluidità dei commerci la rigidità della disciplina dei dati
personali. Questa è una tesi insostenibile in via di principio perché, con
uno scatto d'insofferenza, non si può semplicisticamente considerare come un
intralcio alla competitività quello che, invece, è un ineludibile diritto
fondamentale. Ma, soprattutto, insistere su quella contrapposizione rivela
arretratezza, incapacità di guardare alle dinamiche più avanzate dello
stesso mondo imprenditoriale. Nella Relazione dello scorso anno mettevamo in
luce la dipendenza dello sviluppo del commercio elettronico da politiche
imprenditoriali capaci di rispondere alle preoccupazioni della quasi
totalità dei consumatori, poco propensi ad entrare nel mercato elettrico
senza adeguate garanzie per la riservatezza e la sicurezza dei loro dati.
Avevamo visto giusto. Nel corso del 2000 il commercio elettronico ha perduto
negli Stati Uniti dodici milioni di clienti; pochi giorni fa una inchiesta
Gallup ha confermato le preoccupazioni dei consumatori; e già si manifestano
o si annunciano politiche imprenditoriali che segnano una radicale modifica
degli atteggiamenti verso la protezione dei dati personali. Grandi imprese,
in Europa e in America, dichiarano la loro volontà di abbandonare le
pratiche di spamming (invio indiscriminato di messaggi pubblicitari), di
preferire l'opt in (consenso preventivo) all'opt out (richiesta di
cancellazione dalle liste). Fuori dai gerghi, questo vuol dire che tali
imprese adottano in pieno la logica (già norma in Italia e altrove) del
preventivo consenso dell'interessato al trattamento dei suoi dati personali.
La ragione è squisitamente economica: l'invio di messaggi indesiderati può
provocare reazioni di rigetto nei confronti del mittente molesto,
l'insicurezza sulle modalità di raccolta e di utilizzazione dei dati su
Internet allontana dai siti sospetti. Tutto questo contrasta con strategie
volte a conquistare la fiducia dei consumatori. In questa prospettiva, la
privacy si presenta come un valore aggiunto, addirittura come un efficace
strumento di concorrenza tra imprese. I prepotenti della "Zero privacy"
cominciano ad essere abbandonati all'interno del loro stesso mondo. Si
profila così la possibilità di un'alleanza "virtuosa" tra difensori della
privacy e settori avanzati del mondo imprenditoriale, con opportunità
crescenti anche per i gruppi che operano nell'interesse dei consumatori.
Anche in Italia, infatti, cominciano a svilupparsi iniziative tendenti ad
offrire alle imprese una "certificazione di qualità" delle loro politiche di
privacy, ad offrire ai cittadini la possibilità di essere inseriti in "liste
Robinson", costituite dai nomi delle persone che dichiarano preventivamente
di non voler ricevere comunicazioni pubblicitarie. Seguiamo con attenzione
queste iniziative, consapevoli anche dei problemi che possono porre. Di
nuovo può soccorrerci l'esperienza degli Stati Uniti, dove grandi "certificatori"
sono incappati in gravi infortuni, avendo offerto la loro copertura a
soggetti poi rivelatisi a dir poco disinvolti nel trattare dati personali.
Si pone così il problema dell'affidabilità dei certificatori, delle loro
responsabilità, anche patrimoniali, nei confronti del pubblico. Allo stesso
modo, la mancata richiesta d'essere inseriti in una "lista Robinson" non può
mai essere considerata come un consenso indiretto o presunto a ricevere
pubblicità. Da parte nostra stiamo completando l'analisi delle politiche dei
siti italiani, non fermandoci alla superficie, che può rivelarsi
ingannevole, delle modalità di raccolta dei consensi. Si fanno sempre più
sottili e sofisticate le forme di trattamento "invisibile" delle
informazioni, che sono comunque illegali, come ha ribadito in una sua
Raccomandazione il Gruppo dei Garanti europei. Su questo interverremo con
modalità concordate con le autorità degli altri paesi, sollecitando anche
l'adozione di più puntuali regole deontologiche, sostenendo l'azione di
quanti insistono per l'introduzione di più adeguati standard tecnici
(l'industria del sofware ha mostrato attenzione per alcuni suggerimenti
avanzati dalla comunità di Internet), mettendo in evidenza le relazioni di
fiducia indispensabili per attribuire credibilità alle attività di
certificazione. I "decaloghi" sulla propaganda elettorale e la
videosorveglianza, l'attenzione per gli interessi del cittadino "comune" -
Nell'ultimo anno le modalità di intervento del Garante si sono articolate,
cogliendo le esigenze di una realtà che chiede anche interventi generali e
preventivi. Richiamo in particolare l'attenzione sui provvedimenti in
materia elettorale e di videosorveglianza, strutturati in modo da offrire a
tutti gli interessati prescrizioni chiare, per punti, agevolmente
comprensibili ed applicabili. Si tratta di provvedimenti che, da una parte,
sintetizzano decisioni già assunte dal Garante e, dall'altra, colgono
esigenze variamente manifestate. Così, il "decalogo" elettorale ha
consentito di risolvere centinaia di questioni con un semplice rinvio al suo
testo, disponibile sul nostro sito web, dove erano e sono anche presenti
sintetici schemi per richiedere notizie sulla fonte dei dati utilizzati per
l'invio di messaggi elettorali, e per ottenere la cancellazione dagli
elenchi predisposti. Si è manifestata, infatti, una vivissima sensibilità
dei cittadini, che tendono a rifiutare la propaganda elettorale non gradita.
E il "decalogo" sarà presto aggiornato proprio per tener conto di queste
preoccupazioni, e per chiarire le modalità di trattamento dei dati raccolti
da partiti e singoli politici. Più difficile e controversa si presenta
l'applicazione delle indicazioni sulla videosorveglianza, spesso eluse e per
le quali è già stato avviato un programma di ispezioni, che in alcuni casi,
come per le web camera sulle spiagge, hanno consentito di risolvere
immediatamente i problemi. A proposito di videosorveglianza, tuttavia, è
bene dire alcune parole chiare, per evitare il perpetuarsi di equivoci
interessati o determinati da scarsa conoscenza dei dati reali. Anche qui si
tende spesso a prospettare un conflitto, questa volta tra esigenze di
sicurezza e tutela della sfera privata. E anche questa volta bisogna
ribadire che è inaccettabile la pretesa di sacrificare la tutela dei dati,
diritto fondamentale della persona.E' possibile, anzitutto, trovare punti di
equilibrio tra i diversi interessi in gioco, come dimostra, ad esempio, la
collaborazione tra Ministero dell'Interno e Garante per il programma di
videosorveglianza sull'autostrada Salerno-Reggio Calabria. Qui il
trattamento delle informazioni rispetta i principi di finalità, pertinenza,
proporzionalità, in particolare per quanto riguarda il tempo di
conservazione dei dati raccolti: questo rispetto dei diritti dei cittadini
non ha limitato l'efficacia delle misure di sicurezza: le rapine sono
diminuite del 40%. E lo stesso si può dire per i sistemi di
videosorveglianza su mezzi pubblici, sui varchi d'accesso ai centri storici,
su aree particolarmente a rischio.Ma si racconta spesso che, posti di fronte
all'alternativa tra sicurezza e riservatezza, i cittadini scelgono sempre la
prima. La nostra esperienza ci dice che non è così. Il bisogno di intimità,
ad esempio sulle spiagge, porta a rifiutare ogni occhio indiscreto.
L'identificazione, sia pure casuale, dei pazienti che entrano in uno studio
medico, in una strada videosorvegliata, provoca forti e giustificate
reazioni di rigetto. Potrei proseguire in questa casistica che, comunque,
dovrebbe mettere in guardia contro le semplificazioni. Se davvero si
vogliono conoscere le opinioni dei cittadini in una materia tanto delicata,
bisogna articolare le domande, identificando i reali interessi implicati in
situazioni che si presentano assai diverse l'una dall'altra.Proprio questa
ricchezza di interessi si riflette nella gran massa dell'attività del
Garante, che incontra i bisogni minuti, quotidiani delle persone. I diritti
sul luogo di lavoro, nella scuola, nel comune; le questioni della salute; le
relazioni con istituti bancari ed assicurativi, con centrali rischi private,
con gestori dei servizi telefonici; la qualità dell'informazione
commerciale; i rapporti condominiali: qui, e in altre materie, gli
interventi del Garante sono intensissimi e confermano la sua collocazione
dalla parte dei cittadini. Una linea, questa, lungo la quale si
svilupperanno, tra gli altri, gli interventi imminenti sull'uso delle e-mail
e di Internet nei luoghi di lavoro, questione sulla quale si pronuncerà
all'inizio di settembre il Gruppo dei Garanti europei. Ma una nuova
questione si è aperta, legata all'impetuoso sviluppo della ricerca genetica,
che tocca nel profondo l'identità stessa delle persone. Le informazioni
genetiche si presentano ormai come i più sensibili tra i dati sensibili, per
il loro carattere strutturale, per le loro attitudini predittive, per la
loro riferibilità a tutti i componenti di un gruppo biologico. Fin
dall'inizio della sua attività il Garante ha colto questa novità, adottando
regole particolarmente severe per evitare in particolare utilizzazioni
discriminatorie dei dati genetici. La recente ratifica, con la legge n. 145
del 2001, della Convenzione europea sulla biomedicina rafforza in maniera
decisiva il divieto di utilizzare i dati genetici per finalità diverse da
quelle di tutela della salute dell'interessato e di ricerca scientifica,
dunque escludendo la possibilità di ricorrere ad essi in relazione ad atti a
contenuto economico, come i contratti di lavoro e di assicurazione.
Opereremo per il rafforzamento di queste garanzie, vegliando anche sulle
modalità delle ricerche svolte sul patrimonio genetico di piccole comunità,
per evitarne utilizzazioni lesive della sfera privata dei soggetti ai quali
si riferiscono.I nuovi codici deontologici - L'articolazione degli strumenti
regolativi conosce anche altri modelli. La nostra esperienza ci porta a
sottolineare l'importanza dei codici deontologici che possiamo definire "di
nuova generazione", perché non sono il frutto della sola iniziativa dei
settori interessati, ma della collaborazione tra questi e l'autorità
garante, a livello nazionale ed europeo. In Italia sono già vigenti il
codice per l'attività giornalistica e per la ricerca storica; sta per essere
pubblicato quello sulla ricerca statistica pubblica, al quale seguiranno
quelli sulla statistica e la ricerca scientifica privata, sulle
investigazioni private e l'attività forense (particolarmente importante
anche per le indagini difensive nel quadro del nuovo processo penale),
mentre si lavora al codice dell'attività bancaria.Non neghiamo che ciò ponga
problema delicati sul terreno delle fonti del diritto. I codici di
comportamento, tuttavia, si stanno diffondendo dappertutto nel mondo e nelle
materie più diverse, grazie alla loro flessibilità e adattabilità, che ne
fanno strumenti capaci di seguire una realtà in continuo e spesso tumultuoso
mutamento, dove le tradizionali forme di disciplina legislativa possono
rivelarsi inadeguate. Ed essi costituiscono anche un terreno sperimentale,
per saggiare la validità di soluzioni nuove, da trasferire poi eventualmente
sul terreno legislativo. Naturalmente, condizione perché questi codici
possano avere piena legittimazione è l'esistenza di un chiaro quadro di
principi di riferimento, fissato dalla legislazione.La delega al Governo -
Proprio il chiarimento e il completamento del quadro legislativo è il
compito affidato oggi a Governo e Parlamento da una delega che prevede
l'emanazione, entro l'anno, di nuovi decreti delegati e, entro il 2001, di
un testo unico che riordini complessivamente l'intero settore. Per i tempi,
e per l'ampiezza delle materie da trattare, si tratta di un compito assai
impegnativo, al quale il Garante è pronto a dare la massima sua
collaborazione, anche oltre il compito istituzionale di esprimere specifici
pareri.Bisognerà affrontare, infatti, questioni complesse come quelle
relative ai dati per finalità di giustizia e di polizia, ad Internet, alle
diverse forme di sorveglianza, al direct marketing. Bisognerà risolvere
questioni lasciate aperte da inadeguatezze dell'attuale legge, ad esempio
nel settore bancario. Bisognerà puntare a garanzie sostanziali,
semplificando ulteriormente là dove gli adempimenti burocratici non
rispondano a nessuna reale funzione di garanzia (come nella materia delle
notificazioni). Suggeriamo fin d'ora a Governo e Parlamento di affrontare
due questioni. E' opportuno rivedere il sistema delle sanzioni penali
previsto dalla legge n. 675, per chiarire meglio alcune fattispecie e per
sostituire la sanzione penale con una amministrativa o interdittiva, là dove
queste ultime si rivelano più adeguate ed efficienti, anche per la loro più
rapida applicazione (ad esempio, in relazione alle omesse notificazioni).
Inoltre, dopo la conclusione dei lavori della Commissione del Parlamento
europeo sul caso Echelon, sono necessarie iniziative concrete per garantire
cittadini e imprese italiane contro forme di raccolta delle informazioni che
violano tutte le regole dell'Unione europea in materia di dati personali.L'ufficio
del Garante: attività e struttura - Il Garante sta adeguando la sua
struttura alla complessa realtà nella quale lavora. Solo all'inizio di
quest'anno è stata possibile la sistemazione in ruolo del personale e la
nomina dei dirigenti. Selezioni e concorsi pubblici sono stati avviati per
un nuovo reclutamento, indispensabile per assicurare la funzionalità
dell'ufficio: l'imponente lavoro di questi anni è stato svolto da un
organico ristrettissimo, che oggi comprende solo 51 persone. Una nuova
figura organizzativa sarà introdotta per migliorare la gestione e adeguarla
alle complesse esigenze della nuova organizzazione dell'ufficio.Valutando il
flusso delle richieste rivolte al Garante nel 2000, queste sono state
19.571, confermando la tendenza del periodo precedente e portando il loro
numero complessivo nel quadriennio a circa 120.000.Si è confermata anche
l'efficienza nella trattazione dei ricorsi, tutti risolti (e sono
complessivamente 354) nel brevissimo termine prima di venti e ora di trenta
giorni, con un buon esempio di giustizia rapida e quasi per nulla costosa.
Le risposte a segnalazioni e reclami sono passate, tra il 1999 e il 2000, da
130 a 687.La qualità di questo lavoro è testimoniata dal bassissimo numero
di impugnazioni dei nostri provvedimenti, soltanto otto (2.2% sul totale dei
ricorsi decisi), accolte dai giudici ordinari in tre casi soltanto. Merita,
invece, d'essere particolarmente sottolineata la prima e recentissima
sentenza della Corte di Cassazione (n° 2783 del 30 giugno 2001 della Prima
sezione civile) con la quale, respingendo pericolose interpretazioni
restrittive, è stata accolta l'impostazione del Garante per quanto riguarda
l'identificazione dei dati personali e la nozione di banca dati.Permane un
arretrato, già segnalato lo scorso anno: non è stata ancora data specifica
risposta a 3454 tra segnalazioni e richieste. Questo problema può essere ora
affrontato in modo più adeguato grazie alla costituzione di un apposito
ufficio, al quale verrà destinata gran parte del nuovo personale, per
rendere possibile l'eliminazione di questo arretrato in tempi brevi. E' bene
tener presente, ad ogni modo, che si tratta di un arretrato che riguarda
l'intero quadriennio passato, sì che la sua incidenza sul numero complessivo
di ricorsi, segnalazioni, reclami e richieste ammonta al 2.8%.Un ritardo si
è manifestato anche nell'inserimento delle notificazioni nel Registro
generale dei trattamenti. Delle 297.500 notificazioni ricevute, 270.000 sono
state già inserite nel Registro e sono consultabili. Per quanto riguarda le
altre, è stato stipulato un contratto che consentirà di eliminare
l'arretrato entro settanta giorni e, quindi, di inserire le nuove
notificazioni nel registro dei trattamenti lo stesso giorno in cui verranno
ricevute. Dal prossimo autunno cominceranno a funzionare la biblioteca ed il
centro di documentazione. Queste strutture, che raccoglieranno il più ricco
materiale esistente in Italia per lo studio dei rapporti tra tecnologie e
diritti, saranno aperte al pubblico.Alcune questioni aperte - Il lavoro
complessivamente svolto dal Garante suggerisce anche una serie di
valutazioni qualitative, dalle quali trarre indicazioni per l'attività
futura, per offrire al Parlamento elementi di valutazione e per segnalare al
Governo "l'opportunità di provvedimenti normativi richiesti dall'evoluzione
del settore", come prevede l'art. 31 della legge. Abbiamo in più occasioni
segnalato l'omessa consultazione del Garante in casi esplicitamente previsti
dalla legge, e lo abbiamo ripetutamente fatto presente alla Presidenza del
Consiglio. Ci auguriamo che la Presidenza voglia richiamare i ministeri al
rispetto di tale norma, anche per evitare l'invalidità degli atti emanati.Non
sottolineiamo questo fatto lamentando la violazione del prestigio del
Garante. La nostra consultazione serve ad assicurare che in procedimenti che
incidono - lo ripeto - su un diritto fondamentale del cittadino possa
trovare espressione il punto di vista dell'organo al quale è
istituzionalmente affidata la cura di tale interesse. Peraltro, nella
grandissima maggioranza dei casi in cui è stata richiesta, anche
informalmente, la collaborazione del Garante, questa si è svolta in un clima
che ha consentito un miglioramento, talvolta decisivo, dei provvedimenti in
questione. Mi limito a ricordare i casi del "registro nazionale" dello stato
civile e della proposta di costituzione di un'anagrafe unica degli italiani,
del processo civile telematico, della centrale rischi della Banca d'Italia.
In altri casi, l'aver trascurato i suggerimenti del Garante ha provocato
conseguenze negative, com'é avvenuto per la tessera elettorale.Segnaliamo al
Governo alcune questioni aperte, mantenendo piena, come in passato, la
nostra offerta di collaborazione: rimane negativo il quadro delle garanzie
per alcune banche dati riguardanti il Welfare, in particolare per quanto
riguarda il riccometro, il sanitometro, il Sistema Informativo Lavoro;
permangono ritardi gravi nei decreti attuativi riguardanti la materia
delicatissima del trattamento dei dati sensibili, sì che risultano illeciti
i comportamenti di numerose amministrazioni pubbliche; le moltissime
lamentele dei cittadini sollecitano l'intervento del Ministro della Sanità
in materia di ricette mediche; ai Ministri dell'Interno e della Sanità
chiediamo interventi per uniformare le diverse prassi presso comuni ed
aziende sanitarie locali, spesso inutilmente burocratiche e che non
tutelano, invece, la privacy dei pazienti; chiediamo al Ministro
dell'Interno di coinvolgere il Garante nelle sperimentazioni della carta
d'identità elettronica e dei servizi ai cittadini attraverso le reti
civiche, come già era stato assicurato; segnaliamo alla Presidenza del
Consiglio la necessità di dare risposte alle nostre segnalazioni riguardanti
i servizi di sicurezza e di polizia; al Ministro della Giustizia segnaliamo
le questioni, da noi ripetutamente sollevate, delle diverse garanzie di
riservatezza nei giudizi giudizi civili e penali, nonchè delle modalità
delle notificazioni degli atti giudiziari, spesso effettuate in forme che
ledono, prima ancora che la riservatezza, la dignità stessa delle persone
alle quali sono indirizzate. al Ministro per l'Innovazione e le Tecnologie
chiediamo di considerare con particolare attenzione i problemi derivanti
dall'interconnessione tra le diverse banche dati pubbliche. Diritti e nuove
tecnologie - Ma la crescente disponibiltà di una gamma sempre più estesa di
tecnologie determina problemi qualitativi sui quali, in conclusione,
vogliamo richiamare l'attenzione, perché siamo di fronte a possibili,
radicali mutamenti delle nostre organizzazioni sociali.In uno dei primi
provvedimenti del Governo, ad esempio, si è opportunamente stabilito che il
regime di conoscibilità delle aliquote dell'addizionale Irpef non sia più
affidato alla pubblicazione nell'albo pretorio, ma sul web. Ma non in tutti
i casi il passaggio dai tradizionali regimi di pubblicità a quelli
elettronici appare accettabile. Il Garante ha dovuto affrontare un caso in
cui un ufficio giudiziario, dovendo effettuare le notificazioni alle molte
parti di un processo, aveva appunto deciso di farlo attraverso un sito web.
Ma questo ha comportato la conoscibilità da parte di una platea
indeterminata di soggetti del fatto che le parti lese, indicate con tutte le
generalità, erano state contagiate ed erano ammalate di epatire virale o di
Aids, violando la dignità di queste persone. Abbiamo ritenuto questo
"slittamento" dalle vecchie alle nuove forme di notificazione una violazione
delle norme sul trattamento dei dati, scorgendo in ciò anche una violazione
del diritto costituzionale a far valere in giudizio i propri diritti. Chi,
infatti, ricorrerà al giudice se questo avrà come contropartita un
inammissibile obbligo di denudarsi davanti all'intera collettività? Il
rischio di derive tecnologiche è nelle cose, e nelle cifre che rappresentano
la realtà in turbinoso cambiamento. In Italia si inviano 30 milioni di
messaggi Sms al giorno. I dati di traffico conservati dalle società
telefoniche sono ben oltre i cento miliardi, e consentono di ricostruire
l'intera rete delle relazioni personali, sociali, economiche di ciascuno di
noi nei passati cinque anni. Si stanno sperimentando software che
consentiranno entro breve tempo di inviare cento milioni di e-mail al
giorno, con il rischio che ciascuno di noi ne riceva da trenta a cinquanta
in una giornata, con conseguenti costi in termini di tempo e di connessione
alla rete. Centinaia di migliaia di sistemi di controllo a distanza sono già
operanti. Cresce in maniera esponenziale il ricorso ai test genetici, e
crescono le pretese di assicuratori e datori di lavoro per utilizzarli nel
valutare chi chiede un'assicurazione o un'assunzione: negli Stati Uniti sono
già stati censiti centinaia di casi di discriminazione su questa base, e
questa è la ragione dell'intervento di Bush ricordato all'inizio. Questo non
è allarmismo, è realismo. Se non si prenderà coscienza del significato
complessivo di questo fenomeno, e si sacrificherà tutto sull'altare di una
efficienza tutta delegata alla tecnologia, non si produrrà soltanto uno
scarto tra proclamazione del diritto fondamentale alla protezione dei dati e
realtà delle sue quotidiane violazioni. Si restringeranno gli spazi vitali
delle persone, continuamente esposte a sguardi e messaggi indesiderati,
ormai incapaci di godere di intimità, obbligate a modellare la loro stessa
personalità da questo obbligo di vivere continuamente "in pubblico",
sottoposti ad una implacabile registrazione d'ogni atto anche quando si fa
una passeggiata o si fa un acquisto in un supermercato. Si dice che questa
non è più soltanto una condizione tecnologicamente determinata, ma
socialmente gradita. Si invoca l'autorità delle mille trasmissioni
televisive dove volontariamente si espone la propria intimità all'occhio di
milioni di spettatori. Si ridefisce lo stesso concetto di base della nostra
materia ricorrendo ad un ossimoro: la privacy "condivisa". Un aspetto della
cittadinanza democratica - Ma noi dobbiamo qui ripetere la testimonianza già
proposta negli anni passati, fondata su una esperienza che fa riferimento ad
una sterminata serie di casi in cui la richiesta di una forte tutela della
sfera privata esprime, insieme, un bisogno di intimità, il rifiuto d'ogni
possibile discriminazione, l'esigenza di compiere le proprie scelte
personali, sociali, politiche fuori d'ogni rischio di stigmatizzazione
sociale. La privacy rompe gli angusti steccati nei quali ancora vorrebbe
chiuderla una sua arcaica lettura. La protezione dei dati personali è ormai
componente essenziale della cittadinanza democratica nella società
dell'informazione. E pure del diritto di ciascuno di costruire liberamente
la propria personalità, anche manifestando un io diviso in cui convivono
esibizionismo e riservatezza. Su questo sfondo si muove l'azione del
Garante, che ha come bussola quel riferimento alla dignità della persona che
oggi apre la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, ma che, con
significativa anticipazione, compare nell'art. 1 della nostra legge. Ma,
proprio perché siamo di fronte a mutamenti della società che coinvolgono il
destino medesimo delle persone e della democrazia, ripetiamo qui che non può
bastare l'impegno volonteroso di un'autorità. Spetta al Parlamento, luogo
massimo della rappresentanza, discutere e decidere del ruolo delle
tecnologie nelle nostre società. Lo diciamo non per omaggio al luogo che ci
ospita, ma per comune e convinta convinzione democratica.
A GENOVA TUTTE LE TECNOLOGIE MULTIMEDIALI PER IL DOMANI
Genova, 18 luglio 2001 - Nel corso del G8 che si terrà nella capitale ligure
le tecnologie di prossima generazione subiranno un collaudo non indifferente
e soprattutto consentiranno ai giornalisti accreditati di sfruttare per il
loro lavoro nuovi concetti. Wind, che ha cablato a larga banda numerose zone
di Genova, ha creato una rete (Intranet denominata Man Metropolitan Area
Network) alla cui base vi sono stati sistemati 5 server che potranno
immagazzinare fino a 500 ore video ciascuno. I server sono stati forniti
dalla fvc.com specializzata nella fornitura di servizi che riguardano
videoconferenza, video streaming e video on demand, la quale, per meglio
assolvere al loro compito ha provveduto a creare delle macchine apposite,
mixando hw e sw disponibile sul mercato, ma adattato alle precise esigenze
dell'elevata velocità di trasmissione e soprattutto della qualità Mpeg2. In
pratica i circa 700 personal computer che tramite il portale "Click to Meet"
potranno accedere al materiale multimediale, non avranno il problema di
assistere direttamente alle conferenze in quanto, consultando sul loro Pc
messo loro a disposizione "Click to Meet" potranno scegliere di richiedere
il filmato di una conferenza già avvenuta in un'altra sede e rivederselo,
interrogare la banca dati video sulle conferenze in programmazione e
assistere on live a quelle in corso. A queste possibilità vanno aggiunte
anche quelle di poter vedere, sempre dal terminale collegato a Man, le
televisioni nazionali e internazionali accreditate e fra queste vi saranno
anche quelle satellitari, il cui segnale sarà captato da antenne e diretto
all'interno della Intranet dedicata al G8. Ma per utilizzare la piattaforma
Click to Meet, Wind ha richiesto anche la collaborazione di Marconi ed altre
aziende . Oltre alle sedi de I Magazzini del Cotone e del Palazzo Ducale ne
sono state cablate altre come la nave European Vision che però, per motivi
di sicurezza, non sono stati dati ragguagli in merito. Va anche detto che in
merito è stata costituita una task force che sorveglierà la rete in caso di
attacchi da parte dell'esterno.
WIND SELECTS CLICK TO MEET FOR DEPLOYMENT OF VIDEO SERVICES DURING THE
NEXT G8 SUMMIT IN GENOA, ITALY
Milan, Italy and Santa Clara, California - July 18, 2001 - Frist Virtual
Communications (Nasdaq: Fvcx) announced that Wind, Italy's first convergent
telecommunications operator, a joint venture company between Enel SpA and
France Telecom has selected First Virtual Communications' core technology,
Click to Meet for deployment of broadband videoconferencing, video streaming
and video on demand services to G8 members, delegates and journalists,
during the next G8 Summit to be held from July 20th to July 22nd in Genoa.
This deployment provides a worldwide showcase for First Virtual
Communications' Click to Meet rich media platform. Click to Meet permits
person-to-person and group videoconferencing, video streaming and video on
demand. applications and operates across multiple network technologies
including Ip, Atm Dsl, cable modeni and Pstn. It provides users with simple
point and click access to a variety of rich media communications services,
removing the technological.complexity that has, until now, limited the
development of videoconfereneing, video strearning and video on demand. "The
selection of the Click to Meet platform for the G8 Summit is a testament to
its flexibility and reliability in a demanding and variable conferencing
environment. This conference provides an excellent opportunity to showcase
the ease and power of our rich media communications solutions," said Killko
Caballero, president and Ceo of First Virtual Communications. "By
facilitating virtual interactive voice and video communications at the very
highest level of leadership, First Virtual is demonstrating the real-world
value of face-to-face communications from anywhere around the globe." Wind
is already a satisfied customer of First Virtual Commununications'
technology and as a result decided to offer its video services during this
important event, when the eight leaders of the most industrialized countries
will meet. Iviembers of the G8 delegations, staff personnel and journalists
attending the event will use high-quality one-way and multi-way video
services to improve communications and productivity, as well as to join
remote conferences- Over 2500 PCs will be connected over a high-speed
metropolitan area network (Man) provided by Wind. Eight room conference
systems will be available for person-to-person and group videoconfèrencing
between the delegates' locations and anywhere outside the Man. A high
performance Click to Mect server will provide management and routing of the
calls. "We are proud to be selected as the leading provider of multimedia
services during such an important meeting, where the eyes of the . world
will be for three days," said Fabio Tessera, managing; director of First
Virtual Communications' Italian Branch. "We are confident that our strong
partnership with Wind will continue to produce exciting news for our
shareholders, and we are committed to further prowing our business in Europe."
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