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Notiziario Marketpress di Lunedì 06 Giugno 2005
Web e diritto per le nuove tecnologie
E-GOVERNMENT: APPROVATE DAL CNIPA LE REGOLE TECNICHE PER LA POSTA ELETTRONICA CERTIFICATA  
 
Il collegio del Centro Nazionale per l'Informatica per la Pubblica Amministrazione (Cnipa) ha approvato lo schema di decreto recante le regole tecniche del servizio di trasmissione di documenti informatici mediante la posta elettronica certificata. L’atto definisce i requisiti tecnici e funzionali previsti per l’erogazione del servizio. Ora sarà notificato ai competenti uffici della Commissione Europea e successivamente sarà oggetto di uno specifico Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. A seguito della pubblicazione in gazzetta ufficiale del Dpcm, gli operatori di mercato, in possesso dei requisiti previsti dalla legge, potranno qualificarsi presso il Cnipa come gestori autorizzati di Posta Elettronica Certificata.  
   
   
REFERENDUM SULLA FECONDAZIONE ASSISTITA  
 
Domenica 12 e lunedì 13 giugno si terrà il quattordicesimo referendum della storia italiana, quello relativo ai quattro quesiti sulla Legge 19 febbraio 2004, n. 40 ed entrata in vigore il 10 marzo 2004, che contiene disposizioni relative alla procreazione medicalmente assistita. Il provvedimento indica fra le tecniche oggi disponibili per aiutare chi non riesce ad avere figli le modalità e le condizioni consentite e quelle vietate. Per quanto riguarda questo referendum abrogativo, che è valido solo se si raggiunge il quorum del 50% degli aventi diritto al voto, il singolo cittadino ha tre legittime possibilità: recarsi alle urne e votare si alla abrogazione, recarsi alle urne e votare no alla abrogazione, non andare alle urne ed astenersi. Se si reca alle urne riceve quattro schede. Quella celeste, relativa al primo quesito, riguarda il limite alla ricerca clinica e sperimentale sugli embrioni e vuole cancellare i divieti di sperimentazione sugli embrioni, congelamento e clonazione. La scheda arancione, per il secondo quesito, riguarda le norme sui limiti all’accesso e riguarda la possibilità di ricorrere alle metodiche di procreazione anche se non si è sterili. Quella grigia, per il terzo quesito, è relativa alle norme sulle finalità, sui diritti dei soggetti coinvolti e sui limiti all’accesso volto a cancellare l’art. 1 della legge che “assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il nascituro. L’ultima scheda di colore rosa, per il quarto quesito, riguarda il divieto di fecondazione eterologa con seme o ovulo di una terza persona estranea alla coppia.  
   
   
RICERCA DI BASE: BANDO PER PROGETTI FINALIZZATI ALLO SVILUPPO DI METODOLOGIE, TECNICHE E STRUMENTI SOFTWARE PER L’IMPRESA INNOVATIVA  
 
Sulla Gazzetta ufficiale n. 120 del 25 maggio 2005 è stato pubblicato il Decreto direttoriale MIUR del 17 maggio 2005 concernente un bando per progetti di ricerca di base finalizzati a nuovi modelli tecnologici delle imprese e dei settori industriali nell'economia digitale. Come previsto dall'art. 3 del suddetto decreto, il termine ultimo per la presentazione delle domande è fissato per le ore 17 del giorno 24 giugno 2005.  
   
   
CNS: PUBBLICATO IN G.U. IL BANDO DI GARA  
 

Sulla Gazzetta ufficiale n. 121 del 26 maggio 2005 è stato pubblicato il bando di gara a pubblico incanto, per l’appalto dei servizi informatici e della fornitura di beni connessi alla realizzazione, distribuzione e gestione della Carta Nazionale dei Servizi (CNS), da effettuarsi attraverso la stipula di un contratto quadro per la fornitura a favore delle pubbliche amministrazioni di un massimo di 3.000.000 di smart card conformi allo standard CNS. Nella fornitura sono anche previsti i servizi di gestione del sistema di emissione e distribuzione delle CNS e forniture opzionali fino ad un massimo di 500.000 firme digitali e di lettori di smart card. La stipula di questo contratto quadro semplifica e accelera la diffusione delle CNS, in quanto consente alle amministrazioni interessate di approvvigionarsi in modo semplice dei necessari beni e servizi usufruendo di prezzi praticabili solo per forniture di notevoli quantità. Sul sito della CNIPA è possibile consultare le modalità di presentazione della domanda, che deve pervenire entro le ore 17.00 del 29 agosto 2005.

 
   
   
PRIVACY: PROCEDURA PER LE INFORMAZIONI PERSONALI TRATTATE PER RAGIONI DI GIUSTIZIA  
 

Il cittadino che intende lamentare una violazione della riservatezza o esercitare il diritto di accesso ai propri dati personali quando questi sono trattati per ragioni di giustizia da un ufficio giudiziario, non può farlo rivolgendosi direttamente all'ufficio giudiziario o presentando ricorso al Garante, ma deve segnalare il caso al Garante per la protezione dei dati personali che disporrà opportuni accertamenti. A questa particolare procedura, confermata dalla normativa in materia di protezione dei dati personali, si è richiamato il Garante nel definire un ricorso, presentato in via d'urgenza, da una donna che chiedeva il blocco o la trasformazione in forma anonima di alcuni dati, tra i quali il suo nominativo, che comparivano, a suo dire illecitamente e provocandole notevole nocumento, sul sito internet di un Tribunale. L'interessata, una debitrice colpita da un provvedimento di esecuzione immobiliare di un giudice, lamentava che il suo nome comparisse per intero e non fosse stato oscurato nella documentazione allegata agli avvisi di vendita giudiziaria, pubblicati anche on line sul sito del tribunale, determinando in questo modo una ingiustificata diffusione dei propri dati personali. Nel sostenere l'illegittimità del comportamento tenuto dal tribunale la donna si appellava alle recenti modifiche apportate al Codice di procedura civile (artt. 490 e 570 cpc) dall'entrata in vigore dell’art. 174, commi 9 e 10 del Codice sulla protezione dei dati personali. In particolare, quelle riguardanti la riservatezza delle notifiche di atti e delle vendite giudiziarie, in cui viene sancito che nell'avviso di vendita sia omessa l'indicazione del debitore e che maggiori informazioni sulla vendita, tra cui anche le generalità della persona sottoposta ad esecuzione immobiliare, possano essere fornite dalla cancelleria del tribunale a chiunque ne abbia interesse. Il Garante ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso solo perché non rientrava tra i casi previsti dall’art. 8, comma 2, Codice della privacy in cui è possibile esercitare direttamente il diritto di accesso o far valere i propri diritti tramite ricorso, riguardando dati trattati a fini di giustizia da un ufficio giudiziario, dal Ministero della giustizia, dal Consiglio superiore della magistratura. Ma, alla luce della documentazione prodotta nel corso del procedimento dalla donna, il Garante ha deciso di avviare accertamenti sui trattamenti di dati personali effettuati dal tribunale, del cui esito informerà la ricorrente.

 
   
   
PRIVACY: LOTTA ALLA PIRATERIA INFORMATICA IN FRANCIA  
 
La Commission Nationale de l'Informatique et des Libertés (Cnil) vale a dire l'autorità francese per la protezione dei dati ha autorizzato per la prima volta un trattamento automatizzato per l'individuazione di reati contro la proprietà intellettuale. Le aziende che producono programmi per videogiochi ed altro software analogo potranno avvertire chi scarica tali programmi senza licenza e/o li mette a disposizione altrui che sta commettendo un reato, ed in alcuni casi specifici potranno raccoglierne l'indirizzo Ip per istruire un procedimento giudiziario. Ricordiamo che l'indirizzo Ip è il numero assegnato al nostro computer ogni volta che ci connettiamo ad internet e che lo identifica in modo univoco. L'autorizzazione emanata dalla Cnil è la prima nel suo genere. La legge francese di protezione dati, emendata nel 2004, prevede la possibilità di trattare dati personali relativi a reati, condanne e misure limitative della libertà personale per tutelare la proprietà intellettuale ed il copyright, previa autorizzazione della Cnil. La possibilità di raccogliere automaticamente gli indirizzi Ip è stato proposto dall'Associazione francese degli editori di programmi per giochi e intrattenimento (Sell), e riguarda soltanto i programmi inclusi nei cataloghi degli editori che sono membri della Sell. La Cnil ha giudicato che la configurazione del trattamento proposto fosse tale da assicurare il bilanciamento fra rispetto della privacy e diritto d'autore. In particolare riguardo a due questioni. La prima è relativa all'invio di messaggi di avvertimento, che viene previsto solo per gli utenti che scaricano o mettono a disposizione programmi di videogiochi: i messaggi avranno il solo scopo di segnalare che si sta commettendo un atto illecito per cui sono previste determinate sanzioni). Nessuna informazione relativa agli utenti sarà conservata dalla Sell. In particolare, l'indirizzo Ip dei navigatori internet, ai quali i messaggi sono inviati, non potrà essere conservato o utilizzato per redigere un verbale per il reato – ad eccezione dei casi sotto indicati. La seconda questione è relativa proprio alla possibilità di raccogliere gli indirizzi Ip di alcuni utenti per redigere un verbale per il reato. Tale possibilità sarà ammessa esclusivamente in alcuni casi limitati, caratterizzati dalla gravità del reato contestato. I verbali redatti dalla Sell saranno utilizzati per istruire un procedimento giudiziario, e soltanto in tale ambito sarà possibile associarvi altri dati identificativi (risalendo al nominativo dell'utente/abbonato che ha operato lo scaricamento).  
   
   
PRIVACY: TUTELA DEL COPYRIGHT E DELLA LOTTA ALLA PIRATERIA INFORMATICA  
 

A proposito della tutela del copyright e della lotta alla pirateria informatica, ricordiamo che le Autorità per la protezione dei dati partecipanti alla Conferenza mondiale di Wroclaw (Polonia), nel 2004, avevano adottato una dichiarazione "sugli aggiornamenti automatici del software": le aziende produttrici di software sono state invitate a procedere all'aggiornamento on line del loro software soltanto con il consenso informato dell'utente, secondo modalità trasparenti. I Garanti hanno ricordato il principio per cui si dovrebbe chiedere agli utenti di comunicare dati personali esclusivamente quando questo risulti effettivamente necessario per effettuare l'aggiornamento on line.

 
   
   
CASSAZIONE: INADEGUATEZZA DELL'ATTUALE NORMATIVA DI FRONTE ALL'UTILIZZO DI NUOVE TECNOLOGIE  
 
La prima sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza del 29 aprile 2005 n. 18449 depositata il 17 maggio 2005, ha sancito che non è configurabile il reato di molestia previsto dall'art. 660 Cod. Pen. Nella condotta consistita nell'inviare via telefono messaggi Sms in quanto la forma di comunicazione prescelta, realizzata in forma scritta e non orale, non appare idonea a ledere il bene giuridico della privata tranquillità tenuto conto che la norma è stata creata nel momento in cui erano concepibili solo messaggi vocali. Secondo la sentenza il reato di ingiuria deve ritenersi realizzato se gli scritti contengono espressioni offensive. Secondo la Cassazione "la condotta illecita che il giudicante ha considerato sorretta da valida prova risulta, invero, essersi esaurita nell'invio, in rapida sequenza, di due messaggi (Sms) di contenuto ingiurioso che, anche per le modalità della forma di comunicazione prescelta (realizzata in forma scritta e non vocale) e per l'ora diurna in cui l'imputata agì, non appaiono idonei a ledere il bene giuridico della privata tranquillità ma soltanto quello dell'onore personale. Inoltre, la previsione incriminatrice, formulata in epoca in cui l'impiego del telefono era concepibile soltanto mediante comunicazioni vocali, non può ritenersi estensibile anche all'ipotesi un telefono cellulare sia utilizzato esclusivamente per l'invio di Sms, pienamente assimilabili agli scritti contemplati dall'art. 594 piuttosto che alla comunicazioni telefoniche di cui all'art. 660 Cod. Pen.  
   
   
CGCE: PROGRAMMI TELEVISIVI- PAY PER VIEW  
 

La Corte di giustizia europea con sentenza 2 giugno 2005, pronunciata nella causa C-89/04, Mediakabel BV / Commissariaat voor de Media, ha affermato che un servizio "pay per view", consistente nella diffusione di programmi televisivi destinati al pubblico e non fornito su richiesta individuale, costituisce un servizio di trasmissione televisiva e che il prestatore di un siffatto servizio deve rispettare lobbligo di riservare a opere europee la maggior parte del suo tempo di trasmissione. La società olandese Mediakabel, oltre ad offrire ai propri abbonati il servizio "Mr. Zap", che consente loro di ricevere, grazie a un decodificatore e a una carta elettronica, determinati programmi televisivi a integrazione di quelli trasmessi dal fornitore della rete, offre anche l’accesso a pagamento (pay per view) a programmi supplementari nell’ambito di un servizio denominato "Filmtime": se un abbonato a "Mr. Zap" intende ordinare un film del catalogo "Filmtime", presenta una separata richiesta mediante il suo telecomando o telefonicamente e, dopo essersi identificato con un codice personale ed aver pagato mediante un sistema di incasso automatico, riceve una chiave individuale che gli consente di vedere, negli orari stabiliti dalla Mediakabel, uno o più dei 60 film proposti mensilmente. Secondo l’autorità dei Paesi Bassi incaricata della vigilanza sul settore radiotelevisivo, il Commissariaat voor de Media, tale servizio costituisce un servizio di trasmissione televisiva. La Mediakabel afferma, invece, che si tratta di un servizio interattivo fornito su richiesta individuale, che rientra nella categoria dei servizi della società dell'informazione e sfugge pertanto al potere di controllo del Commissariaat voor de Media. Secondo la Mediakabel, tale servizio non può essere assoggettato ai requisiti della Direttiva del Consiglio 3 ottobre 1989, n. 89/552/CEE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive, come modificata dalla Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 30 giugno 1997, n. 97/36/CE, segnatamente all’obbligo di consacrare a opere europee una determinata percentuale delle ore di trasmissione. In tale contesto, il Raad van State dei Paesi Bassi, investito della controversia, ha chiesto alla Corte di giustizia delle Comunità europee di pronunciarsi in via pregiudiziale. La Corte ha precisato che un servizio rientra nella nozione di "trasmissione televisiva", secondo la direttiva europea, se consiste nella trasmissione di programmi televisivi destinati al pubblico, ossia a un numero indeterminato di potenziali telespettatori, ai quali sono simultaneamente trasmesse le medesime immagini. La tecnica di trasmissione delle immagini non rappresenta un elemento determinante nell’ambito di tale valutazione. Un servizio come il "Filmtime", consistente nella diffusione di programmi televisivi destinati al pubblico e non fornito su richiesta individuale di un destinatario di servizi, costituisce un servizio di trasmissione televisiva. Il criterio determinante per la suddetta nozione è proprio quello della trasmissione di programmi televisivi destinati al pubblico. Il punto di vista del prestatore del servizio deve di conseguenza essere privilegiato nell’ambito dell’analisi di detta nozione. La Corte ha anche evidenziato che la difficoltà che il prestatore di un servizio come "Filmtime" incontra, nel rispettare l’obbligo di consacrare a opere europee una determinata percentuale delle ore di trasmissione, non consente di escludere che il suddetto servizio sia qualificabile come servizio di trasmissione televisiva. Da un lato, dal momento che il servizio di cui trattasi soddisfa i criteri che consentono di qualificarlo come servizio di trasmissione televisiva, non occorre prendere in considerazione le conseguenze di detta qualificazione per il prestatore del servizio. Infatti, l’ambito di applicazione di una disciplina non può dipendere da eventuali conseguenze pregiudizievoli di quest’ultima per gli operatori economici, ai quali il legislatore comunitario ha inteso applicarla. Dall’altro lato, il prestatore di un servizio come il servizio "Filmtime" non è impossibilitato a rispettare il suddetto obbligo. Infatti, la direttiva impone agli enti radiotelevisivi di rispettare una determinata percentuale di diffusione di opere europee, ma non può essere finalizzata a imporre ai telespettatori l’effettiva visione di tali opere. Se è innegabile che la Mediakabel non stabilisce le opere che vengono effettivamente selezionate e visionate dagli abbonati, il suddetto prestatore conserva comunque, al pari di ogni operatore che trasmette programmi televisivi destinati al pubblico, il controllo sulle opere da esso mandate in onda. Il prestatore conosce, in tal modo, il suo tempo complessivo di trasmissione e può quindi rispettare l’obbligo di riservare ad opere europee la maggior parte del detto tempo.

 
   
   
CGCE: LIBERA CIRCOLAZIONE CAPITALI  
 

La Corte di giustizia europea con sentenza 2 giugno 2005, pronunciata nella causa C-174/04, Commissione delle Comunità europee / Repubblica italiana, ha affermato che la parte del Decreto legge 25 maggio 2001, n. 192, convertito nella Legge 20 luglio 2001, n. 301, recante disposizioni urgenti per salvaguardare i processi di liberalizzazione e privatizzazione di specifici settori dei servizi pubblici, che sospende i diritti di voto relativi a partecipazioni superiori al 2% del capitale sociale delle imprese operanti nei settori dell’elettricità e del gas, viola il principio della libera circolazione dei capitali. La sospensione dei diritti di voto impedisce l’effettiva partecipazione degli investitori alla gestione delle imprese e non è giustificata da motivi imperativi di interesse pubblico. Reputando che tale normativa, adottata nel contesto della liberalizzazione del mercato dell’energia, potesse violare le disposizioni del Trattato CE sulla libera circolazione dei capitali, la Commissione aveva presentato un ricorso per inadempimento contro l'Italia dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee. La Corte ha rammentato, innanzi tutto, che il Trattato CE vieta tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri, nonché tra Stati membri e paesi terzi. L’investimento diretto, sotto forma di partecipazione ad un’impresa attraverso il possesso di azioni, costituisce un movimento di capitali caratterizzato dalla possibilità di partecipare effettivamente alla gestione di una società e al suo controllo. La sospensione dei diritti di voto impedisce un’effettiva partecipazione degli investitori alla gestione e al controllo delle imprese italiane operanti nei mercati dell’elettricità e del gas: essa costituisce pertanto una restrizione alla libera circolazione dei capitali. Il fatto che solo le imprese pubbliche titolari nel loro mercato nazionale di una posizione dominante siano interessate non modifica tale constatazione. Infatti, le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali non operano alcuna distinzione tra le imprese private e le imprese pubbliche né tra le imprese titolari di una posizione dominante e quelle che non godono di una siffatta posizione. La Corte ha rammentato che la libera circolazione dei capitali costituisce un principio fondamentale del Trattato che potrebbe essere tuttavia limitato da una normativa nazionale giustificata da motivi imperativi di interesse pubblico. La normativa nazionale dovrebbe garantire, inoltre, il conseguimento dello scopo perseguito e soddisfare il criterio di proporzionalità. Il governo italiano ha fatto valere che, mediante la liberalizzazione e la privatizzazione, i mercati dell’energia in Italia sono stati aperti alla concorrenza. La normativa del 2001 mirerebbe a salvaguardare condizioni di concorrenza solide ed eque in tali mercati. Essa consentirebbe di evitare che, in attesa di un’effettiva liberalizzazione del settore dell’energia in Europa, il mercato italiano sia oggetto di attacchi anticoncorrenziali da parte di soggetti pubblici operanti nel medesimo settore in altri Stati membri e avvantaggiati da una normativa nazionale che li aveva mantenuti in una posizione di privilegio. La Corte ha constatato, tuttavia, che il rafforzamento della struttura concorrenziale del mercato di cui trattasi, in linea generale, non costituisce una valida giustificazione delle restrizioni alla libera circolazione dei capitali. Di conseguenza, la Corte ha concluso che l’Italia ha violato le disposizioni del Trattato CE sulla libera circolazione dei capitali.