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Notiziario Marketpress di Mercoledì 26 Novembre 2008
RICERCA TROVA NUOVA SPIEGAZIONE PER L´INFERTILITÀ MASCHILE  
 
Bruxelles, 26 novembre 2008 - Ricercatori in Belgio e Svizzera hanno scoperto l´esistenza di un nesso tra i fattori Rhesus presenti nel sangue e i livelli di acidità nell´urina, che potrebbe influire in modo significativo sui livelli di fertilità maschile. Lo studio, finanziato nel quadro del sesto e del settimo programma quadro dell´Unione europea (6°Pq e 7°Pq), è stato pubblicato nella rivista Nature. Uno studio, condotto dalla dott. Ssa Anna Maria Marini del Fonds de la Recherche Scientifique in Belgio, ha messo in luce che la proteina Rhesus Rhcg, accanto alla ben nota importanza rivestita dalle proteine Rhesus nelle trasfusioni di sangue, svolge un ruolo vitale anche sotto un altro profilo. L´ammonio è una delle principali fonti di azoto per piante e animali, tuttavia è una fonte di tossicità coinvolta anche nella regolazione dei livelli di acidità del sangue (pH) negli esseri umani. Il fegato e i reni sono organi deputati alla detossificazione e all´escrezione dell´ammonio e i meccanismi di trasporto e il loro metabolismo sono di cruciale importanza nel processo di regolazione del pH. Per anni, si è ritenuto che questi processi avessero luogo attraverso un meccanismo di diffusione, ma il team che ha svolto la ricerca ha evidenziato l´esistenza di una correlazione cruciale con la proteina Rhcg. I ricercatori hanno analizzato esemplari di topi privati del gene Rhcg aspettandosi di osservare delle insufficienze nei processi di trasporto e di escrezione dell´ammonio. I risultati hanno evidenziato che l´urina dei topi conteneva livelli di ammonio molto ridotti, in particolare quando gli animali venivano nutriti a base di alimenti acidi. Questo determinava un calo ponderale significativo e un´alterazione dei livelli di pH nel sangue, che comportava una diminuzione della capacità dei reni di far fronte ai livelli di acidità. La produzione e l´escrezione renale di ammonio sono necessarie per l´escrezione degli acidi, ma questi meccanismi sono strettamente connessi al fattore Rhesus Rhcg. Nei topi privati del gene Rhcg sono stati osservati livelli di acidificazione urinaria anomali. I ricercatori hanno concluso che la proteina Rhcg coadiuva i reni nel processo di trasformazione dell´ammonio. Questa scoperta ha, dunque, portato a rivedere la convinzione precedente secondo la quale la trasformazione dell´ammonio avviene per diffusione. L´esperimento ha condotto inoltre ad un altro risultato significativo: poiché le cucciolate dei topi di sesso maschile privati del gene Rhcg erano minori, si è giunti alla conclusione che il gene Rhcg è presente nel tratto genitale maschile e che gli elevati livelli di acidità negli esemplari maschi potrebbero aver determinato una minore fertilità. I topi di sesso femminile privati del gene Rhcg, invece, mostravano livelli di fertilità invariati. "Grazie all´identificazione del ruolo svolto dal gene Rhcg nel dotto collettore in relazione all´ammonio" conclude lo studio, "i ricercatori possono ora studiare la possibilità di regolare questo processo e le eventuali modalità con cui procedere, nonché il suo ruolo nei processi patologici connessi alle anomalie nella regolazione del pH nel sangue. " Questa scoperta potrebbe influenzare in modo significativo la studio della fertilità maschile. La diminuzione della qualità dello sperma maschile osservata negli ultimi decenni, in modo particolare negli uomini occidentali, ha suscitato preoccupazione per quanto concerne i fattori che possono averla determinata. La causa potrebbe essere costituita da un elevato livello di acidità causato da alcune mutazioni del gene Rhcg. Lo studio ha concluso che "evidenziando il ruolo del gene Rhcg nei processi di eliminazione dell´ammonio e nell´acidificazione urinaria, lo studio permette una migliore comprensione del meccanismo di regolazione delle omeostasi acido-base e del ruolo dei reni nella patofisiologia degli stati patologici quali l´acidosi tubulare renale distale (Atrd) e l´infertilità maschile. " I risultati sono stati ottenuti nel quadro del progetto del Sesto programma quadro Eurogene ("European Renal Genome Project" sostenuto con un finanziamento di circa 10 milioni di euro) e del progetto Eunefron ("European Network for the Study of Orphan Nephropathies", sostenuto con un finanziamento di circa 3 milioni di euro). Per ulteriori informazioni, visitare: Nature http://www. Nature. Com Fonds de la Recherche Scientifique http://www2. Frs-fnrs. Be/ .  
   
   
IL RUOLO DELLA NEURO INFIAMMAZIONE NELL’INSORGENZA E NELLA CRONICIZZAZIONE DELLE CRISI EPILETTICHE. SULLA RIVISTA “NATURE MEDICINE” I RISULTATI DELLA RICERCA IDEATA E COORDINATA DALL’UNIVERSITÀ DI VERONA  
 
Verona, 26 novembre 2008 - Una nuova potenziale terapia per prevenire e bloccare l’epilessia è l’importante scoperta scientifica dell’Università di Verona che ha identificato nelle interazioni tra leucociti (globuli bianchi), le cellule dei vasi cerebrali ed i neuroni un nuovo, importante punto di partenza per curare e prevenire l’epilessia, una tra le più diffuse patologie del sistema nervoso, che colpisce l’1% della popolazione mondiale e che conta 500. 000 casi solo in Italia, con circa 30. 000 nuovi casi all´anno. La ricerca è stata pubblicata il 23 novembre su Nature Medicine, prestigiosa rivista scientifica internazionale. Lo studio è stato ideato e diretto da due ricercatori dell’Università di Verona: Paolo Fabene, professore aggregato della sezione di Anatomia Umana del dipartimento di Scienze Morfologico-biomediche, e da Gabriela Constantin, professore aggregato della sezione di Patologia Generale del dipartimento di Patologia. Il progetto, iniziato quattro anni fa, è stato finanziato dal ministero dell’Università e della Ricerca, dal ministero della Sanità e dalla Fondazione Italiana Sclerosi Multipla, dalla Us National Multiple Sclerosis Society e dalla Comunità Europea (European Community Research Grants Lsh-ct-2006-037315 Epicure). Fondamentale negli ultimi due anni anche il contributo di circa 450mila euro della fondazione Cariverona. Nel Veneto sono 22. 000 i pazienti epilettici, di cui 4500 solo nella provincia di Verona. Nella nostra regione i nuovi casi all’anno sono circa 2000, 400 nel veronese. Se si prendono in considerazione le crisi convulsive, i dati statistici dicono che 1 individuo su 10 avrà almeno una crisi in età pediatrica. Da molti anni all’Università di Verona esiste un settore di ricerca all’avanguardia nello studio dell’epilessia che ha portato nella città scaligera anche molti studiosi stranieri. Attraverso l’utilizzo di ricerche pre-cliniche basate su studi in modelli sperimentali animali e su evidenze ottenute dallo studio post-mortem di pazienti epilettici, e sulla base di evidenze ottenute da pazienti colpiti dalla patologia, con il nuovo studio i ricercatori hanno dimostrato che le crisi epilettiche inducono un’importante risposta non solo da parte delle principali cellule nervose, i neuroni, ma anche dalle cellule che compongono la parete dei vasi sanguigni. Durante una crisi epilettica queste cellule, dette endoteliali, rendono possibile il reclutamento di cellule immunitarie (globuli bianchi o leucociti) nelle zone di lesione attraverso l’utilizzo di molecole di adesione, piccole “mani” che agganciano i globuli bianchi del sangue. Per studiare le interazioni adesive fra globuli bianchi e cellule endoteliali, i ricercatori veronesi hanno utilizzato la microscopia intravitale, una metodica innovativa che permette di visualizzare e analizzare le interazioni fra le cellule del sangue e la parete dei vasi sanguigni cerebrali, ed avanzate tecniche di monitoraggio di biopotenziali via onde radio. L’inibizione di tale processo di agganciamento endotelio-leucociti ha portato ad una riduzione del 70% delle crisi ricorrenti spontanee rispetto a quanto osservato nel gruppo di controllo non sottoposto a trattamento. Presidi terapeutici atti a bloccare questi meccanismi di reclutamento, somministrati prima della crisi epilettica nei soggetti sperimentali bloccano nella totalità dei casi (100%) la patologia medesima. Dallo studio è inoltre emerso che la riduzione della presenza nel sangue dei globuli bianchi implicati nell’ induzione dell’epilessia ha inibito il verificarsi di crisi croniche, ricorrenti e spontanee nei soggetti sperimentali e che la parziale apertura della barriera emato-encefalica (Bee), causata dalle crisi epilettiche, aumenta l´eccitabilità neuronale. Per la prima volta è stato dunque dimostrato che il blocco dell’interazione leucocita-endotelio può prevenire il danno alla Bee suggerendo un collegamento patogenetico fra le interazioni leucocita-vascolari, il danno di Bee e la generazione di crisi epilettiche. Coerentemente con questi dati, gli autori hanno osservato che nei cervelli di pazienti epilettici erano presenti foci di cellule infiammatorie (linfociti e granulociti) non osservabili in cervelli sani della stessa età. Tali risultati indicano chiaramente come i meccanismi che controllano l´interazione leucocita-endotelio possano rappresentare bersagli terapeutici per la prevenzione ed il trattamento dell´epilessia. Questa ricerca ha dimostrato che è possibile applicare le conoscenze derivanti da 20 anni di ricerche sulla neuroinfiammazione nel campo della prevenzione e trattamento dell’epilessia. Per quanto concerne le prospettive di cura, si guarda con attenzione al possibile utilizzo per la cura dell’epilessia di farmaci ad uso umano (Natalizumab/tysabri, Efalizumab ed altri), attualmente impiegati per il trattamento della sclerosi multipla, morbo di Crohn, psoriasi. I componenti dei gruppi di ricerca della dottoressa Constantin e del dottor Fabene che hanno partecipato maggiormente allo studio sono: Graciela Navarro-mora, Marianna Martinello, Barbara Rossi, Stefano Angiari, Simone Dorothea Bach, Asmaa Chakir, Federica Schio, Lara Zanetti, Donatella Benati, Flavia Merigo, Elena Nicolato, Pasquina Marzola, Antonio Osculati, Andrea Sbarbati e Francesco Osculati. .  
   
   
FARMACI BIOSIMILARI: DISEGNO DI LEGGE PRESTO IN SENATO DEFINIRE REGOLE CERTE SULLE ‘COPIE’ DEI BIOTECH  
 
Roma, 26 novembre 2008 - Il disegno di legge sui farmaci biosimilari, prodotti simili ma non uguali ai biotecnologici, sarà al più presto messo in discussione al Senato. E’ l’impegno del senatore Cesare Cursi, Presidente della Commissione Industria di Palazzo Madama e dell’Osservatorio Nazionale Sanità e Salute, intervenuto a Roma al convegno ‘Farmaci biotecnologici e biosimilari: specialisti a confronto’ promosso dalla Fondazione Aiom (Associazione Italiana di Oncologia Medica) cui ha partecipato anche l’Agenzia Italiana del Farmaco(aifa). “La mia proposta tiene conto dell’esigenza di garantire alcune caratteristiche fondamentali nell’utilizzo di tali farmaci – sottolinea Cursi - e cioè sicurezza dei pazienti, efficacia, potenziali sacrifici economici per i sistemi sanitari come il nostro e difficoltà tecniche della produzione che richiedono un’appropriata e seria sperimentazione scientifica di cui tener conto anche in sede di registrazione. Ricordando che necessitano di prescrizione specialistica e di piano terapeutico in quanto destinati alla cura di patologie gravi ad esempio in oncologia e nefrologia”. E proprio il convegno tenutosi oggi all’Ifo-istituto Regina Elena (Ire) ha visto per la prima volta ufficialmente impegnata, assieme all’Aiom, la Società Italiana di Nefrologia (Sin) e la Società Italiana Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici delle Aziende Sanitarie (Sifo). Le tre società rilevano una carenza pesante d’informazione anche tra gli addetti ai lavori come confermano i sondaggi online promossi da Aiom e Sin e condotti nel 2008 su circa 1. 000 specialisti, 70% oncologi medici e 30% nefrologi: il 95% dei primi e il 98% dei secondi ammette di necessitare di più informazioni su queste molecole. Un oncologo medico su 10 (il 9%) e il 15% dei nefrologi non sa cos’è un farmaco biosimilare. Alla domanda cruciale e cioè se il biosimilare sia uguale o bioequivalente al farmaco biotech originatore, il 45% degli oncologi medici e il 35% dei nefrologi o non sa rispondere (27% oncologi, 15% nefrologi) o risponde di sì (18%, 20%). “L’aiom è stata tra le prime società scientifiche a mettere a fuoco il problema dei farmaci biosimilari – afferma il prof. Francesco Boccardo, presidente Aiom – è prioritario continuare le iniziative di comunicazione per far sì che gli specialisti italiani abbiano maggiori mezzi conoscitivi per poter giudicare questi prodotti”. Dai sondaggi emerge anche che l’80% di oncologi e nefrologi sono d’accordo con recenti provvedimenti dei Ministeri della salute spagnolo e francese che impediscono al farmacista ospedaliero di sostituire con un analogo biosimilare la prescrizione di un biotech. “Da questo simposio emerge un appello – spiega il prof. Francesco Cognetti del Regina Elena - i clinici chiedono che anche in Italia si faccia chiarezza sulle regole recependo le linee guida europee e legiferando al più presto così come già fatto in altri Paesi”. Attenzione va posta al paragone coi farmaci bioequivalenti: “Produrre un farmaco biotech identico all’originatore – spiega Cognetti – è estremamente complesso: basta una minima variazione del processo di sintesi per renderlo diverso e potenzialmente non sicuro per i pazienti”. Per i pazienti i farmaci biotecnologici hanno rappresentato una svolta. “In nefrologia – spiega Alessandro Balducci, segretario nazionale della Società Italiana di Nefrologia (Sin) - ad esempio, l’eritropoietina ha consentito di dimezzare il numero di pazienti sottoposti a trasfusioni. Oggi accanto al problema dei costi, si pone anche quello dell’omogeneità delle linee guida: sotto questo aspetto, la Sin offre il suo costante contributo alle autorità regolatorie nella definizione delle note”. “I clinici pretendono garanzia di sicurezza per i pazienti – afferma Francesco Locatelli past president Sin - tenendo alta l’attenzione da parte delle autorità regolatorie perché i prodotti approvati superino ‘griglie’ di garanzia, anche per fronteggiare il rischio dei mercati non controllati e chiedono che vada imposta la qualità dell’originatore”. I sondaggi presentati oggi sono parte del progetto “Problematiche etiche sull’impiego dei farmaci similari e bioequivalenti”, promosso dalla Fondazione Aiom grazie al sostegno di Roche, che ha promosso nel corso dell’anno la produzione di un booklet sul tema, un sito internet dedicato (www. Biosimilari. It), un seminario, il convegno nazionale del 20 maggio 2008, gli atti di quest’ultimo e il workshop odierno. “I dati oggi disponibili non confortano la linea di un cambio automatico di terapia dal biotech al biosimilare - afferma Margherita Rinaldi della Società Italiana Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici delle Aziende Sanitarie (Sifo) - Il farmacista ospedaliero si trova nella condizione di misurare con dati oggettivi i possibili risvolti clinici di una simile sostituzione. La Sifo pertanto ritiene siano necessari ulteriori studi per fare chiarezza e valutare l’effettiva sicurezza e attività di questi farmaci che rimangono comunque un opportunità in più per ampliare l’acceso alle terapie biotecnologiche. ” “La decisione relativa all’approvigionamento dei farmaci biosimilari – puntualizza Mauro De Rosa, dirigente Sifo – va formulata valutando il complesso dei punti di vista (regolatorio, concorrenza e libero mercato, tecnico-giuridico, clinico-terapeutico) e resta in capo alle Aziende sanitarie, le uniche autorizzate e titolate a decidere sull’acquisto di farmaci nel settore pubblico”. Dai sondaggi emergono anche differenze sostanziali: in mancanza e in attesa di una legislazione sul tema, il riconoscimento o meno dell’equivalenza va lasciato allo specialista, valutando caso per caso? D’accordo 4 nefrologi su 10, più del doppio degli oncologi (18%). Tra i nefrologi risultano più incerti (24% contro il 9% degli oncologi) rispetto al fatto che ogni farmaco biosimilare prima di ricevere l’autorizzazione debba effettuare un uguale numero di studi clinici, e della stessa qualità, di quelli effettuati per l’originale biotech. Ancora, 6 oncologi su 10 e ben 9 nefrologi su 10 ritengono concreto il rischio che si crei un mercato di ‘biosimilari’ a basso costo ad esempio attraverso Internet (mercato parallelo di farmaci provenienti dall’Asia etc. ), non controllati e quindi potenzialmente pericolosi. Più del 90% degli specialisti (sia oncologi che nefrologi) è interessato a ricevere maggiori informazioni, via web soprattutto i nefrologi (il 57% contro il 24 degli oncologi). .  
   
   
UN PONTE GENETICO PER LA DISTROFIA MUSCOLARE DI DUCHENNE  
 
Milano, 26 novembre 2008 - Il Fondo per la Ricerca sulla Distrofia Muscolare di Duchenne, affiliato all´Associazione La Nostra Famiglia di Bosisio Parini, ha avviato un campagna di raccolta fondi a supporto della seconda fase del "Progetto Uomo", volto a determinare l´efficacia e la "safety" del trapianto di cellule staminali autologhe, cioè provenienti dallo stesso soggetto. Nella prima fase ad otto bambini era stato prelevato un pezzetto del muscolo tibiale anteriore per recuperare le cellule staminali. In laboratorio queste erano state purificate, selezionate e moltiplicate e quindi reintrodotte con successo in un muscolo della mano dei pazienti stessi. Ora si sta preparando la fase successiva, il "Progetto Uomo 2". Gli studi sono concentrati nel cercare di far leggere il messaggio contenuto nel Dna interrotto in modo continuo, facendo saltare il blocco di lettura legato all´errore genetico. Questo tipo di terapia genica, denominata exon-skipping, permette di entrare nel nucleo delle cellule staminali e "correggere" l´errore genetico contenuto nel Dna della cellula stessa, per poi introdurre le cellule "corrette" all´interno dell´organismo. Questa tecnica verrà applicata alle cellule staminali che non saranno più prelevate dal muscolo ma direttamente dal sangue diventando, così, una risorsa quasi inesauribile. Questo progetto, sviluppato dai ricercatori del Policlinico di Milano, dell´Università di Milano, del Centro Studi Dino Ferrari e dell´ Irccs "E. Medea" - Associazione La Nostra Famiglia e diretto dal Prof. Nereo Bresolin, è per ora l´unica sperimentazione in Italia che prevede l´utilizzo di cellule staminali nella Distrofia Muscolare di Duchenne. I lavori sono ora in una fase cruciale e i finanziamenti in questo momento permetterebbero di aggiungere al mosaico una casellina indispensabile per trovare una soluzione a questa malattia. Per questo motivo il Fondo Dmd e La Nostra Famiglia organizzano, dal 30 novembre all´8 dicembre, "Milledicuori: le forme e i colori della ricerca", una mostra d´arte contemporanea presso Villa Borromeo Visconti Litta di Lainate. All´iniziativa hanno aderito 76 pittori di fama nazionale e internazionale; all´interno della manifestazione - il 7 dicembre - è previsto un concerto Gospel-spirituals mentre nella giornata conclusiva - l´8 dicembre alle ore 17. 00 - ci sarà la battitura d´asta delle opere esposte. L´iniziativa ha ottenuto il patrocinio della Regione Lombardia, della Provincia di Milano e del Comune di Lainate. L´intero ricavato della vendita delle opere donate dagli artisti al Fondo Dmd verrà devoluto per la ricerca contro la Distrofia Muscolare di Duchenne. La ricerca - Le distrofie muscolari sono un gruppo eterogeneo di patologie caratterizzate da una progressiva degenerazione del tessuto muscolare e perdita di forza. La Distrofia Muscolare di Duchenne (Dmd), in particolare, è una patologia ereditaria dovuta all´assenza di una proteina della membrana muscolare chiamata distrofina. Recentemente è stata presa in considerazione l´ipotesi di approcci sperimentali basati sull´utilizzo di cellule staminali ottenute da tessuti adulti e non da embrioni, che siano allo stesso tempo prive di rischi. In questo ambito, nel 2005 si è conclusa la prima parte del "Progetto Uomo", uno studio il cui scopo era verificare la sicurezza del trapianto autologo di cellule staminali. Questa prima fase della sperimentazione clinica è stata condotta su 8 bambini di età compresa fra 5 e 8 anni. Le cellule staminali sono state ricavate da campioni bioptici del muscolo tibiale anteriore. Una volta isolate, le cellule neuromuscolari così ottenute sono state iniettate nel muscolo adduttore del mignolo della mano, molto piccolo per limitare i danni in caso di problemi (nella sperimentazione clinica vera e propria saranno infuse nel sangue). Quindi, per valutare eventuali danni, è stata eseguita la risonanza magnetica, poi ripetuta ogni 2 mesi, con responso sempre negativo per processi degenerativi, infiammatori o neoplastici. In questa prima fase dello studio è stata dimostrata la non tossicità delle cellule ed una miglior capacità di ossigenazione muscolare nei soggetti trattati. Questi dati superano ogni aspettativa, specialmente se si pensa che le cellule staminali iniettate non erano in grado di produrre la proteina distrofina. Nell´ottica di un eventuale proseguimento clinico della prima fase del trapianto autologo di cellule staminali in soggetti Dmd, lo stesso gruppo di ricerca ha iniziato ad investigare la possibilità di combinare la terapia cellulare con una potenziale terapia genica denominata "exon-skipping". Tramite questo approccio è possibile indurre la riespressione della distrofina mancante nelle cellule staminali e garantire così risultati più significativi e duraturi dopo trapianto. Per questo motivo i ricercatori hanno cominciato ad analizzare la capacità di cellule staminali derivate da soggetti distrofici di recuperare l´espressione di distrofina umana tramite la metodica di exon-skipping e di sostenere la rigenerazione muscolare. Le prime prove sono state eseguite su animali distrofici come passaggio indispensabile prima di arrivare all´uomo. "Tutti questi dati dimostrano la possibilità di ottenere una terapia con cellule staminali autologhe che possa portare a una riespressione di distrofina funzionale nei muscoli scheletrici di soggetti malati - afferma Nereo Bresolin, responsabile del progetto di ricerca - una delle difficoltà che dovremo affrontare è rappresentata dalla singolarità dell´errore che ogni malato presenta e che deve prevedere una correzione individuale. Inoltre il procedimento è molto costoso, perchè queste cellule staminali, che vengono sottoposte anche a processi di espansione e di purificazione, sono trattate secondo le norme di Good Medical Practice (Gmp) utilizzate per i farmaci. " .  
   
   
SALUTE, LE ECCELLENZE LIGURI DELLA DIABETOLOGIA NELLA CURA DEL DIABETE NEI PAESI DELL´AMERICA LATINA  
 
 Genova, 26 Novembre 2008 - Un progetto ligure per la cura del diabete in ospedali operanti in paesi in via di sviluppo, a cominciare dal Perù. Verrà presentato lunedì 2 dicembre a partire dalle 15 presso lo Starhotel President di Genova dall´associazione ligure per la lotta contro il diabete (Aslidia) in collaborazione con il servizio di diabetologia del presidio ospedaliero di Villa Scassi che da un anno sta lavorando su un progetto di volontariato sul diabete mellito in Perù e con il patrocinio dell´associazione medici diabetologi, della società italiana di diabetologia, degli operatori sanitari di diabetologia italiani e della Regione Liguria e di Casamerica. I contenuti del progetto sono stati presentati questa mattina da Alberto Aglialoro, segretario regionale associazione medici diabetologi e diabetologo presso l´ospedale Villa Scassi insieme all´assessore regionale alla Salute, Claudio Montaldo, al console del Perù a Genova, Jaime Miranda Delizie, al presidente della Fondazione Casa America, Roberto Speciale. "La scelta del Perù - ha spiegato Alberto Aglialoro - è stata indirizzata dai dati epidemiologici che parlano per il 2025 di un incremento della popolazione diabetica nel Sud America del 103% per un ammontare complessivo di 66 milioni contro gli attuali 33 milioni di abitanti diabetici". A fronte di una triplicazione dei malati di diabete nel mondo, le previsioni per il 2030 sono di 380 milioni di diabetici rispetto ai 177 milioni del 2000, l´obiettivo è quello di proporre un modello italiano di educazione terapeutica nella cura del diabete mellito, grazie anche a corsi indirizzati agli operatori stranieri per la formazione di personale qualificato in Perù. Il progetto che è stato reso possibile grazie ai Frati Cappuccini presenti in Perù da oltre 25 anni, vede l´interesse della Regione Liguria, come è stato sottolineato anche dall´assessore alla Salute, Claudio Montaldo, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti di prevenzione e di educazione sanitaria rispetto alla popolazione in generale e in particolare a quella dell´America Latina e del Perù residente a Genova, dando vita ad incontri, in collaborazione con la Fondazione Casa America, con la popolazione peruviana residente a Genova. .  
   
   
UN ITALIANO SU DUE HA PROBLEMI DI VISTA “NON TRASCURARE LA PREVENZIONE”  
 
Milano, 29 novembre 2008 - Il 70% delle informazioni provenienti dal mondo esterno passa dalla vista che però è un problema per 1 italiano su 2. Ma potrebbe esserlo anche per l´88% di coloro che giornalmente fanno uso di un computer per lavoro, studio, o anche solo per gioco. I disturbi della vista infatti sono tanto diffusi quanto, troppo spesso, trascurati. Tanto che un italiano su 5 non si è mai sottoposto a un controllo oculistico; 35 milioni (più del 60% della popolazione) non fanno una visita da oltre tre anni; una persona su 4 ha un disturbo non corretto e la fascia di età più trascurata è quella dai 18 ai 45 anni. Oltre 14 milioni di italiani, tra i 14 e i 79 anni, sottovalutano i problemi della vista e credono che misurare le diottrie in un centro ottico valga quanto un check-up medico specializzato (Dati Commissione Difesa Vista). “I controlli oculistici sono invece fondamentali e vanno effettuati a seconda dell´età perché permettono di prevenire efficacemente le diverse problematiche della vista – ha spiegato l’assessore alla Salute Giampaolo Landi di Chiavenna durante la presentazione dei risultati di una ricerca condotta dalla Commissione Difesa Vista -. Non dimentichiamo che anche a causa dell´invecchiamento della popolazione si assiste a un incremento dei disturbi visivi. Un momento critico è quello dei 40 anni, quando comincia a presentarsi la presbiopia e si può manifestare il glaucoma, da prevenire solo con la diagnosi precoce. Ma la profilassi deve cominciare sin da piccoli. Molti non lo sanno, ma è importante essere seguiti da un oculista dalla nascita all´adolescenza, periodo in cui possono manifestarsi i principali difetti visivi (miopia e ipermetropia)”. “Secondo l’Istat – ha aggiunto Landi -, la Lombardia è la prima regione italiana per numero di ciechi, pari almeno a 45. 000 persone e si stima che gli ipovedenti siano almeno il triplo. Bisogna quindi sensibilizzare la popolazione sulla necessità di controlli regolari della vista ad ogni età e diffondere una cultura della prevenzione precoce delle malattie oculari, in modo tale che si impari a tutelare quello che, sin dai tempi di Platone e Aristotele, è considerato il senso più importante”. Proprio in questa direzione muovono alcuni progetti dell’Assessorato comunale: per l’Anno della Salute sono infatti previste iniziative rivolte alla cittadinanza che aiuteranno a far comprendere l’importanza della protezione della vista, con un’attenzione particolare anche all’uso corretto degli occhiali, sia da sole che da vista. “Il 15% dei bambini italiani della scuola materna dovrà portare gli occhiali – azzarda una previsione l’assessore Landi -. Più di uno su 10, infatti, all´età di 4 anni presenta difetti di vista (miopia e astigmatismo) e strabismo. In questi casi un intervento tempestivo è fondamentale per eliminare il difetto. E ancora una volta è fondamentale la prevenzione, a cominciare dall’ambiente familiare. I genitori possono intercettare i campanelli d´allarme osservando i propri figli, le loro abitudini e le posture”. Sempre secondo i dati, il 6% dei bambini tra 1 e 5 anni presenta difetti visivi ma il 34% non li corregge e il 41% dei genitori non ha adottato alcun tipo modalità di prevenzione. Anche 1 bambino su 3, dai 6 ai 13 anni, ha almeno un difetto della vista e il 33% dei genitori dichiara di non aver fatto prevenzione. Infine, il 66% degli individui maggiori di 14 anni presenta un difetto visivo, il 53% porta occhiali correttivi ma un quarto (il 25%) non ha svolto alcun tipo di prevenzione. Le percentuali aumentano quando si tratta di soggetti privi di difetti visivi (42%), con accentuazioni tra i giovanissimi, tra gli over 65 anni e i tra residenti nel Sud Italia (30%). “Controllare la propria vista è un dovere verso se stessi – ha concluso l’assessore alla Salute - come essere consapevoli che una visita, semplice e indolore, è importante. Il primo incontro con l´oculista dovrebbe avvenire dall’età di 9 mesi, per un inquadramento delle condizioni generali degli occhi seguito da un ulteriore controllo intorno ai tre anni e mezzo, e un terzo all´inizio della scuola elementare e poi via via regolarmente per tutta la vita”. Scheda - Secondo gli ultimi dati dell´Organizzazione Mondiale della Sanità in tutto il mondo, più di 161 milioni di persone hanno la funzione visiva compromessa, di questi 124 milioni sono ipovedenti e 37 milioni sono ciechi (di cui 1,4 milioni di bambini sotto i 15 anni), altri 153 milioni di persone soffrono invece di una riduzione della capacità visiva a causa di mancata correzione di errori di rifrazione (miopia, ipermetropia, astigmatismo). Questi ultimi potrebbero recuperare la propria normale capacità visiva ove potessero fare uso degli strumenti di correzione adeguati quali gli occhiali da vista, inoltre è stato dimostrato che il 75% della cecità negli adulti è evitabile tramite la prevenzione e la cura, nei bambini allo stesso modo una precoce prevenzione e il trattamento delle anomalie visive già alla nascita ridurrebbe del 50% i casi di cecità. Tre bambini su 100 sono ambliopi. Questo vuol dire che se in Italia nascono 554. 966 bambini (dati Istat 2006), 16. 648 di questi potranno avere un problema grave, che, se non curato in tempo, entro i 4 o 5 anni, porterà alla sostanziale cecità permanente di un occhio. Da recenti sondaggi condotti nei principali Paesi europei e negli Stati Uniti emerge che la maggior parte degli intervistati ignora che molte insidie per la vista si presentano nella vita quotidiana, in situazioni di assoluta normalità, come il continuo passaggio dagli ambienti a illuminazione artificiale a quelli esterni, l´esposizione dannosa ai raggi solari Uva e Uvb, l´esposizione al riverbero, il degrado ambientale e climatico e, appunto, l´uso del computer. Tra le maggiori cause di affaticamento degli occhi e di difetto visivo risultano infatti l´utilizzo del videoterminale, i rischi dell´esposizione ai raggi solari e una scorretta educazione alla visione soprattutto durante l´infanzia. Percentuali simili si registrano nella mancata percezione dei danni provocati dai raggi solari. Mentre l’83% della popolazione italiana è infatti consapevole dei danni che il sole può causare alla pelle e adotta adeguate misure protettive, solo il 4% presta attenzione ai rischi cui sono esposti gli occhi dimenticando che, malgrado rappresentino solo il 2% della superficie totale del corpo, sono un organo di vitale importanza. L´unico che consente alla luce di penetrare e arrivare in profondità nel nostro organismo. Di contro la medicina oculistica ha fatto enormi passi avanti. Così tra i venti e i quaranta-quarantacinque anni è possibile correggere buona parte dei difetti visivi con il laser ad eccimeri curando circa il 45% dei casi di miopia, astigmatismo ed ipermetropia. In alcuni casi particolari, e per difetti molto elevati non trattabili col laser, si utilizzano speciali lenti artificiali che, inserite nell´occhio, correggono in buona parte il difetto visivo. Oltre i cinquanta-cinquantacinque anni, per difetti visivi importanti e quando è già presente la presbiopia, ovvero la progressiva incapacità di "zoomare" per mettere a fuoco contemporaneamente oggetti lontani e vicini, si possono utilizzare tecniche chirurgiche efficaci e mini invasive. .  
   
   
IL BAMBINO GESÙ IN ANTARTIDE COLLEGAMENTO CON LA BASE ITALIANA CONCORDIA – DOME C PER SCOPRIRE LE MERAVIGLIE DEL POLO SUD E SVELARE AI BAMBINI I SEGRETI DEI GHIACCI  
 
Roma, 26 novembre 2008 - Ghiacci eterni, distese sterminate, pinguini, foche e condizioni di vita estreme. E’ il Polo Sud. Mercoledì 26 novembre, a partire dalle ore 10. 30, l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, punto di riferimento a livello internazionale per la ricerca e la cura a favore dei bambini e degli adolescenti, si collegherà con la base Concordia in Antartide dove lavorano ricercatori e tecnici della comunità scientifica italiana del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (Pnra). Gli scienziati risponderanno alle domande dei piccoli pazienti che vogliono conoscere le meraviglie nascoste del Polo Sud. In videocollegamento i bambini della Ludoteca del Bambino Gesù potranno porre domande agli scienziati italiani che passano diversi mesi dell’anno in una delle terre più estreme del pianeta. Sarà un’occasione unica per i piccoli pazienti di vivere un’esperienza affascinante, divertente e altamente educativa. L’iniziativa, ideata e condotta nel quadro della strutturata collaborazione tra Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e Consiglio Nazionale delle Ricerche è stata resa possibile grazie alla sensibilità istituzionale di Mna (Museo Nazionale dell’Antartide) e Pnra. La Stazione Concordia nasce dalla collaborazione tra Italia e Francia nell’ambito delle ricerche scientifiche in Antartide. Si trova sul plateau antartico nel sito denominato Dome C (75°06´ Sud e 123°23´ Est) a un’altezza di circa 3. 233 m e a circa 1. 200 km dalla Stazione Mario Zucchelli a Baia Terra Nova e a 1. 100 km dalla Base francese di Dumont d’Urville. La base, inaugurata nel 2005, ha un’area totale di circa 1. 500 mq e fornisce l´alloggio e gli ambienti di lavoro a una piccola comunità internazionale di circa 30-35 persone tra ricercatori e logisti. Le attività a Concordia vengono effettuate in due Campagne: estiva (ottobre-febbraio) e invernale (marzo-settembre). Durante l´estate antartica la temperatura media è -30°C, mentre durante l´inverno la temperatura minima può arrivare fino a -80°C se c´è vento forte. .  
   
   
MILANO: ALLA ROTONDA DELLA BESANA “DE 3 EN 3” DI JAVIER MARíN  
 
Milano, 26 novembre 2008 - Da oggi al 6 gennaio 2009, alla Rotonda di via Besana sarà aperta al pubblico la mostra “De 3 en 3” dell’artista messicano Javier Marín. L’esposizione è promossa dal Comune di Milano in collaborazione con la Galleria Barbara Paci e con il sostegno di Terreno Baldio Arte (Messico), Ersel – Gestione Patrimoni, Gobbetto e M&c Studio Architetti Associati. Oltre alle opere esposte alla Rotonda, alcuni lavori monumentali del giovane scultore sono stati sistemati in Piazzetta Reale, sullo Scalone di Palazzo Reale e in Piazza della Scala. “Il tempo come racconto – ha detto l’assessore alla Cultura Massimiliano Finazzer Flory – e il racconto è incarnato nell’uomo, colto dall’artista con la bocca semi aperta, con gli occhi semi chiusi, non di rado travagliato”. “Questo – ha aggiunto l’assessore – mi pare il messaggio della mostra che ingaggia con Milano una riflessione sul senso della conquista del tempo”. .  
   
   
FEDERICO RIGHI NEL CENTENARIO DELLA NASCITA COLORI DI UNA VITA TRIESTE CIVICO MUSEO REVOLTELLA GALLERIA “CARLO SCARPA” - 25 NOVEMBRE 2008 – 1° FEBBRAIO 2009  
 
Trieste, 26 novembre 2008 - E’ stato inaugurata ieri alle ore 18 la mostra “Federico Righi nel centenario della nascita. Colori di una vita”, allestita fino al 1° febbraio al Civico Museo Revoltella di Trieste. La mostra, organizzata dal Comune di Trieste - Assessorato alla Cultura e Civico Museo Revoltella, nasce dall´intento di ricordare, nel centenario della sua nascita, un artista triestino originale e versatile, che è stato uno dei protagonisti del panorama triestino per un quarantennio, dall´immediato dopoguerra agli anni Ottanta, compiendo esperienze diverse, partecipando agli eventi espositivi più importanti, affermandosi nel vivace ambiente romano degli anni sessanta. Il centenario della nascita di Federico Righi ha fatto emergere, dopo anni di silenzio, il ricordo vivissimo ancora diffuso tra appassionati d’arte e collezionisti. Dopo la mostra dedicatagli dall’associazione culturale “Linea d’arte” in settembre, l’uscita dell’ampia biografia firmata da Viviana Novak (Editreg) costituisce un’occasione preziosa di approfondimento dell’avventurosa vita di questo grande personaggio. Il volume sarà presentato durante l’inaugurazione di questo pomeriggio dalla stessa Viviana Novak e dal giornalista e scrittore Pierluigi Sabatti. All’inaugurazione saranno presenti inoltre Massimo Greco, Assessore alla Cultura del Comune di Trieste, Maria Masau Dan, Direttore del Museo Revoltella, Giuliano Righi, uno dei figli dell’artista, Sergio D’osmo e Dante Pisani che ricorderanno l’artista triestino, padre e amico, scomparso nel 1987. La mostra è curata da Maria Masau Dan insieme a Giuliano Righi, che ha messo a disposizione opere e documenti d’archivio, e da Susanna Gregorat, conservatore del Revoltella. La mostra intende riproporre uno sguardo - inevitabilmente parziale di fronte a una produzione enorme – sulla pittura di Righi e comprende una settantina di pezzi, tra cui olii, tecniche miste, disegni e grafiche provenienti dalle collezioni del Museo e di altri Enti (Soprintendenza ai Bsae, Università degli Studi di Trieste, Fondazione Crtrieste, Rai sede regionale del Fvg) e da molte collezioni private triestine, in cui sono stati trovati pezzi di grande qualità e spesso mai visti in altre mostre. La selezione effettuata copre un arco cronologico di quasi mezzo secolo, dagli anni trenta, con le prove giovanili, agli anni Ottanta, la fase estrema della sua attività. Non manca qualche curiosità, che testimonia l’abilità e la versatilità di Righi, di cui è ben nota l’attività di scenografo e decoratore navale, e la straordinaria disinvoltura con cui affrontava tecniche particolari e grandi formati: in mostra, accanto a quadri e disegni, ci sono anche un grande pannello decorativo già installato nel Motel Rosandra, prestato dall’Impresa Riccesi, e due coppie di porte da lui intagliate per la casa dell’amico Guido Botteri. Lo stile di Righi si distingue nettamente da quello degli artisti contemporanei, benchè anch’egli, come tanti, sia passato per le diverse sperimentazioni che caratterizzarono gli anni cinquanta e sia stato affascinato dalla rivoluzione di Picasso. Tuttavia la sua pittura approda a una cifra inconfondibile e moderna pur non allontanandosi mai dal realismo: dopo una prima fase di osservazione dello spazio e della natura, dagli anni sessanta concentra l’interesse sempre più sulla figura umana, trattandola però come un “tipo”, una maschera. Righi diventa allora un osservatore dei vizi e delle paure dell’uomo, sui quali esercita la sua pungente ironia ma esprime anche il suo idealismo e la sua vena narrativa. Il mondo magico da lui ricreato, pieno di figure simboliche, arlecchini, pescatori, pifferai e maliarde, è simile a un coloratissimo, chiassoso teatro, in cui ciascuno recita una parte, tra realtà e finzione. A conclusione della mostra è prevista la stampa di un catalogo, nel quale si vorrebbero inserire anche opere di privati non ancora trovate, che in quest’occasione potrebbero auspicabilmente riapparire, consentendo di ricostruire più puntualmente un percorso che fino ad ora nessuno ha studiato completamente. L’iniziativa si collega ad una parallela manifestazione promossa dal Comune di Cervignano del Friuli, che dal 19 dicembre al 6 gennaio 2008 presenterà nel Centro civico una mostra intitolata “Federico Righi nel centenario della nascita. Gli anni di Saciletto” in cui si ricostruirà l’attività svolta dall’artista triestino nell’ambito del Centro d’arte grafica creato negli anni Settanta nell’antica villa Braida, una suggestiva residenza della bassa friulana. .  
   
   
ARMONIE TEMPORALI MILANO 11 DICEMBRE 2008 – 15 FEBBRAIO 2009  
 
Milano, 26 novembre 2008 - La mostra Armonie Temporali nasce dal desiderio di fare incontrare due mondi che il panorama artistico spesso tratta come sfere separate e non comunicanti : l´antico da una parte, ed il moderno/contemporaneo dall´altra. In questa occasione, l´Osart Gallery di Milano e lo Studio Bibliografico Giuseppe Solmi di Bologna uniscono le loro competenze per condividere con noi un dialogo di intesa fra importanti opere d´arte provenienti da campi ed epoche diverse. Essi hanno avuto la possibilità di conoscersi grazie alla persona di Tiziano Ortolani - scomparso due anni fa, a cui è dedicata questa mostra -, grande esperto di manoscritti, libri antichi ed incunaboli, nonché di stampe antiche. Al contrario di quello che si potrebbe pensare, per avvicinarsi all´arte, Tiziano Ortolani è partito da una collaborazione con artisti contemporanei oggi considerati moderni, quali Vincenzo Agnetti e Claudio Parmiggiani tra gli altri, per poi divenire un punto di riferimento internazionale per il mondo della carta antica. Beppe Solmi e Andrea Sirio Ortolani, ripercorrendo la sua vita, vogliono quindi contribuire a creare un ponte tra mondo antico e mondo moderno/contemporaneo, costruendo una mostra che gioca sulle epoche, sulle opere e sugli oggetti, come se fosse una Wunderkammer immaginaria, dove siamo invitati a riconoscerci, a perderci, e a sognare fra passato e futuro. Le opere prescelte vogliono farci condividere uno dei princìpi che governava l´universalità e l´ecletticità di Tiziano Ortolani. In Armonie Temporali creazioni del passato come libri d´ore, miniature, quadri, sculture, fotografie…… gettano un ponte attraverso il fiume del tempo per incontrarsi con le opere d´arte attuali. In questi riflessi, scopriamo sfaccettature ed affinità inedite fra le opere, che ci offrono così il piacere di godere della continuità artistica e culturale di una evoluzione emotiva, mentale ed estetica. Durante lo svolgimento sarà disponibile in galleria il catalogo delle opere esposte con un ricordo di Tiziano Ortolani scritto da Augusto Gughi Vegezzi. Il catalogo in edizione numerata e limitata di copie 600. Artisti: Vincenzo Agnetti, Wolfgang Aurifaber, Benedetto Bordone, Stefano Della Bella, Antonio Dias, Albrecht Durer, Titus Kaphar, Armando Marrocco, Paolo Monti, Charles Neel, Antonio Paradiso, Claudio Parmiggiani, Jean Pichore, T. V. Santosh,, Maestro di Troyes, Atelier del Maestro dell´Echevinage di Rouen, Atelier del Maestro del Pellegrinaggio, William Xerra .  
   
   
METAFORE NELLA FIGURA MACCAGNO (VA), CIVICO MUSEO PARISI - VALLE - 7 DICEMBRE - 8 FEBBRAIO 2009  
 
 Maccagno, 26 novembre 2008 - “Metafore nella figura” è il terzo capitolo di un programma pluriennale, nato con “Metafore di paesaggio” e ribadito poi in “Metafore della memoria”, teso a evidenziare mutamenti ed evoluzione del linguaggio dell’Arte nella contemporaneità. La mostra propone il divario oggi esistente tra il canone evidenziato dalla tradizione e l’espressività, evocativa, suggestiva e lirica, maturata nell’attualità. Un tempo, il termine e il concetto di “figura” indicavano, sebbene nelle diverse prospettive di simbolo e realtà, la raffigurazione veridica o verosimile, tangibile comunque. Invece il valore odierno consolidato nell’interiorità, nell’autonomia poetica e lessicale, induce alla soggettività dell’interpretazione e trascorre dal reale al sogno, all’affioramento del ricordo, sino alla percezione di presenza attraverso l’assenza. Quindici artisti testimoniano il tema animando un palcoscenico dialettico nel confronto e nella contrapposizione, delineando ambiti e mondi differenti, affermando caratteri espressivi diversi e personali. Sino a tradurre la figura, classicamente intesa, in evanescenza incombente, in sedimentazione della storia, in astrazione dall’immagine ma nella persistenza del sentimento. La mostra accoglie opere di: Angelo Bertoglio; Giuseppe Bombaci; Angelo Bordiga; Walter Capelli; Elisabetta Casella; Emanuele Gregolin; Maria Jannelli; Fazio Lauria; Enzo Maio; Antonio Miano; Mattia Montemezzani; Gaetano Orazio; Nada Pivetta; Stella Ranza; Nicola Villa. A cura di Claudio Rizzi, coordinata da Ad Acta, l’esposizione allinea 45 opere tra dipinti e sculture. Il catalogo, edito da Silvia Editrice, illustra le opere in mostra e propone esaurienti apparati antologici e biografici. Con Patrocinio della Provincia di Milano, della Provincia di Varese e in collaborazione con Comune di Maccagno e Civico Museo Parisi Valle, con prefazione in catalogo dell’Assessore alla cultura, culture e integrazione della Provincia di Milano Daniela Benelli e del Sindaco di Maccagno Fabio Passera, la mostra, dopo essere stata proposta a Milano, Spazio Guicciardini, viene ora presentata al Civico Museo Parisi Valle di Maccagno. Web: www. Museoparisivalle. It .  
   
   
LA COLLEZIONE DI AREA ISLAMICA DELLE RACCOLTE EXTRAEUROPEE DEL CASTELLO SFORZESCO  
 
 Milano, 26 novembre 2008 - La mostra “Dalla Turchia. Una scelta di opere ottomane dalle collezioni del Castello Sforzesco” nasce da un progetto di valorizzazione delle raccolte di area islamica del Castello Sforzesco che ha previsto la catalogazione informatizzata dell’intero nucleo collezionistico (319 manufatti), delle azioni di restauro e conservazione, e finalmente l’esposizione di una selezione di 30 opere tra tappeti, velluti e ceramiche di area ottomana. Mai esposta prima se non con qualche eccezione, la collezione islamica del Castello Sforzesco si è formata grazie a legati testamentari ad acquisti e donazione. Le sezioni che compongono la collezione sono i reperti in ceramica, i tessili, i tappeti e le armi. Gli esemplari più antichi sono i tessuti di epoca fatimide (X-xi secolo). Le zone geografiche di provenienza sono quanto mai varie: dall’Egitto alla Persia, dalla Siria all’Anatolia. La collezione di maioliche ispano-moresche infine, pur facendo parte delle Raccolte d’Arte Applicata, completa il quadro della produzione di arte islamica del Mediterraneo presente al Castello. La collezione dei tappeti riunisce esemplari tra i più vari di tappeti che vengono dal mondo anatolico, con una cronologia che spazia dal Xvi secolo ai primi del Novecento. Grazie alla diversità della collezione si possono documentare anche varie tecniche di tessitura: l’annodatura classica, il ricamo, la tecnica del kilim. Una grande parte della collezione dei tappeti viene da casa Boschi (oggi un museo), dove era usata per l’arredamento della dimora come dimostrano numerose foto d’epoca. Il nucleo dei tappeti più antichi (5 esemplari qui esposti) invece, è frutto di acquisti mirati effettuati con lungimiranza dall’amministrazione comunale. Tale gruppo è presente nelle collezioni del Castello sin dagli inizi del Novecento: vennero esposti per un breve periodo in Sala della Balla. Su di essi si sono concentrati gli interventi più importati di consolidazione e recupero. Il progetto di valorizzazione che ha interessato l’intera collezione è la prima tappa verso l’esposizione permanente, che avverrà con la prossima apertura di un museo dedicato alle Culture del Mondo presso l’area dell’ex-Ansaldo nella zona di Porta Genova. .