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18 APRILE 2003

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LA CONGIUNTURA DELL'INDUSTRIA ITALIANA DELL'ABBIGLIAMENTO, MAGLIERIA E CALZETTERIA - MARZO 2003

Milano, 18 aprile 2003 - I primi mesi del 2003 ci consegnano un quadro congiunturale dell'industria italiana dell'abbigliamento, maglieria e calzetteria (in avanti AMC) ancora debole, in cui sten-tano ad intravedersi segnali di inversione di tendenza. L'evoluzione attuale e prospetti-ca del settore è infatti ancora pesantemente influenzata da fattori macroeconomici "eso-geni" (debolezza della ripresa dell'economia internazionale, stagnazione dei consumi finali in molti importanti mercati di destinazione, rafforzamento dell'euro, solo per ci-tarne alcuni), a loro volta legati, in parte, agli sviluppi della guerra in Iraq. Nella foto-grafia realizzata sul campione di 230 aziende contattate da Sistema Moda Italia - sicu-ramente rappresentativo delle fasce medio-alte del settore, ma non necessariamente a-derente alla realtà complessiva di un comparto in cui operano circa 50 mila aziende -, il 2002 si è chiuso con un fatturato in crescita dello 0,7% (dopo l'incremento del 2.4% del 2001), mentre la produzione ha perso lo 0,7% (in questo caso il 2001 aveva visto una cre-scita del 2%). Tali risultati medi non sono certo soddisfacenti, anche se, come al solito, i dati medi fanno sintesi di realtà settoriali abbastanza diversificate; lo scorso anno, infatti, si è chiuso con incrementi di fatturato non trascurabili in vari segmenti (è il caso dell'abbigliamento in pelle e dei costumi da bagno, ma anche dell'intimo, della calzette-ria femminile e dell'abbigliamento junior), mentre, all'opposto i settori più in sofferenza sono risultati quelli della maglieria, l'abbigliamento sportivo e le cravatte. Stazionario invece l'andamento dei "grandi" comparti dell'abbigliamento esterno in tessuto. Una situazione di complessiva stagnazione è quella che si prospetta anche per questa prima parte di 2003: le stime delle aziende su vendite e livelli produttivi nel primo tri-mestre dell'anno non sono infatti ottimistiche ed evidenziano solo la possibilità di non iniziare a perdere nuovamente terreno (per il primo trimestre dell'anno si stima infatti una flessione produttiva tendenziale dell'ordine dell'1% ed un incremento dello 0,5% nel fatturato). Questa situazione di stallo continuerà probabilmente a caratterizzare an-che il secondo trimestre 2003: le prime indicazioni relative alla campagna ordini per la prossima stagione invernale lasciano infatti intravedere una sostanziale stabilizzazione sui livelli dell'A/I 2003 e quindi non sembrano creare spazio per significativi incrementi di attività produttiva e fatturato nei mesi precedenti la pausa estiva. Si tratta di indica-zioni preliminari, raccolte ad inizio campagna, che quindi attendono conferma nei dati definitivi, specie in una fase in cui la prudenza dei retailer è molto elevata e si traduce in una riduzione dei lotti medi e nel progressivo spostamento verso fine campagna delle decisioni di acquisto. Ciò nonostante, il segnale che emerge è abbastanza univoco e, combinato con la revisione al ribasso di tutte le previsioni di crescita per l'anno in corso, induce spostare sempre più verso la fine del 2003 il momento di un possibile punto di svolta ciclica.

MARIELLA BURANI COLLEZIONE AUTUNNO INVERNO 2003/2004
Milano, 18 aprile 2003 - Un po' di passato, un po' di futuro, continua lo stile Mariella Burani teso alla ricerca del nuovo. Il gusto del remake: si rivedono lo sbieco lungo e sottile, rami e mazzi di fiori che cercano un po' d'estate in inverno, pizzi a piccole dosi, le sottovesti di lana, giacchette e gonnellone, maglie a motivi folk, vestine sinuose, colori densi e profondi, materiali morbidi e voluminosi. Voglia di nuovo nel vedo non vedo, nel bianco totale, nei blazer disadorni, nel rosa petalo, nei tessuti che scattano, nelle fodere che fanno allegria, nei bomber di seta, nelle giacchette di pelle un po' "bad girl". La moda non è un concetto estetico ma un fluire libero di idee, un orizzonte aperto nel quale gonne, pantaloni, cappotti, abiti, giubbotti, si mescolano in una fusione di grande modernità.

FUBU: IL SOGNO AMERICANO SBARCA IN ITALIA
Milano, 18 aprile 2003 - Da Beirut a Okinawa, da Acapulco alle Barbados, da Johannesburg fino a Singapore: dopo aver fatto il giro del globo, FUBU, il più grande fenomeno emergente dello sportswear a livello mondiale1, è da oggi anche in Italia. Un impero da 500 milioni di dollari che da un ghetto nero del Queens ha conquistato il mondo in soli 10 anni. Un vero e proprio american dream che, distribuito in esclusiva da Wage Italia, sarà disponibile entro l'estate in oltre 60 negozi situati nelle principali città della Penisola. Ed è solo l'inizio. Nel 2004 nascerà il primo negozio monomarca FUBU a Milano, seguito da altri quattro flagship stores nel 2005 e da altri cinque nel 2006. Un fenomeno inarrestabile iniziato a New York 11 anni fa. 1992. I ghetti neri della Grande Mela. Quattro giovani con l'intraprendenza nel sangue. La voglia di emergere, di dire qualcosa di nuovo, di lasciare un segno in un mondo sempre più omologato e omologante. Un'idea geniale. E il miracolo si compie: il sogno diventa realtà. Nata per produrre cappellini, oggi FUBU fa qualsiasi cosa, dalle borse ai film, dai profumi agli orologi, dai videoclip ai prodotti per la casa. Ma soprattutto T-shirt, jeans, magliette da Rugby... vero "abbigliamento metropolitano" dei quartieri neri d'America e del mondo Hip Hop internazionale. Un brand che fuoriesce dalle logiche di mercato, passando dalla musica all'arte, dal cinema allo sport per imporsi con grinta nell'universo urbano... Con un fatturato di 500 milioni di dollari in 11 anni, la sede principale nell'Empire State Building e 52 negozi monomarca sparsi in tutto il mondo, FUBU è oggi la linea moda giovane con il più alto tasso di crescita a livello mondiale.

LA TRASGRESSIONE HIP HOP ALLE ORIGINI DI FUBU
Milano, 18 aprile 2003 - La nuova moda inaugurata da FUBU nasce dal fertile humus della cultura Hip Hop, un fenomeno cui si ispira e con il quale condivide le radici. L'Hip Hop è un genere specifico di movimento che esprime concetti seguendo tempi e cadenze ritmiche. Hip Hop è vestirsi con un abbigliamento che annulli la forma del corpo ed elimini la differenza tra uomo e donna: è uniformarsi a un modo di apparire, per poi distinguersi con abilità canore o per capacità di creare movimenti complessi ed acrobatici. L'Hip Hop è anche uno stile di vita dei ragazzi di strada, un modo di vivere ed esprimersi di gruppi di giovani, in particolare dei ragazzi che vivono nei ghetti multietnici delle metropoli americane. Le radici da cui nasce l'Hip Hop si possono ritrovare nel mix di ritmi africani, danze sudamericane (Capoeira), movimenti asiatici del Thai chi o del Kung fu e infiniti ritmi tribali e multietnici che provengono dalle diverse etnie che sono confluite negli States nel secolo scorso. Ma soprattutto nel disagio dei ragazzi dei ghetti di New York, che trovarono naturale inventarsi qualcosa per tornare alla vita, trovare nuovi stimoli, crescere come individui. Questa cultura, che comprende il Writing (l'arte di scrivere il proprio nome) il Breaking (diffuso dai media col nome di Breakdance), il Rap e il Djing, è la perfetta fusione tra le principali forme artistiche dell'uomo: la pittura, il ballo, la musica, e l'espressione vocale. Nei primi anni '70 i "Writers" dipingevano interi vagoni della metropolitana, scrivendo su di essa un pezzo della propria storia ed affidando ai treni il proprio messaggio. I "B-boy" crearono un ballo che li spingeva al limite delle loro possibilità fisiche, esprimendosi in modo completamente nuovo. I "Dj" cercavano suoni sempre più rari, mescolavano, modificavano, dando vita a un genere musicale che era la fusione di molti altri generi, con radici nel rock, nel soul, nel rithm&blues. Gli "Mc" rappavano su questi ritmi e talvolta improvvisavano con il cosiddetto "beat box" (ovvero un beat improvvisato a voce). Tutte queste espressioni trovarono inevitabilmente un punto d'incontro fondendosi in qualcosa di nuovo e di unico: l'Hip Hop. In particolare, i giovani che praticavano queste tecniche vennero denominati Street Dancers (ballerini da strada). Si esibivano all'interno di cerchi disegnati sull'asfalto, dove si sfidavano tra loro, cercando il consenso degli altri e quindi la vittoria sul compagno. Una sorta di combattimento senza contatto, che ha trasformato il confronto violento e negativo tra le bande giovanili dei ghetti in un atteggiamento di sfida positivo e creativo. Invece di ottenere il rispetto attraverso la violenza, se lo guadagnavano con la danza. Il combattimento si trasformò infatti in una sfida e la sfida divenne il cuore stesso della danza Hip Hop. E' anche per questo che i passi sono così spettacolari o creativi. Lo stile infatti conta più di tutto. Per vincere devi essere divertente, aggressivo, cool. Gli stili che compongono la danza Hip Hop si differenziano per esplosività e velocità (popping), per isolamento e blocco del movimento articolare (locking), per capacità acrobatiche (breaking). Ma non è tutto. La danza Hip Hop è un modo di esprimersi secondo le proprie capacità psico-fisiche e motivazionali, è l'esteriorizzare la propria personalità e le proprie idee attraverso i movimenti del corpo più congeniali al proprio Io ed al proprio modo di relazionarsi all'esterno.
1 WWD - Women's Wear Daily, 18 dicembre 2002

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