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Notiziario Marketpress di Lunedì 04 Aprile 2011
I MILANESI SI INFORMANO SUL WEB: 9 SU 10, UN’ORA AL GIORNO, +22% IN UN ANNO  
 
Grazie all’accordo tra Camera di commercio e Fiera Milano www.Youimpresa.it la web-tv delle imprese diventa globale. Nuove vetrine virtuali per gli espositori: italiani e stranieri e spazi video informativi con consigli per diventare imprenditori. Web-tv, giornali on line, blog: nove milanesi su dieci dichiarano di usare il web per informarsi. Ed è un interesse che cresce: +22% in media rispetto all’anno scorso. Pari a poco meno di un’ora (58 minuti) davanti allo schermo a caccia di notizie e informazioni mentre un internauta su cento supera le 5 ore. Solo il 2% dichiara di non usare per nulla questo strumento. E non si tratta solo di giovani: dato che oltre la metà (55%) di chi risponde ha tra i 40 e i 60 anni. Emerge da un’indagine della Camera di commercio di Milano su 1976 imprenditori e professionisti milanesi realizzata a marzo 2011. Youimpresa la web tv per le imprese, fatta dalle imprese ora diventa globale. Grazie al recente accordo firmato tra Camera di commercio di Milano e Fiera Milano, maggior operatore fieristico italiano in grado di ospitare una settantina di manifestazioni l’anno che attirano quasi 30.000 aziende espositrici italiane ed estere. Tra i punti principali dell’intesa: la possibilità per tutti gli espositori, italiani e stranieri, di caricare i loro video aziendali gratuitamente sul sito www.Youimpresa.it. I due video migliori, uno nazionale e uno internazionale, saranno premiati al teatro alla Scala in occasione della manifestazione “Milano Produttiva” che si terrà a giugno 2011. Inoltre, saranno realizzati servizi dedicati alle principali manifestazioni fieristiche, approfondimenti e segnalazioni di case history aziendali per il contenitore “Mi metto in proprio”, rubrica di consigli e informazioni per gli aspiranti imprenditori. La trasmissione, che ha vinto il premio nazionale “La P.a. Che si vede”, va in onda ogni sabato, in seconda serata dopo il Tg, su La7. I numeri di Youimpresa. 210 video aziendali e oltre 430 girati dalla Camera di Commercio per un totale di 640 video: sono questi i numeri di Youimpresa, la web tv della Camera di Commercio di Milano, realizzata in collaborazione con La7, Telecom Italia e Matrix Spa (gruppo Telecom). Gli argomenti più ricercati? Come iscriversi alla Camera di commercio, mettersi in proprio, aprire un ristorante, diventare agente di commercio, gestire un agriturismo o un vivaio. “La Camera di commercio di Milano - ha dichiarato Pier Andrea Chevallard, segretario generale della Camera di commercio di Milano - ha sempre puntato sulla digitalizzazione per rendere i propri servizi più vicini alle imprese. Per questo abbiamo ritenuto utile sviluppare una forma di comunicazione innovativa che accompagnasse questo sviluppo tecnologico, mettendo a disposizione del mondo imprenditoriale la web tv Youimpresa. Un canale interattivo per far conoscere e rendere più accessibili notizie, informazioni del nostro ente ma soprattutto per dare voce alle realtà economiche del territorio e non solo. L’accordo con Fiera Milano permetterà infatti di ampliare a livello nazionale ma anche internazionale l’offerta informativa con spazi dedicati a video aziendali italiani e stranieri e servizi di approfondimento sui principali eventi fieristici”. ”Fiera Milano e la Camera di Commercio – afferma Enrico Pazzali, amministratore delegato di Fiera Milano – uniscono, ancora una volta, le loro forze in un progetto che aumenterà la visibilità delle aziende. Questa iniziativa è del resto perfettamente in linea con la missione delle moderne fiere professionali: essere strumenti di comunicazione a tutto tondo per le imprese. In questo senso noi mettiamo a disposizione del nostro cliente che vuole promuovere la propria attività e il proprio brand un insieme integrato e coerente di strumenti comunicativi, tradizionali e innovativi, tra i quali ora possiamo proporre anche i video su Youimpresa”. Indagine realizzata su 1976 imprenditori e professionisti milanesi realizzata a marzo 2011. Quanto tempo al giorno si informa attraverso i nuovi media in internet (giornali, tv, radio e media on line)? Non risponde: 160 (8.1%) Per niente: 37 (1.9%) Da 0 a 5 minuti: 62 (3.1%) Da 5 a 10 minuti: 153 (7.7%) Da 10 a 30 minuti: 502 (25.4%) Da 30 a 1 ora: 590 (29.9%) Da 1 a 3 ore: 391 (19.8%) Da 3 a 5 ore: 50 (2.5%) Da 5 a 8 ore: 14 (0.7%) Oltre 8 ore: 7 (0.4%) Non so: 4 (0.2%) Altro: 6 (0.3%) Di quanto è aumentata la sua informazione attraverso i nuovi media rispetto a un anno fa? Non risponde: 216 (10.9%) Per niente: 309 (15.6%) Da 0 a 10%: 496 (25.1%) Da 10 a 30%: 467 (23.6%) Da 30 a 50%: 217 (11%) Da 50 a 100%: 86 (4.4%) Più che raddoppiata: 95 (4.8%) Non è aumentata ma diminuita: 32 (1.6%) Non so: 50 (2.5%) Altro: 7 (0.4%)  
   
   
CONTRAFFAZIONE E PIRATERIA: AUDIZIONE ALLA CAMERA DEL PRESIDENTE DI AGCM  
 
Antonio Catricalà, presidente dell´Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm), è stato ascoltato lo scorso 23 marzo dalla Commissione Parlamentare d’inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale. "A parere dell’Autorità", sostiene Catricalà, "le attuali norme sul diritto di autore, non tengono conto delle peculiarità tecnologiche ed economiche di internet, in quanto non disciplinano un sistema di diritti di proprietà intellettuale nel contesto delle nuove e molteplici modalità di riproduzione e di utilizzo dei contenuti da parte di soggetti terzi sul web. Per tale ragione, si auspicava la disciplina di forme di cooperazione virtuosa tra i titolari di diritti di esclusiva sui contenuti editoriali e i fornitori di servizi innovativi che riproducono ed elaborano i contenuti protetti da tali diritti". "Per quanto riguarda la pirateria informatica ai danni del copyright musicale, dei film e dei software, oltre alle pratiche dissuasive e repressive già sperimentate con efficacia, a esempio, in Francia - dove dopo un primo avvertimento il pirata rischia l’oscuramento della propria connessione – saranno necessarie un’opera di semplificazione dei sistemi di pagamento, senza rischi per gli utenti che intendono pagare e spesso incontrano incomprensibili difficoltà (si consideri che non tutti i siti che vendono musica accettano le carte pre-pagate), e un’attività promozionale idonea a divulgare i bassi costi del download lecito"  
   
   
PARCO NAZIONALE DELL’APPENNINO TOSCO-EMILIANO: PROGETTO “PARCO NEL MONDO"  
 
Da gennaio 2008 il Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-emiliano ha attivato il progetto “Parco nel Mondo”, un programma di animazione finalizzato a restituire autostima e centralità al vivere nei paesi e nei centri minori dell’Appennino e dei suoi crinali, costruendo flussi di ritorno moderno dall’emigrazione (anche parziale e virtuale) e la ripresa delle relazioni con le comunità di origine. Ogni famiglia residente nel Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano ha qualche componente emigrato e “Parco nel Mondo” vuole trasformare l’emigrazione da privazione e diminuzione delle potenzialità del territorio a ricchezza, risorsa aggiuntiva, apertura al mondo. Se nel complesso l’emigrazione ha rappresentato e rappresenta una perdita per la montagna, ora questo si può considerare come un investimento a lunghissimo termine recuperando parte del valore socio culturale perduto. Il progetto prevede la costruzione di un vero e proprio “processo di cittadinanza affettiva” delle migliaia di abitanti e nativi del crinale che vivono nel mondo (si stimano tra i 70.000 ed i 100.000 emigrati) e mantengono nel cuore legami col loro territorio. Per chi è emigrato la qualificazione, come Parco Nazionale, dei territori d’origine abbandonati nel passato perché poveri o marginali, può rafforzare se non far nascere nuovamente senso e sentimenti di appartenenza e rinnovare l’interesse per i borghi appenninici ove migliaia di persone conservano ancora oggi le loro radici personali o familiari. Beni e valori che la globalizzazione ha reso più preziosi e apprezzabili. Il Parco Nazionale come istituzione interprete delle vocazioni e dell’identità naturale e culturale dei luoghi, deve essere proposto come richiamo e riferimento formale di una cittadinanza affettiva più vissuta e resa esplicita in forme creative e appropriate. Grazie a “Parco nel Mondo” è possibile recuperare e rafforzare una serie di valori (i valori affettivi; la partecipazione; il senso di identità; il senso di comunità) che costituiscono, nell’insieme, il codice genetico di un Parco Nazionale incardinato sul rapporto natura-cultura. Ecco quindi che non possono non essere compresi tra gli obiettivi del Parco Nazionale quelli che ricreano le condizioni di un riavvicinamento tra le comunità presenti e quelle lontane; le generazioni nuove e quelle di origine; le professioni moderne e quelle antiche. Dal punto di vista culturale il progetto mira a promuovere la diffusione della conoscenza della storia di questa parte d’Italia, recuperare la tradizione antropologica e la cultura materiale che sono alla base della civiltà di questo territorio e riportare al livello di valore riconosciuto e condiviso l’uso non consumistico e quindi conservazionistico del territorio naturale. Dal punto di vista socio-economico gli obiettivi sono così riassumibili: avviare e/o consolidare flussi di ritorno, sia in forma stabile che di soggiorni a scopo turistico e ricreativo, incentivare, di conseguenza, i processi formativi ed informativi da e per le destinazioni di emigrazione, utilizzando la rete internet ed i canali televisivi satellitari, incentivare e sviluppare nelle opportune forme alcune particolari attività economiche compatibili, quali soprattutto la promozione e la commercializzazione dei prodotti tipici di qualità ed il recupero edilizio rispettoso dei caratteri storici e rivolto ad una promozione della residenzialità. Il progetto “Parco nel Mondo” ha realizzato una mappatura dell’emigrazione sulla base della quale , nel corso di questi anni, sono state sviluppate azioni per attivare o rafforzare i contatti con gli emigrati e le loro famiglie, offrendo loro strumenti per recuperare cultura e tradizioni, con il fine di organizzare vere e proprie cerimonie di rilascio di “cittadinanza affettiva”, mettendo in piedi collegamenti anche via Internet e tv satellitare con queste comunità emigrate. La “cittadinanza affettiva” è una realtà che molti emigrati, vicini e lontani, sentono come propria e cui tengono come tratto importante della loro identità. “Parco nel Mondo” vuole valorizzare questa realtà offrendo ad essa un significato meno “intimo” e più socialmente riconosciuto e riconoscibile. Sono poi scaturite azioni per l’incentivazione di forme di turismo di “ritorno alle radici”, che coinvolgono anche le generazioni più giovani, i figli e i nipoti di chi è andato via, per sensibilizzarli e “trasformarli” in “ambasciatori” del Parco, promuovendone le tradizioni, la cultura, i prodotti e le emergenze naturalistiche, realizzando una internazionalizzazione non generica e non puramente commerciale del Parco Nazionale. L’attività turistica sviluppabile grazie a “Parco nel mondo”, infatti, non vuole essere di tipo consumistico ma intende rispettare le capacità di carico del territorio, poiché i canali privilegiati degli emigrati favoriscono l’attrazione di soggetti attivi e fortemente interessati alla tutela ed alla promozione del territorio ed allo scambio culturale con i cittadini residenti, che sono considerati parte integrante di un parco inclusivo, attori indispensabili del successo dell’iniziativa. A supporto di tutto questo lavorano anche il sito internet www.Parconelmondo.it  e i social network ad esso dedicati, per promuovere le molteplici iniziative sul territorio e stabilire un filo diretto con il resto del mondo, grazie anche al lancio del nuovo Club Parco Appennino e del suo circuito di convenzioni che giorno dopo giorno sta creando una rete di operatori economici e contatti in grado di orientare le esigenze turistiche di tutti gli amanti e visitatori di quest’area  
   
   
GIUSTIZIA ITALIANA: LA CONSOB PUÒ ESSERE RESPONSABILE SE VIENE MENO AI SUOI OBBLIGHI DI VIGILANZA E RISARCIRE I DANNI  
 
La Cassazione ha ampliato le tutele per i risparmiatori truffati o vittime di qualche crack finanziario. Secondo la Suprema Corte, infatti, la Commissione nazionale per le Società e la Borsa (Consob), in quanto ente di controllo e vigilanza ha l’obbligo istituzionale di "tutela del pubblico risparmio" che deve essere esercitato in concreto e non limitarsi ad un attività solo formale e pertanto può essere dichiarata responsabile nel caso dovesse essere venuta meno ai propri obblighi di vigilanza e condannata a risarcire i cittadini frodati dalle società finanziarie. Nel caso sottoposto all’attenzione della Corte la Sfa, una società di intermediazione mobiliare (Sim), tra il ´90 e il ´92 aveva fatto perdere consistenti quote di risparmio che le erano state affidate, facendole letteralmente sparire. I clienti truffati avviarono un giudizio al termine del quale è stato dimostrato che la Consob intervenne in ritardo a sospendere l´attività della società in questione e quindi ebbe una precisa responsabilità extracontrattuale (ai sensi dell’art. 2043 del Codice Civile) nei confronti dei risparmiatori. Gli ermellini hanno infatti confermato quanto già statuito dai giudici di secondo grado che avevano ritenuto insufficiente la motivazione secondo cui all’ente di vigilanza spetterebbe solo un potere di controllo formale sui prospetti di informazione ai clienti e non sostanziale. Secondo la sentenza della Corte di Cassazione la Consob deve svolgere una reale funzione di garanzia con azioni volte ad impedire danni concreti nei confronti dei risparmiatori seguendo un normale principio di buon senso. I giudici hanno ritenuto che "L´attività della pubblica amministrazione e in particolare della Consob deve svolgersi nei limiti e con l´esercizio dei poteri previsti dalle leggi speciali che la istituiscono, ma anche dalla norma primaria del neminem laedere". A seguito di questa sentenza i risparmiatori truffati potranno agire contro la Consob nel caso in cui possano dimostrarsi carenze o omissioni nell’attività di vigilanza sostanziale sugli atti delle società finanziarie, che nel nuovo atteggiamento che dovrà tenere l’ente nazionale di controllo che avrà l’obbligo di adottare comportamenti volti ad una tutela più concreta dei cittadini - risparmiatori  
   
   
GIUSTIZIA ITALIANA: YAHOO RESPONSABILE PER VIOLAZIONE DI DIRITTI D´AUTORE  
 
La Nona Sezione del Tribunale di Roma "inibisce a Yahoo! la prosecuzione e la ripetizione della violazione dei diritti di sfruttamento economico sul film About Elly mediante il collegamento a mezzo dell´omonimo motore di ricerca ai siti riproducenti in tutto o in parte l´opera, diversi dal sito ufficiale del film". La questione fra Open Gate Italia a Yahoo! riguardava "la responsabilita´ di un motore di ricerca nel rendere disponibile l´accesso ai siti che immettono in rete film piratati, sprovvisti di ogni tipo di autorizzazione da parte dei detentori dei diritti". Il Tribunale di Roma ha riconosciuto "la imputabilità alla parte resistente Yahoo!, unica legittimata nel procedimento nella qualità di provider gestore del servizio Web Search, della responsabilità per contributory infringement per l´attività di gestione del motore di ricerca nella misura in cui questi effettuano, attraverso specifici links, il collegamento a siti pirata, che permettono la visione in streaming o il downloading e peer to peer del film About Elly senza autorizzazione da parte del titolare dei diritti di sfruttamento economico sull´opera e quindi in lesione del diritto patrimoniale di autore". "Dieci milioni e trecento mila - sottolinea Open Gate - sono i risultati se si digita su Yahoo! il titolo del film ´About Elly´. Siti di vario tipo attraverso i quali e´ possibile scaricare il film che ha vinto il Leone d´Argento a Berlino due anni fa. Solo digitando la parola ´about´, il film About Elly e´ la seconda opzione. Una diffusione massiva che ha provocato la reazione di Open Gate Italia, la societa´ che da anni segue le controversie legate alla pirateria online, a tutela del diritto d´autore, per conto dei produttori cinematografici e che, nel caso specifico, ha portato avanti la controversia"  
   
   
PRIVACY: PRENOTAZIONI E RITIRO ANALISI IN FARMACIA  
 
Via libera del Garante privacy alla possibilità per i cittadini di prenotare visite specialistiche, pagare il ticket e ritirare referti medici direttamente presso il proprio farmacista. Occorrono però rigorose misure a protezione dei dati personali. E´ questo il contenuto del parere favorevole dell´Autorità sullo schema di decreto del Ministero della salute relativo all´erogazione di nuovi servizi sanitari da parte delle farmacie. Senza doversi recare alla Asl o in ospedale si potrà utilizzare la postazione collegata al Cup presente nelle farmacie, anche in quelle rurali. Il parere dell´Autorità, reso su una versione di decreto che tiene conto di approfondimenti e indicazioni forniti dall´Ufficio del Garante, prevede ulteriori condizioni volte ad innalzare il livello di protezione dei dati. Oltre alle indicazioni già recepite nello schema di decreto dovranno essere quindi introdotti altri accorgimenti finalizzati a garantire l´accesso al referto da parte degli operatori solo per effettuare la consegna all´utente e ad impedire che vengano create banche dati di referti digitali presso le farmacie. Il Ministero, inoltre, dovrà individuare adeguati tempi di conservazione dei referti digitali. Particolare riservatezza sarà chiesta agli operatori della farmacia che dovranno essere sottoposti a regole di condotta analoghe al segreto professionale. Nello schema di decreto presentato al Garante erano comunque già presenti precise forme di tutela, in particolare, quella che prevede l´obbligo di informare chiaramente l´utente ed acquisirne il consenso al trattamento dei dati personali prima di erogare il servizio. In caso di invio di sms o email da parte del Cup, per ricordare, confermare o disdire la prenotazione, lo schema prevede che i messaggi non debbano contenere alcuna informazione sulla tipologia o l´esito della prestazione. Così come non devono essere conservate copie dei documenti esibiti per il riconoscimento dai cittadini. La postazione collegata al Cup inoltre dovrà essere protetta da adeguate distanze di cortesia ed i referti consegnati in busta chiusa. Per assicurare che le misure di sicurezza rispettino un elevato standard e siano applicate in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale, il decreto del ministero prevede infine che esse siano definite in accordi regionali, correlati ad un accordo collettivo nazionale, per i quali è previsto che venga acquisito il parere del Garante  
   
   
PRIVACY: PIÙ TUTELA PER I DISABILI CHE ACQUISTANO UN´AUTOVETTURA  
 
Privacy più tutelata per i disabili che acquistano un´autovettura usufruendo dei benefici fiscali. La chiede il Garante prescrivendo ad Asl e concessionarie di limitare il trattamento dei dati sulla salute dei disabili a quelli strettamente necessari. Le strutture sanitarie pubbliche e le commissioni mediche che accertano le varie forme di disabilità dovranno redigere le certificazioni sanitarie, necessarie per l´acquisto di autoveicoli a tassazione agevolata (iva ridotta al 4%, esenzione del bollo ecc.), indicando solo i dati personali effettivamente necessari per la concessione delle agevolazioni fiscali di legge. Giro di vite anche per i concessionari di autoveicoli che dovranno trattare solo dati indispensabili per istruire la pratica di acquisto da parte di un disabile e dovranno conservare i dati per eventuali controlli non oltre i limiti di prescrizione dei diritti e di conservazione delle scritture contabili. I concessionari, inoltre, dovranno fornire ai disabili un´informativa completa sulla raccolta e uso dei loro dati, e dovranno indicare espressamente che le informazioni fornite, anche quelle sulla salute, potranno essere comunicate alle officine autorizzate nel caso siano da apportare eventuali adattamenti sui veicoli acquistati. In quest´ultima ipotesi il concessionario dovrà anche acquisire il consenso dell´acquirente. Trascorsi dieci anni i dati personali, compresi quelli sanitari, se non sussistono altre esigenze di conservazione (es. Controversie giudiziarie pendenti) dovranno essere distrutti, cancellati o trasformati in forma anonima. Considerata inoltre, l´ampiezza e la delicatezza delle informazioni trattate l´Autorità raccomanda a concessionari, imprese e officine autorizzate di adottare adeguate misure di sicurezza. Le pratiche dovranno essere collocate in locali opportunamente protetti da intrusioni indebite e l´accesso alle informazioni dovrà essere consentito solo al personale autorizzato. Se i dati vengono trattati elettronicamente dovranno essere previsti adeguati sistemi di autenticazione e autorizzazione. Il provvedimento (di cui è stato relatore Giuseppe Fortunato) fa chiarezza su alcune problematiche presentate al Garante da Federauto in un settore in cui circolano quantità sproporzionate di documenti e dati delicatissimi, molti dei quali non indispensabili e spesso consegnati spontaneamente dagli stessi disabili.  
   
   
PRIVACY: CONTENZIOSO PENALE SUL LAVORO E PRIVACY  
 
L´azienda non può accedere ai file del dipendente, ma può conservarli per far valere i suoi diritti. Il diritto alla riservatezza dei lavoratori deve essere bilanciato con la possibilità per le imprese di tutelarsi nell´ambito di eventuali procedimenti penali. Lo ha chiarito il Garante decidendo sul ricorso di un dipendente che chiedeva al suo ex datore di lavoro di cancellare alcune cartelle personali presenti nel computer portatile restituito dopo il licenziamento, opponendosi ad ogni ulteriore uso dei suoi dati contenuti nel pc. Nelle cartelle personali erano infatti conservate e-mail, fotografie e altra documentazione di esclusiva valenza personale. Nel corso dell´istruttoria, la società ha però affermato che proprio in quel materiale potevano essere presenti prove della concorrenza sleale posta in essere dal dipendente insieme ad altri colleghi. L´azienda intendeva quindi mettere l´hard disk del computer, senza alterazione alcuna, a disposizione dell´autorità giudiziaria al fine di far valere i propri diritti. Il Garante (con un provvedimento di cui è stato relatore Giuseppe Chiaravalloti) non ha accolto la richiesta avanzata dall´interessato di far cancellare i dati, ma ha deciso di inibire alla società l´accesso alle cartelle private poiché il trattamento dei dati personali estranei all´attività lavorativa avrebbe violato i principi di pertinenza e non eccedenza previsti dal Codice della privacy. L´autorità ha però riconosciuto il diritto dell´impresa di conservare i file del dipendente al fine di poterli eventualmente presentare come prova nell´ambito del contenzioso penale. L´acquisizione dei dati nel procedimento dovrà comunque avvenire su precisa disposizione del giudice  
   
   
PRIVACY: RICERCA EPIDEMIOLOGICA SUI MILITARI IN BOSNIA  
 
Via libera del Garante della privacy alla pubblicazione su siti e quotidiani dell´informativa riguardante un progetto di sorveglianza epidemiologica che prevede lo scambio di dati personali tra il Ministero della difesa e l´Istituto superiore di sanità di oltre 130mila militari impegnati in Bosnia – Herzegovina e nel Kosovo tra il 1995 e il 2004 e di un campione di altri militari mai impegnati in teatri operativi all´estero nello stesso periodo. L´obiettivo del progetto è quello di valutare se la permanenza nei Balcani, ove è stato fatto uso di munizioni ad uranio impoverito, abbia avuto dirette conseguenze sullo stato di salute dei soldati impegnati nelle missioni di pace in quei territori, in particolare riguardo all´incidenza di tumori. Il progetto prevede che il Ministero della difesa fornisca i dati personali dei militari (nome, cognome, data di nascita, forza armata, grado e reparto di appartenenza…) all´Istituto superiore di sanità che li incrocerà con quelli contenuti nella banca dati nazionale delle cause di morte dell´Istat e con la banca dati schede di dimissioni ospedaliere messa a disposizione dal Ministero della salute. Per realizzare la ricerca è necessario che tutte le persone coinvolte siano informate riguardo al trattamento dei loro dati. Di conseguenza - stante l´ingente numero degli interessati, la difficoltà di raggiungere tutti i militari coinvolti (gran parte dei quali risulterebbero non più in servizio) e la mancanza di un archivio centralizzato e aggiornato contenente i nominativi e i recapiti del personale militare in servizio nel periodo considerato - l´Istituto superiore di sanità e il Ministero della difesa hanno deciso di avvalersi di quanto previsto dal codice deontologico per il trattamento dei dati a fini statistici e scientifici e di adottare una modalità di pubblicità del progetto che consenta di non rendere l´informativa ai singoli interessati quando l´impiego di mezzi risulti sproporzionato al diritto tutelato. La modalità sottoposta al Garante prevede la pubblicazione dell´informativa sui siti del Ministero della difesa, delle singole Forze Armate e delle associazioni del personale in quiescenza, oltre che su due quotidiani di larga diffusione nazionale. Nel dare il suo via libera, l´Autorità (con un provvedimento di cui è stato relatore Mauro Paissan) ha però richiesto, allo scopo di assicurarne la massima conoscibilità, che l´informativa venga pubblicata anche sul sito dell´Istituto superiore di sanità e che essa sia agevolmente reperibile e visibile sui suddetti siti sino alla conclusione del progetto  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: TARIFFE MASSIME PER GLI AVVOCATI NON OSTACOLANO ACCESSO AL MERCATO ITALIANO  
 
La Corte di giustizia Ue sdogana le tariffe massime degli avvocati. La Commissione non ha dimostrato che ostacolano l´accesso degli avvocati di altri Stati membri al mercato italiano dei servizi professionali. Sin dal 2005, la Commissione ha richiamato l´Italia sulla possibile incompatibilità delle tariffe delle attività stragiudiziali degli avvocati, estendendo poi la sua diffida alle tariffe giudiziali. Anche l´entrata in vigore del decreto Bersani (d.L. 248/2006) non ha soddisfatto le esigenze della Commissione. Il Decreto Bersani ha abrogato tutte le disposizioni che prevedono l´obbligatorietà delle tariffe fisse o minime e il divieto del cd. Patto di quota-lite (compenso parametrato al raggiungimento degli obiettivi perseguiti). La Commissione ha peraltro lamentato che esso – pur abrogando le tariffe fisse o minime – ha mantenuto le tariffe massime, in nome della protezione dei consumatori. A suo parere, il complesso tariffario italiano genererebbe costi aggiuntivi, le tariffe massime impedirebbero la corretta remunerazione degli avvocati stabiliti in altri Stati membri ed infine l´impossibilita di effettuare offerte ad hoc pregiudicherebbe la libertà contrattuale degli avvocati. La Slovenia era intervenuta a sostegno della Commissione. L´italia ha contestato il carattere vincolante delle tariffe e sottolineato le numerose deroghe alle stesse (per volontà degli avvocati e dei loro clienti, o tramite l’intervento del giudice). Ha sottolineato che il criterio principale per fissare gli onorari degli avvocati risiede nel contratto concluso tra avvocato e cliente nell’esercizio della loro autonomia contrattuale (art. 2233 c.C.), mentre il ricorso alle tariffe costituisce soltanto un criterio sussidiario. Ha insistito sulla possibilità di calcolare gli onorari su base oraria e sull´abolizione del divieto di concludere il patto di quota lite. Infine, in tutte le cause di particolare importanza, complessità o difficoltà, si possono convenire aumenti fino al doppio o al quadruplo delle tariffe, senza che sia necessario alcun parere del consiglio dell’ordine degli avvocati. La Corte riconosce che dall´insieme delle norme italiane risulta ancora l´esistenza di tariffe massime, che continuano ad essere obbligatorie per il caso in cui, fra avvocato e clienti, non sia concluso un patto. La Corte ricorda che, anche se indistintamente applicabili, le misure che pregiudicano l´accesso al mercato da parte di operatori di un altro Stato membro possono costituire delle restrizioni alla libertà di stabilimento o di prestazione dei servizi. In concreto, esse si configurano se questi avvocati non possono penetrare nel mercato dello Stato membro ospitante, in condizioni di concorrenza normali ed efficaci. Peraltro, la normativa di uno Stato membro non è da considerare restrittiva per il solo fatto che altri Stati applichino regole meno severe o economicamente più vantaggiose ai prestatori di servizi simili stabiliti sul loro territorio. La Corte constata che la disciplina italiana sugli onorari presenta una flessibilità che sembra permettere il corretto compenso per qualsiasi tipo di prestazione. La Commissione non ha invece dimostrato che le norme italiane sulle tariffe massime degli avvocati ostacolano l´accesso degli avvocati di altri Stati membri al mercato italiano. Di conseguenza il ricorso della Commissione è respinto. (Corte di Giustizia europea sentenza C-565/08del 29 marzo 2011)  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: ANNULLAMENTO PARZIALE DELLA SENTENZA DEL TRIBUNALE RIGUARDANTE LA REGISTRAZIONE DEL SEGNO «BUD» COME MARCHIO COMUNITARIO E GLI CHIEDE DI STATUIRE NUOVAMENTE  
 
Il regolamento sul marchio comunitario prevede che un segno utilizzato nel traffico commerciale e di portata non puramente locale possa precludere la registrazione di un marchio comunitario. Tra il 1996 e il 2000, la fabbrica di birra americana Anheuser‑busch ha chiesto all´Ufficio dei marchi comunitari (Uami) la registrazione come marchio comunitario del segno figurativo e denominativo Bud per alcuni tipi di prodotti, tra i quali le birre. La fabbrica di birra ceca Budĕjovický Budvar ha proposto alcune opposizioni contro la registrazione del marchio comunitario per la totalità dei prodotti richiesti. L´impresa ceca invocava l´esistenza della denominazione «bud» quale tutelata, da un lato, in Francia, in Italia e in Portogallo ai sensi dell´Accordo di Lisbona e, dall´altro, in Austria a norma dei trattati bilaterali conclusi tra tale Stato e l´ex Repubblica socialista cecoslovacca. L’uami ha interamente respinto le opposizioni proposte dalla Budĕjovický Budvar, segnatamente a motivo del fatto che le prove fornite dall´impresa ceca riguardo all´utilizzo della denominazione d´origine «bud» in Austria, in Francia, in Italia e in Portogallo erano insufficienti. La Budĕjovický Budvar ha adito il Tribunale di primo grado, il quale ha annullato le decisioni dell’Uami che avevano rigettato le opposizioni proposte da tale società. Il Tribunale ha constatato che l’Uami era incorso in errori di diritto riguardanti la tutela dei diritti anteriori e l´utilizzo della denominazione in questione. La Anheuser‑busch ha proposto dinanzi alla Corte di giustizia un´impugnazione contro la sentenza del Tribunale. Con la sua sentenza in data odierna, la Corte constata che la sentenza del Tribunale contiene un triplice errore di diritto. La Corte rileva, anzitutto, che il Tribunale è incorso in errore là dove ha affermato che, per dimostrare la portata non puramente locale del segno «bud», era sufficiente che tale segno fosse tutelato in vari Stati. La Corte rileva a questo proposito che, anche se l´ambito geografico della protezione del segno in questione è più che locale, tale circostanza può impedire la registrazione di un marchio comunitario soltanto nel caso in cui tale segno venga effettivamente utilizzato in modo sufficientemente significativo nel traffico commerciale in una parte rilevante del territorio in cui esso è tutelato. La Corte precisa inoltre che l´utilizzo nel traffico commerciale deve essere valutato in modo separato per ciascuno dei territori nei quali il segno beneficia di una tutela. Successivamente la Corte constata che il Tribunale è altresì incorso in un errore là dove ha ritenuto che il regolamento non richiedesse che il segno «bud» avesse costituito oggetto di utilizzazione nel suo territorio di protezione e che l’utilizzazione in un territorio diverso da quello nel quale il segno è tutelato possa essere sufficiente per impedire la registrazione di un nuovo marchio, anche in caso di assenza di qualsiasi utilizzo nel territorio di protezione. In tale contesto, la Corte sottolinea che è soltanto nel territorio di protezione del segno – indipendentemente dal fatto che si tratti della totalità o soltanto di una parte di tale territorio – che i diritti esclusivi collegati al segno possono entrare in conflitto con un marchio comunitario. Infine, la Corte rileva che, affermando che l´utilizzo del segno nel traffico commerciale doveva essere dimostrato soltanto per il periodo antecedente alla pubblicazione della domanda di registrazione del marchio e non, al più tardi, per quello precedente la data di deposito di tale domanda, il Tribunale è incorso in un ulteriore errore di diritto. Infatti, tenuto conto, in particolare, del significativo lasso di tempo che può intercorrere tra il deposito della domanda di registrazione e la sua pubblicazione, il criterio della data di deposito della domanda è maggiormente idoneo a garantire che l’uso invocato del segno sia un uso reale e non un’iniziativa intesa unicamente ad impedire la registrazione di un nuovo marchio. Inoltre, per regola generale, un utilizzo del segno effettuato esclusivamente o in gran parte nel periodo intercorrente tra il deposito della domanda di registrazione e la pubblicazione di tale domanda non sarà sufficiente per dimostrare che tale segno ha costituito oggetto di utilizzo nel traffico commerciale comprovante che esso riveste una portata sufficiente. La Corte, pur rigettando gli altri motivi invocati dalla Anheuser‑busch nella sua impugnazione, annulla parzialmente la sentenza del Tribunale nella misura in cui questa è viziata dai tre errori di diritto così constatati. Poiché lo stato degli atti non consente una definizione della controversia ad opera della Corte, quest´ultima rinvia la causa dinanzi al Tribunale ai fini di una nuova decisione. (Corte di giustizia dell’Unione europea sentenza del 29 marzo 2011 nella causa C-96/09 P Anheuser-busch Inc. / Budĕjovický Budvar)  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: LA CORTE CONFERMA LE DECISIONI DELLA COMMISSIONE CON CUI SONO STATE INFLITTE AMMENDE, RISPETTIVAMENTE, DI 10 MILIONI DI EURO ALLA ARCELORMITTAL LUXEMBOURG E DI 3,17 MILIONI DI EURO ALLA THYSSENKRUPP NIROSTA PER I LORO COMPORTAMENTI ANTICONCORRENZIALI  
 
Nel 1994, la Commissione infliggeva ammende alle imprese che avevano partecipato ad un’intesa sul mercato delle travi in acciaio, tra le quali figurava la Arcelor Mittal Luxembourg (già Arbed). La Commissione adottava tale decisione sulla base del Trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (Ceca), che prevedeva un regime di concorrenza particolare per il settore siderurgico. Sulla base del Trattato medesimo la Commissione sanzionava, con decisione emanata nel 1998, la Thyssenkrupp Nirosta (già Thyssenkrupp Stainless) per la sua partecipazione ad un’intesa nel settore dei prodotti piatti in acciaio inossidabile ( extra di lega). Dette decisioni, contestate da parte delle due imprese interessate, venivano annullate dal Tribunale e dalla Corte di giustizia, rispettivamente, nel 2003 e nel 2005, per violazioni dei diritti della difesa. La Commissione decideva, successivamente, di avviare nuovi procedimenti riguardanti le stesse infrazioni al Trattato Ceca. Così, con decisione 8 novembre 2006, la Commissione riteneva che la Arcelormittal Luxembourg e le sue controllate avessero partecipato, nel periodo compreso tra il 1° luglio 1988 e il 16 gennaio 1991, ad una serie di accordi e di pratiche concordate aventi ad oggetto o per effetto la fissazione dei prezzi, la ripartizione delle quote e lo scambio di informazioni sul mercato interessato. La Commissione infliggeva loro a tal titolo un’ammenda di 10 milioni di euro. Per quanto attiene alla Thyssenkrupp, la Commissione riteneva, con decisione 20 dicembre 2006, che detta società avesse violato le norme in materia di concorrenza avendo modificato ed applicato, in modo concertato, i valori di riferimento della formula di calcolo di un extra di lega, e le infliggeva, a tal titolo, un’ammenda di 3,17 milioni di euro. In dette nuove decisioni la Commissione applicava norme sostanziali del Trattato Ceca, giunto peraltro a scadenza il 23 luglio 2002, considerato che i fatti avevano avuto luogo anteriormente a tale data. Per contro, quanto alle regole procedurali ed alla propria competenza per disporre le sanzioni inflitte, la Commissione si basava su una normativa emanata, successivamente alla scadenza del Trattato Ceca, sulla base del Trattato Ce. Il Tribunale, adito dal gruppo Arcelormittal e dalla Thyssenkrupp, annullava la decisione della Commissione riguardante le controllate della Arcelormittal Luxembourg, in considerazione dell’intervenuta prescrizione dell’infrazione nei loro confronti. Esso respingeva peraltro tutti i motivi dedotti dalla società controllante Arcelormittal Luxembourg e dalla Thyssenkrupp. Dinanzi alla Corte, dette due società contestano l’affermazione del Tribunale secondo cui, successivamente alla scadenza del Trattato Ceca, la Commissione poteva loro legittimamente infliggere un’ammenda per le infrazioni commesse anteriormente alla scadenza del Trattato medesimo, sulla base del combinato disposto di norme sostanziali del Trattato Ceca e di norme procedurali e di competenza adottate successivamente, sulla base del Trattato Ce. Anzitutto, per quanto attiene alla competenza della Commissione, la Corte ritiene che sarebbe contrario alla finalità nonché alla coerenza dei Trattati e inconciliabile con la continuità dell’ordinamento giuridico dell’Unione il fatto che l’istituzione fosse priva di status per garantire l’uniforme applicazione delle norme risultanti dal Trattato Ceca che continuano a produrre effetti anche successivamente alla scadenza di quest’ultimo. La Corte ha poi precisato che le esigenze relative ai principi della certezza del diritto ed alla tutela del legittimo affidamento impongono l’applicazione delle norme sostanziali previste dal Trattato Ceca. In tal senso, quest’ultimo prevedeva, all’epoca dei fatti, un fondamento normativo chiaro per le sanzioni inflitte, ragion per cui le imprese non potevano ignorare le conseguenze derivanti dal proprio comportamento. In particolare, la Corte ritiene che, considerato che i Trattati definivano, già prima della data dei fatti, le infrazioni nonché la natura e l’importanza delle sanzioni che potevano essere loro inflitte, un’impresa diligente non poteva in alcun momento ignorare le conseguenze derivanti dal proprio comportamento, né fare affidamento sul fatto che la successione del contesto normativo del Trattato Ce a quello del Trattato Ceca avrebbe prodotto la conseguenza di sottrarla a qualsiasi sanzione. Per quanto attiene al fondamento normativo per l’adozione delle sanzioni e delle regole procedurali applicabili, la Corte rammenta che le sanzioni devono basarsi su un fondamento normativo in vigore al momento della loro adozione. Parimenti, si presume, in linea generale, che le regole procedurali si applichino dal momento della loro entrata in vigore. La Corte, da un lato, conclude che la competenza della Commissione per infliggere le ammende ben risultava dalle norme adottate sulla base del Trattato Ce e che il procedimento doveva essere condotto secondo le norme medesime. Dall’altro,essa rileva che la normativa sostanziale che stabiliva la sanzione applicabile era effettivamente quella del Trattato Ceca. Conseguentemente, la Corte respinge i motivi e gli argomenti dedotti dalla Arcelormittal Luxembourg e dalla Thyssenkrupp e conferma le sentenze del Tribunale. Corte di giustizia dell’Unione europea sentenza nella cause riunite C-201/09 P Arcelormittal Luxembourg/commissione e C-216/09 P Commissione/arcelormittal Luxembourg; C-352/09 P Thyssenkrupp Nirosta/commissione  
   
   
GIUSTIZIA EUROPEA: NELL´AMBITO DI UN RECUPERO DI UNA PENALITÀ FISSATA DALLA CORTE, LA COMMISSIONE NON PUÕ VALUTARE LA CONFORMITÀ DELLA NORMATIVA NAZIONALE AL DIRITTO DELL´UNIONE EUROPEA  
 
Con sentenza 14 ottobre 2004, la Corte di giustizia ha dichiarato l´inadempimento del Portogallo agli obblighi ad esso incombenti, non avendo abrogato la sua normativa nazionale che subordina alla prova della colpa o del dolo la concessione del risarcimento danni ai soggetti lesi da una violazione del diritto dell´Unione nel settore degli appalti pubblici. Ritenendo che il Portogallo non si fosse conformato a detta sentenza, la Commissione ha proposto, il 7 febbraio 2006, un nuovo ricorso diretto alla fissazione di una penalità. Con sentenza 10 gennaio 2008, la Corte ha dichiarato che il Portogallo non si era conformato alla sua prima sentenza del 2004, non essendo ancora stata abrogata la normativa nazionale contestata. La Corte, pertanto, ha condannato il Portogallo a pagare alla Commissione una penalità di Eur 19 392 per ogni giorno di ritardo nell’attuazione delle misure necessarie per conformarsi alla prima sentenza del 2004, a partire dal giorno della pronuncia della sentenza, il 10 gennaio 2008. Nel frattempo, il 31 dicembre 2007, il Portogallo ha adottato la legge n. 67/2007, entrata in vigore il 30 gennaio 2008, che ha abrogato la normativa nazionale e ha introdotto un nuovo regime di risarcimento dei danni causati dallo Stato. La Commissione, tuttavia, ha considerato che detta legge non costituiva una misura di esecuzione adeguata e completa della sentenza del 2004. Essa ha ritenuto che questo nuovo regime risarcitorio non adattasse l´ordinamento giuridico portoghese agli obblighi ad esso incombenti in forza della direttiva relativa ai procedimenti di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici. Il Portogallo ha quindi adottato la legge n. 31/2008, che modifica la legge n. 67/2007, pur affermando che quest´ultima conteneva già tutte le misure necessarie per l´esecuzione della sentenza del 2004. La legge n. 31/2008è entrata in vigore il 18 luglio 2008. Nella sua decisione 25 novembre 2008, la Commissione ha rilevato che la legge n. 67/2007 non costituiva un´esecuzione adeguata della sentenza del 2004 e che le autorità nazionali si erano conformate alla sentenza della Corte solo con l´adozione della legge n. 31/2008. Essa, di conseguenza, ha reclamato al Portogallo il pagamento della penalità per un totale di Eur 3.665.088 per il periodo compreso tra il 10 gennaio e il 17 luglio 2008. Il Portogallo, ritenendo che l´ordinamento giuridico portoghese fosse conforme alla sentenza del 2004 dal 30 gennaio 2008 – data di entrata in vigore della legge n. 67/2007 – ha contestato la decisione della Commissione che fissava l´importo totale dell´ammenda e ha chiesto al Tribunale di annullarla. Nella sentenza emessa in data odierna, il Tribunale annulla la decisione della Commissione. Il Tribunale, anzitutto, si pronuncia sulla sua competenza a statuire sul presente ricorso. Esso constata che il diritto dell´Unione non stabilisce le modalità di esecuzione di una sentenza per inadempimento della Corte che condanna uno Stato membro a pagare una penalità alla Commissione. Del pari, il diritto dell´Unione non prevede alcuna disposizione speciale relativa alla risoluzione delle controversie che possono sorgere tra uno Stato membro e la Commissione nell´ambito dell´esecuzione di una siffatta sentenza. Tuttavia, il Tribunale constata che spetta alla Commissione recuperare le somme che sarebbero dovute al bilancio dell’Unione in esecuzione di una sentenza della Corte. Esso, pertanto, si ritiene competente ad esaminare un ricorso proposto contro una decisione della Commissione che fissa l´importo dovuto dallo Stato membro a titolo di una penalità. Il Tribunale precisa che, nell´esercizio di tale competenza, non può, cionondimeno, invadere la competenza esclusiva riservata alla Corte ad esaminare un inadempimento di uno Stato membro ai suoi obblighi derivanti dal diritto dell´Unione. Inoltre, quanto alla fondatezza del ricorso, il Tribunale ricorda che dalla sentenza del 2008 discende che spettava al Portogallo abrogare la normativa nazionale controversa per conformarsi alla sentenza del 2004 e che la penalità sarebbe dovuta fino a tale data. Orbene, tale normativa è stata abrogata dalla legge n. 67/2007, entrata in vigore il 30 gennaio 2008. Ciononostante, la Commissione si è rifiutata di considerare che l´inadempimento era cessato in tale data e ha sostenuto che la cessazione stessa era avvenuta il 18 luglio 2008, data di entrata in vigore della legge n. 31/2008. Il Tribunale dichiara che, in tal modo, la Commissione ha violato il dispositivo della sentenza del 2008 e annulla, di conseguenza, la decisione della Commissione. Infine, il Tribunale respinge l´argomento della Commissione secondo cui quest´ultima avrebbe avuto l´obbligo di verificare se il regime giuridico attuato in seguito all´adozione della legge n. 67/2007 costituisse una trasposizione adeguata del diritto dell´Unione. Infatti, una siffatta valutazione, da un lato, rientra nella competenza esclusiva della Corte, e, dall´altro, eccede un controllo diretto a determinare se la normativa nazionale sia effettivamente stata o meno abrogata. Di conseguenza, il Tribunale afferma che la Commissione non poteva decidere, nell´ambito dell´esecuzione della sentenza del 2008, che la legge n. 67/2007 non era conforme al diritto dell´Unione e, successivamente, trarne conseguenze per il calcolo della penalità decisa dalla Corte. Qualora rilevasse che il regime giuridico introdotto da detta legge non costituiva una trasposizione corretta del diritto dell´Unione, la Commissione avrebbe dovuto avviare un nuovo procedimento per inadempimento. Tribunale dell’Unione europea sentenza del 29 marzo 2011nella causa T-33/09 Portogallo / Commissione  
   
   
NUOVA CONVENZIONE TRA COMUNE DI MILANO E ORDINE DEGLI AVVOCATI DI MILANO: SI AMPLIA IL SERVIZIO GRATUITO DI INFORMAZIONE E ORIENTAMENTO AL PERCORSO LEGALE  
 
Impresa e lavoro, giovani e famiglia, consumatori, mediazione e conciliazione, sono queste le nuove tematiche che andranno ad ampliare il servizio di informazione e orientamento legale gratuito (che nella prima fase prevedeva diritto di famiglia e successione) avviato lo scorso anno dal Comune in collaborazione con l’Ordine degli Avvocati di Milano, presso le sedi dei Consigli di Zona e su Infomilano, l’ufficio mobile del Comune per dare informazione sulle attività dell’amministrazione. Il nuovo servizio prevede colloqui di orientamento legale e sarà proposto in via sperimentale presso le Zone di Decentramento 2-4-6-8 per poi valutarne l’estensione alle altre Zone. Per usufruire del servizio presso le sedi dei Consigli di Zona i cittadini interessati dovranno prenotare un appuntamento contattando gli uffici zonali competenti dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 12 e dalle 14 alle 16. (vedi contatti in allegato). La presenza degli avvocati prosegue anche su Infomilano, due volte alla settimana. Grazie alla consulenza degli avvocati dell’Ordine sarà possibile conoscere le modalità e i percorsi per interagire con il complesso Sistema della Giustizia. In particolare i cittadini potranno ricevere informazioni sugli adempimenti necessari per avviare una causa, chiedere l’esame di un caso con indicazioni rispetto al percorso “legale” più consono da intraprendere e avere indicazioni sui costi e sui tempi della giustizia. Sarà inoltre possibile ricevere informazioni sulla difesa d’ufficio e sul patrocinio a spese dello Stato, conoscere i servizi disponibili presso lo Sportello del Cittadino dell’Ordine di Milano e gli strumenti alternativi alla giustizia ordinaria per la risoluzione delle controversie (conciliazione). "Abbiamo avviato questo servizio a luglio dell’anno scorso riscontrando un alto gradimento da parte dei cittadini confermato dagli oltre 800 colloqui effettuati, da luglio a dicembre, con gli avvocati dell’Ordine, presso le sedi dei Consigli di Zona e su Infomilano. - spiega l´assessore alle Aree Cittadine e Consigli di Zona, Andrea Mascaretti - Abbiamo così deciso di ampliare il servizio con altre tematiche quali l´impresa e il lavoro, i giovani e la famiglia, i consumatori, la mediazione e la conciliazione. Un´ulteriore azione concreta per andare incontro maggiormente alle esigenze dei cittadini delle nove Zone della Città a conferma della nostra volontà di avvicinare l’amministrazione al cittadino, rendendo i servizi più capillari e accessibili ad un maggior numero di utenti". “Vista la proficua collaborazione avviata l’anno scorso con il Comune, siamo stati i primi a promuovere un progetto più articolato che sostenesse una richiesta sempre maggiore da parte della cittadinanza di orientamento verso il sistema giustizia”. “Siamo perciò molto soddisfatti di aver firmato questa nuova convenzione e ci auguriamo che possa essere a breve estesa a ulteriori zone di Milano e raggiungere sempre più cittadini”, afferma il Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano, Avv. Paolo Giuggioli. Contatti per prenotare gli appuntamenti con gli avvocati nei Consigli di Zona
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FEDERALISMO FISCALE E UNITÀ D’ITALIA: CONVEGNO DEI COMMERCIALISTI DI MILANO PER CELEBRARE I 150 ANNI  
 
"Il federalismo fiscale a 150 anni dall’Unità d’Italia" è il tema del convegno, patrocinato dal Comune di Milano, tenutosi lo scorso 1° aprile a Palazzo Reale con il quale l’Ordine dei Commercialisti ha contribuito alle celebrazioni del centocinquantenario. Il decentramento della finanza pubblica italiana è una riforma strutturale che modificherà l’autonomia finanziaria degli enti territoriali. Relatori del mondo istituzionale, professionale e accademico sono intervenuti per contribuire a una maggior conoscenza e consapevolezza delle ricadute della recente evoluzione normativa sul panorama economico e sociale del nostro Paese. Tra gli interventi istituzionali quello del Sindaco di Milano Letizia Moratti, di Luigi Casero, sottosegretario all’economia e di Francesco Boccia membro della Commissione Bilancio della Camera. Il presidente dell’Odcec di Milano, Alessandro Solidoro ha aperto la giornata spiegando il senso del convegno: “celebrare i 150 anni dello Stato Italiano attenti non solo a ciò che è stato nella storia, ma a ciò che diventerà nel futuro.” Solidoro ha continuato ricordando che “il procedimento di attuazione all´articolo 119 della Costituzione è partito nel 2008 e oggi - con l´arrivo del fisco municipale e regionale - l´impalcatura è definita. Sia per le entrate, visto che ora si sa quali e quanti tributi ogni livello di governo riceverà; sia per le uscite, poiché la società Sose spa ha già avviato la ricognizione dei fabbisogni standard di comuni e province (cioè i servizi da erogare su tutto il territorio nazionale in condizione di efficienza) e farà lo stesso per le regioni nelle materie diverse dalla sanità. Se è vero – come sostengono fonti autorevoli - che il processo di decentramento fiscale potrebbe fruttare 6 miliardi di euro di entrate alle regioni, monitorare le prospettive di cambiamento è dunque necessario nell’interesse dei cittadini e di tutta la collettività sociale.La volontà dei commercialisti – ha concluso Solidoro - è quella di svolgere un ruolo fondamentale per passare alla fase della concretezza attuativa e degli approfondimenti”. “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali” così la Costituzione sancisce la dialettica tra istanze unitarie e orientamenti federali”; a ricordarlo è stato Nicolò Zanon, ordinario di Diritto costituzionale nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Milano, che ha sottolineato anche come sul versante delle autonomie territoriali, l’evoluzione, pur notevole, non sia stata invece sempre lineare. Secondo Zanon “la revisione del titolo V°, parte seconda, della Costituzione, avvenuta nel 2001 è il risultato del progressivo aumento delle competenze legislative di regioni ed enti territoriali; ma tale riforma, oltre a generare conflitti legislativi con il Parlamento nazionale, ha anche lasciato in bianco due capitoli fondamentali: quello della rappresentanza delle autonomie territoriali attraverso l’istituzione del tanto invocato “Senato federale”, e quello relativo alla reale autonomia finanziaria di entrata e spesa di regioni, province e comuni.” Concludendo Zanon ha affermato che “l’attuazione del federalismo fiscale costituisce un tassello fondamentale e indispensabile per dare coerenza e completezza all’originario orientamento autonomista della Costituzione repubblicana.” Maurizio Logozzo, straordinario di Diritto Tributario alla Facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano, critico nei confronti della riforma, si è espresso con parole severe: “la legge delega si caratterizzava per l’estrema vaghezza dei principi generali e criteri direttivi, una sorta di scatola “vuota”, che poteva essere riempita di qualsiasi contenuto. Così è stato. Difatti, a dispetto di quella “razionalità e coerenza dei singoli tributi e del sistema tributario nel suo complesso”, principio generale che avrebbe dovuto guidare il legislatore delegato, i decreti delegati rappresentano una sorta di “zibaldone tributario”. Logozzo ha proseguito sostenendo che “assicurare direttamente le risorse finanziarie con una tendenziale autonomia di entrata e di spesa e maggiore responsabilizzazione degli amministratori locali nella gestione della “cosa pubblica” rappresenta un aspetto positivo ma l’altro lato della medaglia è “l’estrema complessità del sistema tributario federalista, caratterizzato da una “iperlegificazione” senza precedenti nel nostro ordinamento tributario e il rischio (o forse la certezza) dell’aumento della pressione fiscale complessiva. Vista anche la previsione di imposte di scopo (a livello comunale e provinciale) e di nuovi tributi propri a livello regionale, con possibilità anche di aumento delle addizionali comunali e regionali”. Nicola Cavalluzzo, dottore commercialista, ha evidenziato come “solo con l’approvazione della Legge Delega 42/2009 sia stata data concreta attuazione al federalismo fiscale in Italia, i cui principi fondamentali sono: prevalenza del costo standard e abbandono del riferimento del costo storico; correlazione tra centri di prelievo e centri di spesa; coordinamento e fiscalità dei diversi livelli di governo territoriale”. Tra i provvedimenti di maggior rilevanza i decreti che dettano le regole per dare concretezza al fisco municipale ed al fisco regionale. “Il primo disciplina le modalità per l’attribuzione al Comune di tributi propri quali: la cedola secca sugli affitti, l’imposta di soggiorno e l’imposta municipale propria e secondaria. La maggior parte di tali tributi locali inizieranno a produrre gettito a partire dal 2014, invece entra immediatamente in vigore la cedolare secca sugli affitti che già a partire dal 2011 trova collocazione nel panorama dei tributi esistenti nel nostro paese”. “Per quanto invece riguarda il fisco regionale – ha aggiunto Cavalluzzo - il decreto individua tre fonti di entrata per tale ente locale e cioè: la compartecipazione (Iva in primis), l’addizionale regionale e la devoluzione alla Regione degli incassi conseguente alla lotta all’evasione”. A conclusione dei lavori Debora Rosciani di Radio 24 ha moderato la tavola rotonda, che ha analizzato e discusso le ricadute sul territorio, cui hanno partecipato Attilio Fontana, presidente Anci Lombardia, Michele Perini, presidente Fiera di Milano e Piermauro Carabellese, presidente commissione fiscalità internazionale, Nicola Cavalluzzo, dottore commercialista. Ha chiuso i lavori il consigliere dell’Ordine Andrea Zonca  
   
   
AGENZIA DELLE ENTRATE: NUOVO UFFICIO TERRITORIALE DI SESTO SAN GIOVANNI  
 
Il 28 marzo è divenuto finalmente attivo l’Ufficio Territoriale di Sesto San Giovanni, in provincia di Milano. Dipendente dalla Direzione Provinciale Ii di Milano, l’Ufficio di Sesto avrà sede in Via Alberto Falck 3/15 e potrà disporre di ben 8 postazioni di lavoro in grado di assistere i cittadini del comprensorio. La struttura è aperta lunedì, mercoledì e venerdì dalle ore 9 alle 13, mentre nelle giornate di martedì e giovedì è previsto l’orario continuato dalle 9 alle 15,30. I recapiti telefonici e di posta elettronica, inoltre, sono rispettivamente 02-697161 e dp.Iimilano.utsestosangiovanni@agenziaentrate.it . È molto vasta la gamma dei servizi che il nuovo Ufficio è in grado di offrire. In particolare, il Territoriale di Sesto sarà competente in materia di: informazione e assistenza ai contribuenti, gestione delle imposte dichiarate, rimborsi, controlli formali sulle dichiarazioni, accertamenti parziali automatizzati, accertamenti sull’imposta di registro e imposta di successione, controllo sul rispetto dell’obbligo di emissione di scontrino o ricevuta fiscale, rilevazione e riscontro di informazioni e dati (con particolare riferimento a quelli rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore). La trattazione dei rimborsi Iva invece rimane, come per gli altri Uffici della Direzione Provinciale Ii di Milano, di competenza dell’Ufficio Territoriale di Milano 2. “L’apertura della nuova struttura – ha commentato Carlo Palumbo, Direttore Regionale dell’Agenzia delle Entrate della Lombardia – si inserisce in una più ampia strategia di assistenza ai contribuenti che ha il duplice obiettivo di rendere sempre più agevole l’assolvimento degli obblighi tributari per i cittadini e di incrementare sempre più la qualità nell’offerta dei servizi. Il nuovo Ufficio, poi, ha già in dote un consistente bacino di utenti che, fra le città di Sesto San Giovanni e Cologno Monzese, sfiora i 130mila cittadini”. “Con l’apertura del nuovo Ufficio dell’Agenzia delle Entrate – ha dichiarato il Sindaco di Sesto San Giovanni Giorgio Oldrini – la città di Sesto aggiunge un altro importante tassello ai servizi che il territorio offre ai suoi abitanti. Il Comune ha investito molte risorse per aumentare le possibilità di contatto e informazione ai cittadini e la collaborazione tra le diverse strutture nelle quali è articolata la Pubblica Amministrazione consente di proseguire ulteriormente in questo percorso”.